COP30 in Brasile: si apre un nuovo atto della governance climatica globale. United Nations Climate Change Conference
La conferenza del 10-21 novembre 2025 a Belém (Pará) getta le basi per un salto nel finanziamento verde globale … ma le incognite restano
Con l’arrivo dei leader mondiali a Belém, la città amazzonica scelta per ospitare la 2025 United Nations Climate Change Conference (UNFCCC), si inaugura una tornata di negoziati che promette di segnare un punto di svolta nella lotta al riscaldamento globale. Il summit, la trentesima Conferenza UNFCCC, è aperto ufficialmente il 10 novembre 2025.
Secondo l’autorevole quotidiano inglese The Guardian il tema è critico: l’ultima analisi dell’ONU mostra che l’umanità è diretta verso un riscaldamento di 2,3-2,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, ben oltre l’obiettivo dei +1,5 °C fissato dall’Accordo di Parigi.

Le promesse del Brasile
Dal versante brasiliano arrivano dal protagonismo concreto e ambizioso. Il governo guidato da Luiz Inácio Lula da Silva lancia due iniziative di peso: il fondo Tropical Forests Forever Facility, già dotato di oltre 5,5 miliardi di dollari in impegni iniziali. L’obiettivo dichiarato: arrivare a finanziare con 125 mld di dollari la conservazione forestale entro il 2030, premiando i Paesi che riducono la deforestazione. Parallelamente, il piano “Baku-to-Belém Roadmap” punta a mobilitare 1,3 bilioni di dollari all’anno per la finanza climatica globale. Reuters
I grandi quotidiani internazionali ne registrano la portata: per il Financial Times è un’occasione per ricostruire la credibilità del multilateralismo climatico dopo anni di stagnazione.
Le contraddizioni
Non mancano i punti critici. Nel suo approfondimento, The Guardian segnala che la scelta di Belém presenta una forte eredità infrastrutturale e logistica da risolvere, tanto che l’evento potrebbe diventare “la COP meno inclusiva di sempre”. Anche Le Monde riporta che la crisi nell’offerta alberghiera con tariffe fino a 4.000 euro a notte rischia di escludere delegazioni di Paesi poveri.
Un’altra discrepanza segnala il think-tank Global Landscapes Forum: pur ospitando il summit, il Brasile continua attività esplorative di petrolio nell’Amazzonia, creando un evidente paradosso tra il messaggio climatico e la realtà energetica.
Che cosa attendersi dai negoziati
Finanza climatica: i paesi in via di sviluppo chiederanno fondi, tecnologia e accesso al capitale privato.
Foreste e biodiversità: il Brasile vuole dare forma al suo piano di conservazione, ma serve che altri paesi avanzino impegni concreti.
Transizione energetica: la domanda è se si farà davvero un salto, o se rimarrà una discussione di principi.
Giustizia climatica: le popolazioni indigene e il Global South spingeranno per misure che riconoscano debito ecologico e capacità adattiva.
Secondo il New York Times, l’apertura della COP mette in evidenza che “non basta più discutere, serve farlo subito”, sottolineando l’urgente bisogno di attuazione veloce piuttosto che parole.
Rischi e opportunità
Opportunità: portare sul tavolo più soldi e strumenti per temi come adattamento e mitigazione; inserire per la prima volta in modo serio la conservazione delle foreste nel meccanismo di finanziamento globale; dare visibilità all’America Latina come fulcro delle soluzioni climatiche.
Rischi: scarsa partecipazione dei Paesi più vulnerabili per elevatissimi costi di partecipazione; impegni ambiziosi senza linee operative credibili; doppio standard di Paesi che chiedono sacrifici ambientali ma rilanciano anche nuove esplorazioni fossili.
Qualche numero per capire
Oltre 250 milioni di persone sono state costrette a spostarsi negli ultimi dieci anni, secondo Al Jazeera, a causa di eventi meteorologici estremi (fonte UNHCR.)
Il Brasile ha stimato che la nuova economia verde in Amazzonia potrebbe generare più occupazione che la deforestazione: tema citato dal Guardian come “sistema alternativo al carnevale del taglio alberi”.La partecipazione delle imprese e dei fondi privati è definita da Reuters come “il vero fattore critico per trasformare le promesse in azione”.
Il segnale finale
Quando il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, dichiara che non raggiungere il +1,5 °C è una «mancanza morale e un negligente omicidio collettivo», la posta in gioco non è soltanto ambientale. È politica, economica, sociale.
La COP30 ha davanti a sé l’opportunità di far diventare la conferenza di Belém un turning-point reale. Ma solo se le promesse verranno vincolate a azioni concrete, soldi reali e controlli efficaci. Altrimenti, rischieremmo di guardare un’altra edizione delle Nazioni Unite che finisce per produrre più dichiarazioni che risultati.

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