Mercati emergenti: prospettive per il 2018

Dara J. White -

Dopo avere arrancato rispetto ad altre piazze negli anni successivi alla crisi finanziaria globale, le azioni dei mercati emergenti trarranno vantaggio dalla stabilità dei prezzi delle materie prime. La crescita sostenuta degli utili incentiva il rialzo delle valutazioni.

Le azioni emergenti, secondo l’indice MSCI Emerging Markets, hanno generato ottimi guadagni nel 2017, superando l’S&P 500 per la prima volta dal 2012. Come investitori, continuiamo ad esercitare il nostro approccio bottom-up. In questo contributo, tuttavia, proponiamo alcune considerazioni di più ampio respiro sul 2018, toccando anche il tema delle opportunità e dei rischi.

Malgrado i mercati emergenti (ME) siano riusciti a esibire una buona tenuta nel periodo immediatamente successivo alla crisi finanziaria globale del 2008-09, sono stati in seguito penalizzati da una lunga e pronunciata flessione del petrolio e altre materie prime cominciata dopo il 2012. Dalla fine di questo anno sino a tutto il 2017, l’indice MSCI Emerging Markets è rimasto sotto l’S&P 500 di oltre 80 punti percentuali, anche a fronte di un rendimento pari al 37% registrato nel 2017. L’apice del pessimismo è stato raggiunto nel mese di gennaio 2016, quando i prezzi di molte materie prime sono scesi a livelli insostenibilmente bassi. Questo minimo ha rappresentato un buon punto di partenza per l’universo emergente, dato che storicamente (nel bene o nel male) le azioni e le valute dei mercati emergenti presentano una forte correlazione con il complesso delle materie prime. I prezzi delle commodity hanno cominciato a recuperare nel 2017 e attualmente riteniamo che abbiano raggiunto una certa stabilità (e che vadano verso una lenta e prolungata ripresa), favorevole alle azioni ME.

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Le valutazioni sono giustificate

Alcuni investitori hanno espresso timori per le valutazioni nei mercati emergenti. Il rapporto prezzo/valore contabile e quello prezzo/utili sono leggermente superiori alle rispettive medie storiche, ma esistono anche altri fattori da considerare.
Innanzitutto, a partire da metà 2016, si è interrotta la grande recessione degli utili che aveva colpito i mercati emergenti, portando i margini a contrarsi dall’11% per l’intero universo registrato nel 2011 al 6% del 2016 (fonte: FactSet; Columbia Threadneedle Investments). La lunga e lenta agonia del ciclo di revisione degli utili a cui abbiamo assistito per gran parte del decennio sembra ormai terminata. Nel 2017, le revisioni degli utili hanno imboccato un forte trend rialzista e le aspettative per il prossimo esercizio sono rimaste finora stabili. Da parte nostra, riteniamo che questa dinamica continuerà anche nel 2018 e che la crescita degli utili sosterrà l’incremento delle valutazioni.

Crediamo altresì che i multipli dei mercati emergenti dovrebbero essere scambiati a premio rispetto ai livelli storici poiché la composizione dell’intero universo è andata incontro a una notevole evoluzione positiva. Dieci anni fa, i titoli con maggior peso erano società come Gazprom, Petrobras e PetroChina, ossia grandi realtà cicliche di proprietà statale. Oggi, invece, primeggiano società come Alibaba, Tencent e Samsung, aziende di qualità più elevata che generano un rendimento del capitale investito (ROIC) maggiore. Queste società sono degne di multipli decisamente superiori.

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Anche il multiplo relativo è un fattore che deve essere preso in considerazione. Nell’attuale congiuntura globale caratterizzata da tassi d’interesse ridotti, i multipli hanno registrato una significativa espansione (come è giusto che sia) nei mercati sviluppati. Anche se i multipli ME si sono a loro volta ampliati, questa classe di attivi viene tuttora scambiata con uno sconto del 30% circa rispetto all’S&P 500.

I principali fattori trainanti della crescita

Riteniamo che la performance dei mercati emergenti nel 2018 possa contare su vari fattori trainanti, solidi e persistenti. La crescita degli utili, come ricordato sopra, continua a migliorare. Questa espansione è dovuta in parte a una disciplina di capitale molto più rigorosa messa in atto dalle società: riduzione dei costi, corretto dimensionamento dei bilanci ecc. Anche la maggiore efficienza operativa e la domanda potenziale nelle economie emergenti contribuiscono in misura significativa all’andamento degli utili.

Si registra inoltre un rafforzamento della crescita del PIL nei mercati emergenti che dovrebbe favorire le azioni. Questa tendenza generalizzata si sta verificando in mercati come la Cina, ma anche in paesi che hanno una base di partenza del PIL molto più bassa, tra cui India, Indonesia e Filippine.
In Russia, ad esempio, il calo dell’inflazione, la discesa dei tassi d’interesse, le valutazioni convenienti e il miglioramento dell’economia tracciano uno scenario molto favorevole per i titoli azionari. In India, le solide riforme strutturali incoraggiano una maggiore partecipazione locale sui mercati azionari.

