Gen Z in Italia: numeri, identità socio-politica e nuove forme di dissenso nei confronti del lavoro tradizionale

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Generazione Z in Italia

Quanti sono, cosa pensano, come votano: la fotografia 2024-2025 di una generazione che chiede rappresentanza (e rispetto) oltre gli slogan

La generazione Z, qui definita come i nati tra il 1997 e il 2012, vale oggi circa 10 milioni di persone in Italia: somma approssimata degli 12-17enni (3,43 mln), degli 18-24enni (4,13 mln) e dei 25-28enni stimati come quota del gruppo 25-34 (6,23 mln complessivi). In altre parole, intorno al 17% della popolazione residente (58,9 mln al 31/12/2024). Numeri che mostrano insieme peso demografico e fragilità di un Paese con pochi giovani.

Se guardiamo al lavoro, un indicatore cruciale resta l’area della vulnerabilità: i NEET 15-29 scendono al 15,2% nel 2024, ma l’Italia resta seconda in Ue. Per NEET 15-29 s’intende la quota di giovani tra 15 e 29 anni che non sono occupati e non sono iscritti a percorsi di istruzione o formazione (scuola, università, ITS/IFTS, corsi professionali, apprendistato/tirocinio). Nel conteggio rientrano sia chi cerca lavoro (disoccupati) sia chi non lo cerca o non è disponibile a lavorare (inattivi). Sono esclusi studenti, apprendisti/tirocinanti e chi lavora anche part-time.

In valori assoluti parliamo di circa 1,5 milioni di giovani fuori da studio e occupazione (quasi 2,2 milioni se si estende l’analisi fino a 34 anni). Un progresso rispetto al 2019, ma ancora un freno strutturale alla mobilità sociale. Attenzione a non confondere: il tasso NEET usa tutta la popolazione 15-29 come denominatore, mentre il tasso di disoccupazione giovanile considera solo chi è nella forza lavoro (occupati + disoccupati).

Il quadro occupazionale si muove ma non basta: nel 2024 il tasso di disoccupazione giovanile scende intorno al 15% e i NEET under 30 calano del 28% rispetto al 2019, con un costo-Paese stimato in 15,7 miliardi per il loro mancato inserimento. La piramide demografica, intanto, continua a restringersi alla base, comprimendo le opportunità.

La dimensione civica e politica

Sulla dimensione civica e politica emerge un profilo meno apatico di quanto si creda. L’Istituto Toniolo rileva che il 76,4% dei giovani 18-34 si dichiara mediamente o molto interessato alla politica, ma il 62,3% non vede spazi reali di partecipazione dentro i partiti. La fiducia nei partiti resta bassa (31,6%), mentre crescono forme “orizzontali” di impegno: boicottaggi (69%), petizioni (62,9%), mobilitazioni tematiche (ambiente, diritti).

Sul terreno elettorale, la propensione di voto alle Europee 2024 tra i giovani risulta intorno al 47% secondo il Consiglio Nazionale dei Giovani : un segnale di interesse condizionato dalla sfiducia verso la rappresentanza e dalla sensazione di scarsa ascolto delle loro priorità (clima, lavoro di qualità, casa).

Allargando lo sguardo all’ecosistema informativo, i giovani italiani mostrano fiducia selettiva nelle istituzioni e bassa soddisfazione per il funzionamento della democrazia rispetto alla media europea. In Italia, solo circa il 29% dei giovani giudica “elevata” la correttezza delle elezioni; la fiducia nella scienza resta maggioritaria ma non plebiscitaria. È il segno di una domanda di credibilità e di risultati, non di disimpegno.

Il tema salute mentale è ormai parte dell’agenda generazionale: il Censis 2024 registra tra i 18-34enni un’incidenza di ansia/depressione al 51,8%, con un terzo che ha cercato supporto psicologico. Un dato che interseca lavoro, redditi, costo della vita e precarietà abitativa, e che dovrebbe orientare politiche su servizi territoriali, counseling universitario e aziendale, e tempi di cura.

Dentro questo contesto si collocano anche le nuove pratiche di “dissenso quotidiano” nei luoghi di lavoro, dalla malicious compliance (obbedire alla lettera a regole percepite come inutili per evidenziarne l’inefficienza) al gray rock (disimpegno emotivo per proteggere il benessere), fino al revenge quitting (dimissioni come manifestazione di dissenso). Il fenomeno, amplificato da TikTok, è il sintomo di un conflitto di aspettative: flessibilità, feedback e confini chiari richiesti dai giovani vs. modelli organizzativi ancora novecenteschi. È un termometro culturale più che una “moda social”, e riguarda anche l’Italia. (Per le aziende: ignorarlo significa perdere retention e produttività; ascoltarlo vuol dire riscrivere processi, leadership e obiettivi misurabili sul clima interno.)

Conseguenze per le policy aziendali

Primo: riconoscere il peso demografico limitato ma strategico della Gen Z, che va sostenuta lungo i tre snodi chiave: transizione scuola-lavoro, casa, salute mentale. Secondo: spingere su orientamento, apprendistato di qualità e competenze digitali e green per ridurre stabilemente i NEET. Terzo: canali di partecipazione più credibili (consultazioni, bilanci partecipativi, assemblee civiche) e trasparenza nella valutazione delle politiche climatiche e del lavoro. La rappresentanza passa dai fatti, non dagli slogan.

Fonti principali

  • Popolazione e coorti d’età: calcolo su basi ISTAT (popolazione al 31/12/2024: 58,934 mln) e distribuzioni per classi 12-17, 18-24, 25-34 (Urbistat su dati ISTAT). IstatUgeo Urbistat

  • NEET 15-29: 15,2% nel 2024; fact-checking su valori assoluti (1,5 mln; quasi 2,2 mln fino a 34 anni). Noi ItaliaPagella Politica

  • Occupazione/giovani: trend disoccupazione e costo dei NEET (Censis 2024). CENSIS

  • Interesse politico e fiducia/partiti: Rapporto Giovani (Toniolo 2024-2025). Rapporto GiovaniIstituto Toniolo

  • Propensione al voto Europee 2024: indagine CNG-Piepoli. Consiglio Nazionale Giovani

  • Percezione democrazia/scienza nei giovani: comparazione europea (Italia Generativa). Rapporto Italia Generativa →

  • Salute mentale 18-34: evidenze Censis 2024. ASviS