Donne e imprese: 1,2 milioni di realtà che riscrivono le regole
Imprese femminili: più giovani, più piccole, più fragili. Ma stanno cambiando le regole del gioco
Oltre 1,2 milioni di imprese guidate da donne in Italia ma il divario di genere
resta. Dai dati globali ai consigli pratici, emerge una nuova visione
dell’imprenditoria femminile: una gestione più semplice, numeri sotto controllo e un equilibrio tra lavoro e vita privata
Nel mondo, e sempre di più anche in Italia, un numero crescente di donne sceglie di
intraprendere un percorso imprenditoriale: c'è chi parte da un’idea coltivata a lungo, chi
trasforma una passione in lavoro, chi intravede una possibilità di autonomia in un mercato
che spesso offre percorsi troppo rigidi. Il risultato è un fenomeno in espansione: più
imprese femminili, ma anche nuove modalità di gestione, di relazione e di impatto sul
territorio.
Secondo il Women’s Entrepreneurship Report, in molte economie emergenti e in alcuni
Paesi a reddito medio, le donne stanno avviando attività a ritmi elevati. In Qatar e in
Togo, il tasso di imprenditoria femminile ha superato quello maschile. In 10 economie
su 49 analizzate a livello globale, il divario di genere è minimo. Ma nei contesti ad alto
reddito, tra cui l’Italia, la distanza tra uomini e donne che intraprendono un percorso
imprenditoriale resta ampia. Gli ostacoli non riguardano solo l’accesso al credito o il carico
familiare: spesso si tratta anche di mancanza di strumenti adatti, reti di supporto
frammentate e modelli organizzativi difficili da adattare a esigenze diverse.
A che punto siamo in Italia?
A delineare con maggiore precisione la situazione italiana è il report sull’imprenditoria
femminile realizzato da Unioncamere: le imprese guidate da donne sono oltre 1,2 milioni,
ma mostrano caratteristiche strutturali differenti da quelle maschili. Il 96,3% sono micro-
imprese, il 60,8% sono ditte individuali e il 67,5% opera nel settore dei servizi. Le
imprese femminili risultano anche più giovani (il 42% ha meno di cinque anni di vita) e più
diffuse tra le under 35 (10,6% contro il 7,9% degli uomini). Tuttavia, la loro sopravvivenza
nel tempo è inferiore: dopo tre anni resta attivo l’82% delle imprese femminili, contro
l’85,3% di quelle maschili; dopo cinque anni il divario si amplia ulteriormente (72,1% contro
77%).
Semplificare è la parola chiave: come rendere l’impresa più leggera e solida
Di fronte a queste criticità, alcune imprenditrici scelgono di agire in modo diverso,
costruendo approcci più sostenibili e consapevoli, imprenditrici che non cercano
scorciatoie, ma soluzioni. Liana Gabriela Rotariu, founder del Metodo Sempi, ha scelto di
costruire un approccio pensato per chi guida piccole imprese e ha bisogno di chiarezza,
strumenti pratici e una gestione del lavoro meno caotica. Il metodo nasce dall’esperienza
quotidiana e si rivolge soprattutto a chi è stanco di gestire tutto in autonomia, di dover
rincorrere scadenze, o di non riuscire mai ad avere una visione d’insieme.
“Il Metodo Sempi non fa pink washing, fa spazio. Spazio per lavorare con più chiarezza, per
contare davvero, senza dover scegliere tra la vita e il lavoro. È nato dall’esperienza diretta di
chi l’impresa la gestisce ogni giorno, con il bisogno concreto di ridurre il caos e recuperare
controllo. Non serve essere perfette, serve potersi permettere di respirare”, spiega Rotariu.
Il suo team, composto prevalentemente da donne, lavora per aiutare a rendere l’impresa
più semplice, leggibile, meno schiava di strumenti complessi o processi infiniti.
Chi sceglie questo approccio impara a riconoscere ciò che funziona davvero, a costruire
una cultura organizzativa flessibile, a tornare padrone del proprio tempo e dei propri numeri.
Il metodo suggerisce tre azioni concrete:
1. Smettere di fare tutto in autonomia. Delegare, automatizzare, strutturare: uscire
dal sovraccarico è possibile.
2. Guardare i numeri con fiducia. Entrate, costi e margini diventano comprensibili
anche senza formazione tecnica e aiutano a decidere con più consapevolezza.
3. Creare un’organizzazione che rispecchi chi la guida. Le imprese non devono per
forza aderire a modelli precostituiti. Possono essere efficienti e umane, ordinate e
accoglienti, strategiche e morbide allo stesso tempo.
Un’impresa pensata per durare e lasciare un segno
L’imprenditoria femminile oggi chiede strumenti su misura, contesti adatti e
riconoscimento pieno. È una trasformazione concreta che riguarda il modo in cui si
lavora, si prende decisione, si crea valore. Molte di queste imprese nascono con l’idea di
durare nel tempo, di costruire qualcosa che lasci il segno anche fuori dall’economia.
Ogni progetto fondato da una donna che sceglie consapevolmente come lavorare, con chi
collaborare e che tipo di impatto generare, è parte di un cambiamento collettivo. Un
cambiamento che cresce ogni giorno, anche senza clamore, ma con determinazione.

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