Jackson Hole, che cosa sta dicendo Jerome Powell? Tra pressioni politiche e timori per l’indipendenza della Fed
Jackson Hole, pressioni politiche e timori
Dire che il discorso di Jerome Powell a Jackson Hole fosse “molto atteso” è un eufemismo, come suggerisce Fortune Italia. Oggi il presidente della Federal Reserve sta parlando davanti a banchieri centrali, economisti e investitori di tutto il mondo, in un contesto carico di tensioni politiche e incertezza sui mercati finanziari.

Powell non si trova solo a dover spiegare la traiettoria dei tassi di interesse, ma anche a difendere l’istituzione che guida: la Fed è finita infatti sotto i riflettori dopo che lo stesso Powell e la governatrice Lisa Cook sono stati segnalati al Dipartimento di Giustizia per presunte irregolarità, accuse che molti osservatori considerano prive di fondamento. A rendere la situazione ancora più esplosiva, le pressioni dirette del presidente Donald Trump, che ha chiesto le loro dimissioni per poter nominare figure più favorevoli a una politica di tassi bassi.
Ultimo minuto
Powell apre uno spiraglio sui tassi, ma la Fed resta prudente
Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha lasciato subito intendere fin dall’inizio del suo intervento che nei prossimi mesi potrebbe arrivare un taglio dei tassi, senza però indicare tempistiche precise. Ha sottolineato come l’economia americana si trovi in un equilibrio delicato: da un lato il rischio di un aumento della disoccupazione, dall’altro quello di un’inflazione più ostinata del previsto.
Tradizionalmente, la Fed abbasserebbe i tassi per sostenere l’occupazione e li alzerebbe per contenere i prezzi. Oggi, però, le due forze si scontrano e impongono massima cautela. “La stabilità del mercato del lavoro ci permette di procedere con attenzione”, ha spiegato Powell, ribadendo che la banca centrale continuerà a valutare i dati su occupazione e inflazione in vista della riunione del 16-17 settembre.
Con la politica monetaria ancora in territorio restrittivo, Powell ha riconosciuto che “il mutare dell’equilibrio dei rischi potrebbe giustificare un aggiustamento della nostra posizione”. Un segnale più chiaro rispetto al passato che, pur senza annunciare decisioni immediate, apre concretamente la porta a un futuro taglio dei tassi. (Fonte: Reuters)
I mercati e la posta in gioco
Uno scenario del genere oggi appare come la “nuova normalità” della politica americana. “Credo che Powell si alzi ogni giorno pensando a cosa fare per preservare l’istituzione” ha commentato Richard Clarida, ex vice presidente della Fed, in un’intervista al Wall Street Journal.
Gli analisti avvertono che la posta in gioco è alta: non si tratta solo del livello dei tassi, ma della credibilità della banca centrale statunitense. Se la Fed dovesse apparire condizionata dal potere politico, la fiducia degli investitori nel dollaro e nei Treasury rischierebbe di incrinarsi. “In un sistema a moneta fiat, la fiducia è tutto: anche solo l’impressione che l’indipendenza della politica monetaria sia minata è pericolosa, e può mettere in discussione perfino il ruolo del dollaro come valuta di riserva global,” ha spiegato Paul Donovan, capo economista di UBS, in una nota ai clienti.
Prime reazioni: oro in rialzo, bond in tensione
I segnali già arrivano ieri dal mercato: secondo un report di Deutsche Bank, la notizia dell’inchiesta e delle pressioni politiche ha generato una reazione immediata, con un rialzo dell’oro vicino all’1% e un calo dei rendimenti sui titoli di Stato americani di breve termine di 3–4 punti base, sebbene parte del movimento sia poi rientrata. Anche l’indice del dollaro aveva perso terreno salvo recuperare ieri a fine giornata.
Si tratta di scosse ancora contenute, ma che riflettono l’incertezza degli investitori. Jackson Hole potrebbe quindi diventare un momento chiave per comprendere se la Fed riuscirà a riaffermare la propria autonomia o se la pressione politica continuerà a dettare l’agenda monetaria americana.

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