Lavoro, in Italia è caccia al sustainability manager. 6 imprese su 10 sono in piena transizione ecologica
C’è grande fermento nel mondo del lavoro. Complici l’Agenda 2030 dell’ONU e la maggior attenzione ad ambiente, lavoratori ed economicità imprenditoriale, sempre più aziende in Italia investono per conseguire gli obiettivi di transizione ecologica. Ne è un esempio calzante il settore manufatturiero dove ben sei imprese su dieci avrebbero già intrapreso azioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Ma qui, rispetto al resto d’Europa, c’è un gap “professionale”. Perché se in Paesi come la Danimarca, la Germania o la Svezia il sustainability manager è diventato ormai una figura irrinunciabile all’interno del sistema azienda, in Italia è quasi assente seppur indispensabile a partire dal lavoro di rendicontazione. Ed è – e sarà per i prossimi anni – così fondamentale all’interno di un’impresa che Linkedin la annovera fra le prime dieci professioni più richieste in Italia (per essere precisi è al quinto posto). Ma la sua essenzialità è stata definita anche dal Governo con l’emanazione del D.lgs 125 del 2024 che obbliga le aziende a redigere il bilancio di sostenibilità a partire dal 2025.
Per venire incontro alle crescenti richieste del mercato l’Università degli Studi Niccolò Cusano ha presentato il master di II livello in “ESG & Sustainability Management” che fornirà agli studenti e ai manager competenze specialistiche per svolgere funzioni manageriali, consulenziali e direttive e operare a vari livelli come attori del cambiamento e della transizione verso modelli circolari, sostenibili e resilienti. Così, al termine del percorso formativo di Unicusano, tra le tante capacità acquisite gli studenti sapranno: gestire le risorse aziendali in chiave sostenibile; predisporre in autonomia accordi di secondo livello, regolamenti di welfare, accordi di lavoro agile, accordi relativi a premi di risultato, accordi di prossimità; conoscere i fenomeni di marketing e finanzia sostenibile, le relazioni industriali a fronte delle innovazioni che il mercato necessariamente richiederà; conoscere gli strumenti idonei per essere autonomi nella interpretazione degli attuali strumenti di valutazione della sostenibilità; gestire le risorse umane evitando fenomeni regressivi; imparare a individuare soluzioni di business innovative; gestire in maniera sostenibile le organizzazioni nelle diverse aree funzionali.
“Oggi è necessaria una formazione specifica – dichiara la professoressa Gabriella Arcese, coordinatrice del master Unicusano – che fornisca tutti gli strumenti necessari al futuro manager della sostenibilità per operare non solo in chiave ambientale ma anche economica e sociale, evitando così i grossi errori del passato di cui il green washing è un esempio lampante”.
“Il sustainability manager – prosegue la docente Unicusano – aiuta la transizione verde nelle aziende elaborando strategie idonee per conseguire la piena sostenibilità secondo quei tre pilastri. La novità dell’Unicusano è il focus sul Life Cycle Assessment (LCA), metodologia che valuta l’impronta ambientale di un prodotto/servizio lungo il suo intero ciclo di vita secondo tre strumenti: valutazione cicli di vita ambientale, economica e sociale”.
“Il bilancio di sostenibilità o la rendicontazione di sostenibilità rappresenta la fotografia completa dell’impegno dell’azienda e delle organizzazioni sui temi ambientali, sociali e di governance – precisa il collega e coordinatore del master Unicusano, Claudio Miglio – In generale la rendicontazione di sostenibilità rappresenta una vera e propria piattaforma di dati e di informazioni fondamentali per comunicare le prestazioni e gli impatti di sostenibilità di un’impresa o di una organizzazione. Consente alle aziende di misurare e di valutare in modo preciso e confrontabile il loro impatto su una vasta gamma di temi legati al tema della sostenibilità”.
E conclude: “Dal punto di vista tecnico-amministrativo, la rendicontazione di sostenibilità misura e comunica l’assunzione di responsabilità sulle performance dell’organizzazione e delle aziende rispetto agli obiettivi dello sviluppo sostenibile”.

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