Storia del decreto “Salva-Milano” e di una città in cerca di un orizzonte urbanistico

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Dalle occasioni mancate alle sfide di un’urbanizzazione sostenibile

Il decreto “Salva-Milano”: che cos’era davvero?

Milano è cresciuta, negli ultimi vent’anni, a un ritmo che nessun’altra città italiana può eguagliare. Un’espansione verticale, con grattacieli e rigenerazioni, ma anche orizzontale, verso la prima e seconda cintura urbana. Un’accelerazione che ha portato con sé inevitabili contraddizioni: da un lato il desiderio di una metropoli europea, efficiente e contemporanea; dall’altro, le tensioni legate all’impatto ambientale, alla perdita di spazi, alla cosiddetta “gentrificazione”, ovvero il processo di trasformazione urbana in cui un’area, tradizionalmente abitata da classi popolari, subisce un rinnovamento fisico e sociale che attrae residenti con redditi più alti, causando un aumento dei prezzi degli immobili e degli affitti e, di conseguenza, lo spostamento degli abitanti originali.

In questo contesto si inserisce il dibattito mai realmente concluso intorno al cosiddetto decreto “Salva-Milano”, diventato emblema delle ambiguità normative e delle tensioni politiche sulla città che cambia.

Introdotto per risolvere un nodo tecnico-giuridico legato all’interpretazione delle norme urbanistiche regionali e nazionali, il provvedimento avrebbe dovuto chiarire una questione fondamentale: quali regole valgono quando si tratta di pianificazione urbana in una città come Milano? Il punto di frizione stava in una lettura estensiva della legge urbanistica da parte del Comune e della Regione, che consentiva di ampliare i margini edificatori, a fronte di interpretazioni più restrittive adottate altrove in Lombardia.

Il Parlamento avrebbe potuto (e forse dovuto) intervenire con una riforma strutturale, fissando criteri chiari, definitivi, magari differenziati per area metropolitana. Invece, complice una polarizzazione politica e culturale, il decreto è rimasto in sospeso, affossato prima di diventare legge. A sinistra è emerso il timore di “favorire i cementificatori”, mentre a destra si è avvertita, almeno inizialmente, la portata sistemica della questione. Ma alla fine, ha prevalso l’ambiguità. E l’assenza di una visione condivisa ha lasciato Milano orfana di una cornice normativa adeguata.

Un errore bocciare il Salva-Milano

Così dichiara Sergio Scalpelli, assessore a Giovani e Sport ai tempi della giunta di Gabriele Albertini (1997-2001), in un’intervista rilasciata a Federica Fantozzi di BeeMagazine. Servono investimenti e regole chiare, altrimenti Milano perde la sua corsa”. Sergio Scalpelli, già segretario della Casa della Cultura negli anni Ottanta, giornalista e consulente editoriale, è stato a capo delle relazioni istituzionali di Fastweb per vent’anni. “Sull’urbanistica giunte in continuità da fine anni Novanta. Non vedo corruzione ma interpretazione estensiva delle norme. Si indaghi sui singoli casi ma non si fermi la città”. E a proposito dello stadio di San Siro aggiunge: “La partita è delicata: a novembre entrerà in vigore un vincolo architettonico delle Belle Arti che di fatto renderà lo stadio invendibile. Quindi, a settembre si vedrà”.

Tra necessità di sviluppo e tutela del territorio

Il cuore del problema non è la speculazione edilizia in sé, né la corruzione, di cui si parla ampiamente in questi giorni nei tribunali, ma l’assenza di un orizzonte politico chiaro sulla città del futuro. Da anni, Milano si trova a metà del guado tra due modelli: quello di una città densa, policentrica, che punta sulla rigenerazione dell’esistente, e quello di una metropoli che cresce per addizione, occupando nuovo suolo, con grandi operazioni immobiliari spesso sostenute dal privato.

Il dibattito sull’urbanizzazione “possibile” ruota attorno a questo bivio. Il caso dell’ex Scalo Romana – destinato a diventare il Villaggio Olimpico per i Giochi Invernali 2026 – ne è un esempio emblematico. Da un lato, si tratta di un progetto di rigenerazione urbana, con attenzione alla sostenibilità energetica e ai servizi. Dall’altro, i critici segnalano la progressiva privatizzazione degli spazi, l’impatto sul tessuto sociale, il rischio che la città diventi sempre più “a misura d’investitore” e meno “a misura d’abitante”.

