La nuova geografia della transizione verde. Dall’India al Brasile, fino alla Cina

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Transizione verde  

Dall’India al Brasile, fino alla Cina: come stanno cambiando gli equilibri globali dell’energia sostenibile

Negli ultimi anni, la transizione verso un’economia a basse emissioni ha conosciuto un’accelerazione inattesa. A guidarla non sono soltanto i Paesi europei o gli Stati Uniti, ma nazioni che fino a poco tempo fa erano considerate ai margini della rivoluzione energetica. India, Brasile e Cina stanno diventando i nuovi centri di gravità della transizione verde, ribaltando gerarchie consolidate e ridisegnando le dinamiche geopolitiche ed economiche mondiali.

L’India ha fissato un obiettivo ambizioso: raggiungere 500 GW di capacità rinnovabile entro il 2030. Un piano che non solo riduce la dipendenza dai combustibili fossili, ma che sta già creando milioni di posti di lavoro nella cosiddetta green economy. Il Brasile, invece, parte da una posizione di vantaggio. Più del 70% della sua elettricità proviene da fonti rinnovabili, in particolare dall’idroelettrico, ma oggi il Paese sta accelerando su biomassa ed eolico, puntando a un mix energetico ancora più diversificato. Entrambi i governi hanno compreso come la transizione sostenibile possa diventare anche una leva di sviluppo sociale ed economico, capace di attrarre investimenti e migliorare la qualità della vita.

Innovazione e nuove tecnologie

Il cuore di questa rivoluzione non è solo politico, ma anche tecnologico. L’innovazione nel solare e nell’eolico ha abbattuto i costi e aumentato l’efficienza: i pannelli fotovoltaici di ultima generazione e le turbine capaci di generare energia anche con venti deboli stanno rendendo queste fonti sempre più competitive. Accanto a queste, prende forma l’idrogeno verde, destinato a decarbonizzare settori complessi come l’industria pesante e il trasporto marittimo. Giappone e Germania investono nelle tecnologie di accumulo, mentre l’Africa sperimenta mini-reti solari per portare elettricità in aree rurali isolate, con effetti immediati sullo sviluppo locale.

La Cina come ago della bilancia

Se India e Brasile sorprendono, la Cina resta il vero perno della transizione globale. Pechino installa più della metà della nuova capacità rinnovabile mondiale e domina il mercato delle batterie e del fotovoltaico. Aziende come LONGi Green Energy hanno reso i pannelli solari più accessibili, mentre le case automobilistiche cinesi si impongono nel mercato dei veicoli elettrici. La Belt and Road Initiative estende questa influenza oltre i confini, finanziando centrali solari ed eoliche in Africa, America Latina e Asia. La Cina non è solo il più grande produttore, ma anche il Paese che sta fissando standard globali per le tecnologie verdi.

Opportunità e rischi sociali

Questa trasformazione, però, porta con sé sfide delicate. Se da un lato nascono milioni di nuovi posti di lavoro nel settore delle rinnovabili, dall’altro interi comparti legati ai combustibili fossili rischiano di perdere centralità, lasciando scoperte comunità e famiglie che da quei settori dipendono. La transizione verde non è quindi solo un tema ambientale, ma anche sociale. Senza adeguati programmi di formazione e riconversione professionale, le disuguaglianze potrebbero acuirsi. È qui che governi e istituzioni internazionali sono chiamati a un ruolo attivo, per garantire che la corsa verso un futuro sostenibile non lasci indietro nessuno.

Un futuro condiviso

La transizione energetica globale non è più un progetto confinato all’Occidente. L’asse si sta spostando verso Sud e verso Est, dove Paesi emergenti ed economie avanzate stanno scrivendo nuove regole del gioco. L’energia pulita non rappresenta soltanto una risposta al cambiamento climatico, ma una chiave per ridisegnare la geografia del potere mondiale, aprendo a una fase in cui crescita economica e sostenibilità possono finalmente coincidere.