DWS: il rapporto oro-petrolio ai massimi degli ultimi cinque anni

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Il rapporto oro-petrolio – ovvero quanti barili di petrolio può acquistare un’oncia d’oro – offre una lettura immediata dello stato di salute dell’economia e del sentiment dei mercati.

Ad agosto è balzato a oltre 50 barili per oncia d’oro, ben al di sopra della media di circa 18x registrata dal 2000. Cosa ha determinato questa divergenza? E dove si sta dirigendo ora il rapporto?

La distanza crescente tra due delle commodity più importanti al mondo riflette un aumento dell’incertezza economica. L’oro tende a mantenere il proprio valore nelle fasi di rallentamento ed è considerato da molti un bene rifugio e uno strumento di copertura dall’inflazione. I prezzi del petrolio, invece, riflettono l’equilibrio tra domanda e offerta e i rischi lato supply, tendendo a salire quando produzione industriale e consumi accelerano.

Storicamente, gli estremi di questo rapporto hanno coinciso con l’avvio di grandi cambiamenti macroeconomici. Quando il rapporto ha superato l’attuale livello l’ultima volta, si stava diffondendo la pandemia del 2020. Oggi l’oro è salito di oltre il 90% in tre anni fino a circa 3.400 dollari l’oncia, mentre il Brent è sceso a 66 dollari al barile dall’inizio dell’anno, dopo aver stazionato intorno agli 80 dollari nel periodo post-pandemia.

Le ragioni appaiono piuttosto chiare. Negli ultimi tre anni l’oro ha visto una domanda senza precedenti da parte delle banche centrali, in particolare da Paesi come Cina e India alla ricerca di alternative ai Treasury USA e spinte da dinamiche di de-dollarizzazione. Inoltre, la percezione dell’oro come bene rifugio ha attratto gli investitori, soprattutto alla luce dei timori che il dollaro non offra più i benefici di diversificazione di un tempo. E sebbene l’inflazione si sia attenuata dopo la pandemia, resta elevata negli Stati Uniti, rafforzando ulteriormente l’appeal dell’oro come potenziale copertura.

Il prezzo del petrolio, invece, è stato vittima della domanda più debole e offerta più abbondante. La produzione mondiale di greggio è aumentata in modo significativo grazie a una maggiore produzione OPEC+. Inoltre, con il boom dello shale, gli Stati Uniti sono diventati un attore di primo piano nella produzione di petrolio. I timori sulla domanda stanno alimentando un sentiment ribassista sui prezzi. Le politiche tariffarie hanno oscurato significativamente le prospettive economiche per il 2025. Anche i recenti sforzi diplomatici per porre fine al conflitto tra Russia e Ucraina hanno esercitato pressioni sui prezzi. Un eventuale successo nei colloqui di pace potrebbe riportare sul mercato ulteriori forniture russe, esercitando ulteriore pressione al ribasso sul greggio.

«Sebbene la volatilità di breve periodo resti elevata, riteniamo che le forze strutturali che guidano oro e petrolio tenderanno gradualmente a normalizzarsi, riducendo l’attuale squilibrio del rapporto», afferma Darwei Kung, Head of Commodities and Natural Resources di DWS. I mercati hanno in larga parte già prezzato gli aumenti produttivi previsti da OPEC+, e i recenti accordi tariffari hanno in parte ridotto i rischi che rappresentavano per la crescita. A nostro avviso è inoltre improbabile che l’oro continui a salire con la stessa forza nei prossimi anni, soprattutto per il calo della domanda di gioielli, che in passato era stata compensata dalla domanda di investimento. Restano comunque forti elementi di incertezza: un aumento dei dazi oltre le attese potrebbe riaccendere i dubbi sull’economia globale, colpendo il prezzo del petrolio e potenzialmente favorendo l’oro.