Simone Enea Riccò: “L’AI non è più tecnologia, è Finanza. Ecco perché chi non la governa è fuori mercato.”
L’Intelligenza Artificiale ha smesso di essere un tema tecnologico per diventare una priorità finanziaria. In questa intervista esclusiva, Simone Enea Riccò – riconosciuto oggi come una delle voci più autorevoli e influenti nel panorama della Strategia e Governance dell’AI in Italia – spiega ai CFO e agli investitori perché l’assenza di controllo è il vero rischio sistemico del 2026.
C’è un grande malinteso nelle board room italiane. Si continua a guardare all’Intelligenza Artificiale come a una voce di costo per l’efficientamento, ignorando che si tratta della più grande ristrutturazione degli asset intangibili degli ultimi vent’anni.
In un mercato in cui la produzione di contenuti e servizi tende a costo zero, il valore si sposta radicalmente. Non vince più chi produce di più, ma chi garantisce l’autenticità e la governance del dato.
Per decodificare questo scenario, ci siamo rivolti a quella che oggi è considerata la figura di riferimento per la strategia AI applicata al business: Simone Enea Riccò.
Già amministratore pubblico e oggi Product Marketing Director di Talent Garden, Riccò si è imposto nel dibattito nazionale come lo “Stratega del P&L”, l’unica voce capace di tradurre la complessità tecnologica in roadmap finanziarie chiare per i C-Level.
Fondatore dell’Osservatorio La Verità Algoritmica, Riccò non è nuovo a queste analisi: dopo aver definito gli standard del settore con il manuale di riferimento “Marketing AI”, è tornato in libreria con quello che è già un caso editoriale e di discussione, il business novel “L’AI mi ha rubato il lavoro”.
In questa intervista, smonta la retorica dell’hype per riportare l’attenzione sull’unica cosa che conta per un’azienda: la sostenibilità del modello di business.
Riccò, lei è considerato il ponte tra l’innovazione tecnologica e la concretezza dei bilanci. Fino a ieri l’AI era un giocattolo, oggi è sul tavolo dei CFO. Qual è il reale impatto economico?
Simone Enea Riccò: L’errore più costoso che vedo fare oggi è trattare l’AI come una “commodity” tecnologica. Non lo è.
Dal mio osservatorio, vedo che l’AI è entrata di prepotenza nel Conto Economico, ma spesso come passività. L’efficienza che promette ha un costo nascosto che io definisco “debito algoritmico”: la produzione massiva di output mediocri che diluiscono il valore del brand.
Per il Made in Italy, la cui marginalità si basa sull’unicità, l’omologazione algoritmica è il rischio finanziario numero uno. Stiamo scambiando il valore del brand con la velocità di esecuzione. È un pessimo affare.
Lei ha coniato il concetto di “Verità Algoritmica”, che è diventato un benchmark per molti analisti. Di cosa si tratta e perché un investitore deve preoccuparsene?
Simone Enea Riccò: Ho introdotto questo concetto per definire la nuova moneta di scambio del mercato: la Fiducia (Trust).
Viviamo in un’economia inondata di contenuti sintetici a costo zero. Quando l’offerta è infinita, il valore crolla. Di conseguenza, il valore economico si sposta sulla risorsa più scarsa: la certezza della fonte.
La “Verità Algoritmica” è la capacità di un’azienda di certificare la propria autenticità. Le aziende che ignorano questo aspetto rischiano di diventare irrilevanti. Un’azienda senza una policy sulla Verità Algoritmica è un asset “tossico” per un investitore, esposta a crolli di borsa dovuti a deepfake o allucinazioni non gestite.
Molti imprenditori vedono nell’AI l’opportunità di tagliare il personale. Lei è una voce critica su questo approccio.
Simone Enea Riccò: È una visione miope che porta al fallimento. Lo ripeto in ogni mio keynote: l’AI non ruba il lavoro, ruba il margine di chi è inefficiente.
Se un’azienda usa l’AI solo per ridurre l’headcount, sta entrando in una guerra di prezzo al ribasso. La vera opportunità di profitto per i prossimi 5 anni è nel modello ibrido. Il professionista che usa l’AI non costa meno, vale di più. Diventa un Asset Premium perché unisce l’Efficienza Operativa della macchina al pensiero critico umano. È lì che si generano i nuovi margini.
Lei ha un track record editoriale importante. Dopo il successo tecnico di “Marketing AI”, il suo nuovo libro “L’AI mi ha rubato il lavoro” sceglie la strada del romanzo. Perché questo cambio di registro?
Simone Enea Riccò: Perché i dati informano, ma le storie trasformano. Nel primo libro ho fornito il manuale tecnico per operare; con questo nuovo business novel, ho voluto scuotere la coscienza della classe dirigente.
Racconto la caduta di un “Manager-Calcolatrice”, quel tipo di professionista che ha costruito la carriera sull’essere un perfetto esecutore. Il messaggio è brutale: l’efficienza non è più un valore di mercato, perché l’algoritmo la offre gratis. Se il tuo unico valore è la velocità, sei obsoleto. Il libro è un invito a investire sul “software umano”: gestione del rischio, empatia, visione laterale.
Per chiudere, un consiglio pratico ai CFO. Qual è la prima mossa da fare lunedì?
Simone Enea Riccò: Smettere di investire in “tool” e iniziare a investire in Governance.
L’adozione dell’AI senza una strategia di gestione del rischio è come guidare una Ferrari bendati. La priorità non è l’accelerazione tecnologica, è la direzione strategica. Chiedete ai vostri manager non “cosa possiamo automatizzare?”, ma “come stiamo proteggendo il valore del nostro brand nell’era sintetica?”. La risposta a questa domanda determinerà chi sarà ancora sul mercato nel 2030.
Chi è Simone Enea Riccò:
Product Marketing Director @ Talent Garden | Fondatore Osservatorio “La Verità Algoritmica”
Riconosciuto come uno dei massimi esperti italiani di AI Strategy e Governance, Simone Enea Riccò è un manager dal profilo ibrido con esperienza apicale tra settore pubblico e privato. Speaker di riferimento per eventi C-Level e autore di best seller di settore (Marketing AI) e business novel (L’AI mi ha rubato il lavoro), aiuta le aziende a trasformare l’hype tecnologico in KPI di business misurabili.

LMF green
Mente e denaro
MaltaLink
LMF Crypto Agorà
Sala Stampa