Frenata euro/dollaro temporanea, nel medio termine moneta unica dovrebbe tornare a rafforzarsi
La reazione negativa dell’euro all’intesa sui dazi fra Ue e Usa è stata un movimento temporaneo, già riassorbito dal cambio di aspettative sulla politica monetaria americana in seguito ai dati sul mercato del lavoro usciti venerdì 1 agosto.
Se guardiamo al tema della guerra commerciale, in realtà l’accordo non favorisce l’economia europea, anzi. Le condizioni asimmetriche sono state ampiamente analizzate dal mercato (dazi al 15% in cambio di nulla, impegni ad acquisti dagli USA per 750 miliardi di dollari e promessa di investirne ulteriori 600). Inoltre rileviamo che anche una tariffa al 15%, seppure più leggera rispetto a quella temuta del 25-30% o più, erode la competitività dell’Europa e questo effetto è ulteriormente amplificato dall’impennata dell’euro nella prima metà dell’anno.
Tuttavia, a parte una momentanea debolezza dell’euro nei giorni immediatamente successivi all’annuncio, il trend si è arrestato non appena sono emerse altre considerazioni. Gli ultimi dati infatti mostrano come l’economia USA sia ancora solida ma i dazi stiano iniziando a farsi sentire: la lettura preliminare di PIL per il Q2 ha visto un rimbalzo del 3% dopo il calo del Q1, mentre a giugno l’inflazione è risalita al 2,7%, con evidenti differenze tra beni di importazione (saliti anche di 2 punti percentuali nel mese) e quelli prodotti principalmente negli USA. Il 31 luglio è uscito il deflattore PCE, che ha un paniere diverso ed è usato dalla Fed come la vera misura di inflazione: ebbene anch’esso si è attestato sopra le attese e soprattutto in crescita rispetto a maggio. Il primo agosto, poi, abbiamo avuto una lettura molto negativa dei dati sul mercato del lavoro, non solo per luglio ma con revisioni pesanti anche per i due mesi precedenti.
I tagli della Fed insomma arriveranno, (il mercato ormai prezza una quasi-certezza per un taglio a settembre), anche perché prima o poi l’attuale contesto porterà ad un rallentamento dei consumi. Un differenziale di tassi in diminuzione, il surplus commerciale dell’Europa e la valutazione dell’euro a sconto rispetto ai fondamentali convergono verso una moneta unica più forte. A meno che non riemergano shock di crescita o energetici, il vento favorevole al dollaro svanirà.
Sulle borse europee siamo costruttivi, e abbiamo recentemente rivisto la nostra asset allocation tattica aumentando il peso dell’azionario europeo. Questa decisione è motivata non solo dalle prospettive cicliche positive dell’Eurozona, caratterizzate da stimoli fiscali e inflazione moderata, ma anche dal miglioramento su alcune sfide strutturali quali il sotto-investimento e l’eccesso di regolamentazione.

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