Un ulteriore fattore trainante è dato dal fatto che molti investitori, a nostro avviso, sono sottoesposti ai mercati emergenti, causa un mancato ribilanciamento, sentiment negativo o semplice trascuratezza. Tra coloro che potrebbero essere sottoesposti a questa classe di attivi si contano gli stessi residenti dei mercati emergenti, anche se la situazione sta rapidamente cambiando e non soltanto nella già citata India. Ravvisiamo una partecipazione molto più intensa da parte di investitori locali nei mercati azionari domestici (nonché una crescita significativa su quelli obbligazionari).
Gli investitori locali sono meno propensi ad abbandonare le posizioni se, ad esempio, il FOMC innalza il tasso overnight, e ciò potrebbe conferire una maggiore stabilità ai mercati emergenti.

Rischi per la nostra tesi

Tre fattori vengono comunemente citati come fonti di rischio per la ripresa dei mercati emergenti: ` i rialzi dei tassi negli Stati Uniti, le dinamiche macroeconomiche in Cina e le tensioni geopolitiche.
In questa sede tratteremo i primi due, poiché le tensioni geopolitiche sono un argomento generalmente ben noto agli investitori e i loro esiti richiedono analisi e considerazioni che esulano dall’ambito di questo contributo.

Rialzi dei tassi negli USA e rafforzamento del dollaro

Da parte nostra, non riteniamo che l’aumento dei tassi e il rafforzamento del dollaro USA rappresentino un rischio significativo. Malgrado questi fattori possano costituire un ostacolo per la classe di attivi, non avranno comunque effetti distruttivi. I cosiddetti “fragili cinque” (Turchia, Brasile, India, Sudafrica, Indonesia) non meritano più questo appellativo. Negli ultimi sette anni, le stime di consenso hanno ritenuto che il vigore del dollaro USA avrebbe provocato una crisi nei mercati emergenti. Tuttavia, l’espansione dei mercati obbligazionari locali ha contribuito a mutare questa dinamica, poiché le società possono accedere molto più facilmente a finanziamenti nella propria valuta. Attualmente, la Turchia è il mercato dove si concentrano in prevalenza i timori; tuttavia, i mercati emergenti nel loro complesso vantano una solidità di gran lunga maggiore che in passato: le economie si sono stabilizzate, i saldi delle partite correnti sono buoni e i tassi di cambio si presentano per lo più in equilibrio.

Per quanto riguarda i tassi d’interesse, è importante capire quali sono le motivazioni che ne giustificano il rialzo. Nella congiuntura attuale, i tassi aumentano perché l’economia globale si sta rafforzando e questo può essere un toccasana per i mercati emergenti. Se osserviamo i cicli dei tassi d’interesse occorsi in passato, i mercati emergenti hanno espresso performance alquanto positive nelle fasi di inasprimento monetario quando il fattore sottostante il rialzo ha coinciso con una maggiore solidità dell’economia globale. A nostro avviso, serpeggia un grande timore sui mercati riguardo all’impatto dei tassi, forse a causa del taper tantrum nel 2013, quando i mercati emergenti hanno accusato una significativa sottoperformance al semplice prospettarsi di un eventuale rialzo dei tassi. I mercati emergenti di oggi, tuttavia, si trovano in una posizione molto meno vulnerabile rispetto al 2013.

Le dinamiche macroeconomiche in Cina

Il timore che il rapporto debito/PIL sia lievitato troppo rapidamente in Cina, producendo di fatto una scarsa crescita ma con il potenziale per amplificare eventuali errori di politica economica, è una circostanza che viene spesso citata come un rischio per le azioni dei mercati emergenti.

Si tratta di una preoccupazione all’apparenza legittima, che certamente ha avuto il suo peso in passato. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti che riteniamo di dover sottolineare:

  • La riforma sul lato dell’offerta sta sostenendo i settori della “vecchia Cina”, mentre costi elevati e capacità inutilizzata vengono ridimensionati, consentendo a molte industrie di tornare a produrre un flusso di cassa positivo. Soprattutto, la liquidità così generata non viene spesa per nuovi investimenti finalizzati a incrementare la capacità, bensì per rimborsare il debito. A trarne sollievo è il sistema bancario, dove si teme che i crediti deteriorati siano superiori a quanto dichiarato.
  • l volume delle abitazioni disponibili (che era stato incentivato dalla crescita dei prestiti) si è ridotto in misura considerevole. I dati lordi possono oscurare lo scenario poiché gli immobili più vecchi, ormai obsoleti e destinati all’abbattimento, vengono inclusi nel conteggio.

Sosteniamo da tempo che esistano due economie in Cina, quella vecchia di stampo industriale e una nuova orientata ai servizi. Anche in questo caso, molti esperti di mercato si soffermano sui dati statistici complessivi relativi alla situazione cinese e non sono in grado di operare distinzioni tra le zone costiere, dove prevale uno spirito imprenditoriale improntato alla tecnologia, e le regioni interne in cui domina la vecchia economia. Dal 2001 a oggi, la Cina ha superato Regno Unito e Germania per numero annuale di richieste di brevetto internazionale e sta colmando il divario con il Giappone. Se la Cina dovesse superare anche il mercato nipponico, sarebbe seconda al mondo, dopo gli Stati Uniti.
La crescita delle richieste di brevetto testimonia la trasformazione avvenuta in Cina nel corso delle ultime generazioni e la maggiore enfasi posta su formazione e imprenditorialità.


Dara J. White – Responsabile globale azioni mercati emergenti – Columbia Threadneedle Investments