Che cosa significa “urbanizzazione possibile”?

Parlare di urbanizzazione possibile non significa bloccare lo sviluppo, ma chiedere regole chiare, trasparenti e sostenibili. Significa pianificare tenendo conto della crisi climatica, del consumo di suolo, dell’inclusione sociale, e non solo dei ritorni economici immediati. Significa dotarsi di strumenti normativi aggiornati, capaci di gestire una città in continua trasformazione.

Secondo il rapporto 2024 di Legambiente Lombardia, Milano continua a consumare suolo con un ritmo più alto della media regionale: 9,2 ettari nel 2023. Tuttavia, la città ospita anche il 45% delle iniziative di rigenerazione urbana della Regione, segno che un modello diverso è possibile, ma va sostenuto politicamente e normativamente.

L’urbanizzazione non è solo una questione tecnica o edilizia. È una questione culturale, sociale, politica. Il caso “Salva-Milano” lo dimostra: a fare la differenza non sono le singole operazioni, ma l’orizzonte collettivo dentro cui vengono pensate. La mancata approvazione del decreto ha lasciato un vuoto che oggi si traduce in incertezza normativa, disuguaglianze urbane e perdita di fiducia tra cittadini e istituzioni.

Milano ha bisogno di un nuovo patto urbanistico, che coinvolga enti pubblici, privati, cittadini e associazioni. Un patto che non rincorra l’emergenza, ma disegni una visione lunga. La città è ancora in tempo per scegliere da che parte stare: se diventare una metropoli capace di crescere senza consumare, oppure continuare a oscillare tra slogan verdi e concessioni edilizie.

La storia del decreto “Salva-Milano

Vediamo le principali tappe del dibattito sul cosiddetto decreto “Salva-Milano”, utile per contestualizzare l’evoluzione del confronto politico e normativo sull’urbanizzazione della città.

2019 – Nuovo PGT del Comune di Milano
Il Comune approva il nuovo Piano di Governo del Territorio, che punta a “zero consumo di suolo netto” e prevede ampi margini di rigenerazione urbana. L’approccio viene giudicato ambizioso, ma suscita perplessità per alcune interpretazioni estensive delle volumetrie e per le compensazioni urbanistiche previste.

2020-2022 – Boom delle operazioni immobiliari
Milano conosce un forte dinamismo edilizio, con numerose grandi opere in corso: dagli ex Scali ferroviari (Romana, Farini, Porta Genova) ai nuovi insediamenti residenziali in periferia. Inizia a montare la critica sul “modello Milano”, ritenuto troppo orientato al mercato e poco inclusivo.

2023 – Prime contestazioni giuridiche
Alcune sentenze mettono in discussione la validità di strumenti urbanistici milanesi, ritenuti troppo “generosi” nell’interpretazione delle leggi regionali. Il dibattito si accende, soprattutto sul ruolo della Legge Regionale 12/2005, che disciplina il governo del territorio in Lombardia.

Febbraio 2024 – Il Governo propone il “Decreto Salva-Milano”
Con l’obiettivo di sanare i rischi di illegittimità urbanistica e di garantire continuità agli investimenti, il Governo propone un decreto legge volto a “salvare” i progetti edilizi già avviati a Milano. Il provvedimento suscita forti divisioni politiche: il centrosinistra teme un favore ai costruttori, il centrodestra ne sostiene la necessità per tutelare sviluppo e occupazione.

Marzo 2024 – Polemiche e impasse in Parlamento
La discussione parlamentare si arena: il decreto viene ritirato sotto la pressione dell’opinione pubblica e per il timore, da parte del PD, di passare per “amico dei cementificatori”. Nessuna alternativa normativa viene però proposta in modo strutturale. Milano rimane in una zona grigia giuridica.

Estate 2024 – Il TAR blocca alcune varianti urbanistiche
Il TAR Lombardia emette alcune sentenze che sospendono o annullano varianti urbanistiche concesse dal Comune di Milano, riaprendo il nodo normativo. Le imprese chiedono chiarezza, le associazioni ambientaliste denunciano il rischio di “condoni mascherati”.

2025 – Verso una riforma regionale?
Il dibattito si sposta in Regione Lombardia, dove si lavora a una revisione della Legge 12/2005 per definire in modo più stringente i margini di intervento urbanistico nelle grandi città. Al momento, però, non esiste ancora un testo condiviso né una reale convergenza politica.