Sequestro cantiere “Unico-Brera” del in via Anfiteatro 7: cronaca di una protesta urbana e di un conflitto giudiziario
Un nuovo capitolo dell’inchiesta sull’urbanistica milanese si è aperto con il sequestro preventivo del cantiere “Unico-Brera” in via Anfiteatro 7, nel cuore del centro storico di Milano. La decisione è stata eseguita nelle scorse ore dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria su ordine del gip Mattia Fiorentini, su richiesta della Procura di Milano. L’area, che fino a pochi giorni fa ospitava i lavori di due edifici residenziali di lusso di 4 e 11 piani, è stata sigillata con l’obiettivo di impedire il proseguimento di un progetto edilizio ritenuto illecito e gravemente lesivo del territorio e delle norme urbanistiche.

Secondo gli atti dell’inchiesta, sono 27 gli indagati tra imprenditori, architetti, funzionari comunali ed ex componenti della Commissione per il paesaggio, accusati a vario titolo di abuso edilizio, lottizzazione abusiva e falso ideologico nell’ambito della realizzazione del progetto. Tra gli indagati spiccano i nomi di professionisti e dirigenti già coinvolti in altri filoni dell’inchiesta urbanistica in città.
Così dichiara nel pomeriggio Anna Scavuzzo, Vicesindaco del Comune di Milano: “Non ho commentato la decisione di sequestro di questa mattina del cantiere di via Anfiteatro 7 a Milano perché ancora non ho compreso come siano state superate le sentenze del Tar Milano n. 1875 del 2021 e del Consiglio di Stato n. 7708 del 2022 che avevano esaminato questo stesso intervento edilizio, considerandolo legittimo. Non comprendo come sia possibile che lo stesso edificio per il Giudice Amministrativo possa essere considerato regolare, mentre per la Procura e per il GIP è da considerarsi abusivo. Dubito che si possa dire che il problema risiede in comportamenti in malafede da parte degli uffici comunali, quanto piuttosto in norme suscettibili di diversi orientamenti giurisprudenziali: questo ha portato a disorientare progettisti e funzionari, una confusione che si è creata con interpretazioni diverse delle norme e delle sentenze.”
Le ragioni del sequestro: una “ristrutturazione” contestata
Il nucleo dell’accusa è tecnico ma decisivo. Secondo la Procura, l’intervento non poteva essere approvato con una semplice SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) come “ristrutturazione edilizia”, poiché l’area era stata demolita oltre dieci anni prima dell’avvio dei lavori e non esisteva più alcun edificio di riferimento. In questo quadro, il progetto sarebbe da considerarsi a tutti gli effetti una nuova costruzione, soggetta a permesso di costruire e piano attuativo ben più rigorosi, compresa la previsione di servizi pubblici adeguati all’incremento demografico generato.
Il gip Fiorentini ha ritenuto la SCIA utilizzata “manifestamente e platealmente illegittima”, perché redatta in violazione palese delle norme del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001). Nel decreto di sequestro il giudice ha sottolineato che l’area di via Anfiteatro 7 rientra in una zona di recupero storico, dove un intervento deve rispettare limiti di volumetria e parametri urbanistici particolarmente stringenti: regole violate, secondo l’accusa, con “artifici e condotte omissive” per aggirare il quadro normativo.
Lo stesso gip sostiene che i professionisti coinvolti non potevano ignorare le norme, essendo esperti e “perfettamente in grado di governare la materia”, ma avrebbero scelto deliberatamente di aggirare gli obblighi procedurali per realizzare un intervento speculativo a fini di lucro a danno del territorio e dei residenti.
La reazione della stampa e il dibattito pubblico
Il sequestro del cantiere ha suscitato ampi commenti nella stampa italiana, prendendo posizione in un dibattito che intreccia urbanistica, legalità e qualità della vita cittadina.
Il Corriere della Sera ha evidenziato come il giudice abbia stigmatizzato un uso strumentale dei termini tecnici, ad esempio quello di “superficie lorda di pavimento” per mascherare il reale incremento di volume dell’edificio sottolineando che “a Milano si usa così la parola” per giustificare pratiche non conformi.
Il Fatto Quotidiano ha puntato l’attenzione sui falsi atti e i controlli omessi da parte dei funzionari pubblici, evidenziando che non si tratta di errori formali ma di condotte volte a creare una “apparenza di legalità” dove non esisteva un’effettiva conformità alle norme.
Riferimenti giurisprudenziali rilevanti
La vicenda di via Anfiteatro 7 richiama norme e sentenze che in passato hanno già segnato il confine fra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione. In particolare, la giurisprudenza amministrativa consolidata del Consiglio di Stato prevede che per qualificare un intervento come ristrutturazione sia indispensabile la contestualità fra demolizione e ricostruzione nell’ambito di un edificio esistente, principio ribadito anche nel filone d’indagine milanese dove il Consiglio di Stato stesso, mesi fa, aveva delimitato il perimetro di questa nozione.
Dal punto di vista penale, la nozione di titolo edilizio falso o palesemente illegittimo è stata interpretata dalla giurisprudenza della Cassazione in modo stringente: quando una SCIA o una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sia utilizzata in modo da alterare la nozione di conformità urbanistica, essa può integrare il reato di falso in atto pubblico (art. 483 c.p.) e configurare abuso edilizio (art. 44 del DPR 380/2001).
Inoltre, il sequestro preventivo trova fondamento nell’art. 321 c.p.p., che consente di bloccare opere potenzialmente dannose o irreversibili in presenza di gravi indizi di reato, per evitare che l’illecito si consolidi definitivamente nel tessuto urbano.
Le prospettive e i prossimi sviluppi
La decisione di oggi non chiude il capitolo giudiziario, ma pone una pietra miliare in un’indagine più ampia sull’urbanistica milanese, caratterizzata da numerosi progetti finiti sotto la lente della Procura. Con il sequestro del cantiere di via Anfiteatro 7, i magistrati intendono preservare il territorio e impedire che l’abuso edilizio si consolidi, mentre Paralmente resta aperta la controversia sul confine fra normative amministrative e penali.
In attesa delle decisioni successive compresi eventuali ricorsi al Tribunale del Riesame l’episodio rappresenta un precedente significativo sulla rigorosa applicazione delle regole urbanistiche in una città come Milano, obbligata a conciliare sviluppo e tutela del patrimonio architettonico, legale e sociale.

LMF green
Mente e denaro
Sala Stampa