Investire nei mercati emergenti: la sfida dell’indisciplina fiscale

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L’indisciplina fiscale è un tema probabilmente sottovalutato dai mercati, soprattutto i rischi fiscali strutturali derivanti dai paesi sviluppati. Gli Stati Uniti stanno registrando livelli di deficit eccezionalmente elevati, ancora più significativi alla luce dell’attuale crescita economica, ed è probabile che i livelli di debito non solo degli Stati Uniti, ma del mondo, aumentino ulteriormente, con una crescita parallela della percentuale delle entrate statali destinate a coprire i costi del servizio del debito.

Anche molte economie emergenti devono affrontare sfide fiscali. I titoli di Stato di Paesi dell’America Latina, come Brasile, Messico e Colombia, sono soggetti a uno dei più severi controlli di mercato per le politiche fiscali permissive e in qualche modo populiste di questi Paesi. Alcuni emittenti sovrani in questa regione devono far fronte a valute più deboli, tassi locali più elevati e impatti significativi sugli spread creditizi. Il recente sell-off del real brasiliano e dei suoi titoli di Stato in valuta locale è un buon esempio, che illustra quanto possano essere duri i mercati nei confronti di una prolungata indisciplina fiscale.

In Asia, la disciplina fiscale è relativamente migliore, nonostante anche qui i governi cedano occasionalmente alle pressioni socio-politiche per aumentare la spesa. In Europa, le richieste populiste hanno portato a livelli di spesa fiscale molto preoccupanti in paesi come la Romania e la Polonia. Sviluppi positivi arrivano però dal Sudafrica dove il Tesoro nazionale sembra aver stabilizzato i livelli di debito dopo molti anni di deterioramento, e dalla Turchia dove c’è ora una politica economica più ortodossa: sviluppi che hanno aumentato l’interesse degli investitori per i mercati creditizi di queste aree.

È bene anche considerare l’impulso deflazionistico che potrebbe emergere dalla Cina. Se i dazi statunitensi aumentassero in modo significativo, la crescita economica cinese potrebbe essere ulteriormente ostacolata e l’impatto potrebbe non essere completamente compensato dagli stimoli economici della Cina. Questa dinamica ha importanti implicazioni per i mercati emergenti, poiché la Cina rappresenta una quota importante della domanda globale di metalli e altre materie prime. Gli esportatori di materie prime dei mercati emergenti rischiano un rallentamento e potrebbero quindi “importare” alcuni dei livelli di inflazione più bassi della Cina. Ad esempio, ciò potrebbe avere un impatto sugli esportatori di rame come il Cile e lo Zambia. Invece, la diminuzione delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti comporterebbe probabilmente un reindirizzamento delle importazioni più economiche verso altri mercati, in particolare quelli dei paesi asiatici vicini. Anche l’Europa, già alle prese con una debole crescita economica, potrebbe importare alcune delle dinamiche deflazionistiche della Cina.

La combinazione di questi fattori potrebbe portare a un’accelerazione delle tendenze osservate finora: inflazione contenuta per i beni commerciabili, ma inflazione persistente per i servizi. Ciò potrebbe rappresentare un dilemma per le banche centrali globali e potrebbe comportare un maggiore rischio di errori nelle politiche.

A queste pressioni si aggiunge l’imprevedibile contesto commerciale globale. I mercati emergenti potrebbero affrontare ulteriori tensioni poiché le guerre commerciali interrompono le catene di approvvigionamento e limitano l’accesso a beni essenziali. Per le nazioni esportatrici di risorse come Brasile, Cile e Zambia, le politiche protezionistiche nei mercati chiave potrebbero ridurre ulteriormente la domanda di materie prime, indebolendo la loro capacità di affrontare le sfide interne.

Alla luce di tutto questo, i fondamentali tecnici relativi all’offerta nel mercato dei titoli di Stato degli EM sono positivi per il 2025. Prevediamo che l’emissione lorda sarà leggermente inferiore a quella del 2024, ma con l’aumento dei flussi di cassa legati al servizio del debito tramite cedole e con gli ammortamenti significativamente più elevati, il finanziamento netto dovrebbe essere molto inferiore a quello del 2024.

Ci aspettiamo che alcuni emittenti HY tornino sul mercato nel 2025, date le condizioni di finanziamento leggermente più interessanti, con spread più stretti e tassi di interesse in graduale calo negli Stati Uniti e in Europa.

Prevediamo che l’offerta netta sarà positiva per i titoli sovrani IG dei mercati emergenti, trainata in gran parte dalle emissioni del Medio Oriente da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Israele, e in misura minore da Romania e Polonia nei paesi dell’Europa centrale e orientale, nonché da emittenti dell’America Latina come Messico e Colombia. Nel segmento dei titoli sovrani HY dei mercati emergenti, l’Africa dovrebbe contribuire negativamente all’emissione netta, poiché diversi paesi con accesso al mercato hanno già emesso nel 2024, tra cui Sud Africa, Kenya e Costa d’Avorio. Nel frattempo, Ungheria, Romania e Polonia hanno iniziato a emettere samurai bond in yen, riducendo la pressione sulle curve del dollaro e dell’euro.

Dato il sostegno che le emissioni in euro ricevono dagli investitori assicurativi e previdenziali in Europa, nonché dagli investitori crossover, sia gli spread creditizi IG che HY in USD dovrebbero rimanere sostenuti a livello tecnico.

Considerato il consolidamento fiscale previsto in diversi paesi, il fabbisogno finanziario complessivo dovrebbe essere inferiore nel complesso, ma con un fabbisogno finanziario netto in valuta forte piuttosto ridotto, la maggior parte delle emissioni per coprire i deficit fiscali dovrebbe essere in valuta locale.

Considerati i probabili obiettivi dell’amministrazione statunitense, soprattutto in ambito commerciale, prevediamo tassi a lungo termine più elevati e un dollaro più forte in generale. Pertanto, siamo selettivi nell’esposizione valutaria ai mercati emergenti e preferiamo scadenze inferiori a dieci anni, soprattutto nei paesi in cui le curve di spread del dollaro sono piatte. Infine, privilegiamo i paesi in cui è probabile che venga mantenuta la disciplina fiscale.

Se da un lato la forza del dollaro rappresenta un elemento di ostacolo per la performance delle valute emergenti, dall’altro il fattore più importante che potrebbe trainare la performance delle valute locali è una riduzione significativa dei tassi, oltre le attese del mercato, da parte della Fed.

Poiché nel corso di quest’anno quasi sicuramente ci sarà ancora incertezza riguardo questo tema, gli investitori in valuta locale dei mercati emergenti dovranno essere agili e adeguare le loro posizioni man mano che la situazione si evolverà. Le idiosincrasie per le valute come la lira turca, la sterlina egiziana, la naira nigeriana o il peso dominicano potrebbero rivelarsi interessanti per gli investitori in questo contesto.