Lavoro e competizione globale: l’allarme della BCE sull’impatto cinese nell’eurozona

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L’allarme della BCE 

Il moltiplicarsi delle esportazioni dalla Cina verso l’Europa sta creando tensioni nei mercati del lavoro europei. La BCE avverte: “rischi significativi per l’occupazione”

Mentre le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina spingono Pechino a rafforzare la propria presenza sui mercati europei, la Banca Centrale Europea lancia un monito chiaro: l’aumento delle importazioni cinesi nell’eurozona potrebbe avere “ripercussioni significative sull’occupazione”, soprattutto nei settori più esposti alla concorrenza internazionale. È quanto si legge in una recente analisi pubblicata dalla BCE, che evidenzia come la pressione competitiva in arrivo da Pechino stia già contribuendo a una marcata contrazione della domanda di lavoro in comparti chiave.

Nel dettaglio, l’istituzione di Francoforte segnala che tra il 2019 e il 2024 la domanda di occupazione nel settore automobilistico europeo è crollata del 55%, mentre il settore chimico, altro comparto fortemente esposto, prevede una contrazione fino al 95%. “La concorrenza cinese sta incidendo direttamente sulla struttura occupazionale dell’area euro”, avvertono gli economisti della BCE, che vedono a rischio anche altri settori attualmente meno toccati ma potenzialmente vulnerabili.

Mercato del lavoro sotto pressione

I dati della BCE parlano chiaro: l’impatto dell’espansione cinese va ben oltre le dinamiche commerciali e si traduce in una riorganizzazione forzata del mercato del lavoro. La pressione competitiva non è confinata a pochi settori ma potrebbe estendersi a circa un terzo dell’intera occupazione nell’eurozona. In questo scenario, le aziende europee si trovano a fronteggiare una doppia sfida: restare competitive di fronte a prodotti spesso più economici e, al contempo, assorbire le ricadute sociali di una minore domanda di lavoro interno.

Il rischio, evidenzia la BCE, è quello di un aumento della disoccupazione strutturale, con lavoratori costretti a migrare da un comparto all’altro in cerca di nuove opportunità, spesso meno stabili e qualificate. Il risultato? “Una maggiore volatilità occupazionale e una perdita di coesione nel mercato del lavoro dell’area euro”, si legge nel rapporto.

La vulnerabilità dei settori industriali

Se l’automotive e la chimica sono i più colpiti, come evidenziato dalle percentuali drammatiche rilevate dalla BCE, non sono gli unici a essere sotto attacco. La crescente penetrazione della Cina, favorita anche da una politica industriale aggressiva e da costi produttivi più bassi, sta iniziando a interessare anche il comparto della meccanica di precisione, l’elettronica e, in parte, la manifattura tessile. Secondo il bollettino economico della BCE pubblicato nel secondo trimestre 2025, “le aziende europee operanti nei segmenti ad alta intensità di lavoro e a basso valore aggiunto risultano particolarmente esposte al rischio di sostituzione da parte di fornitori cinesi”.

A destare preoccupazione è anche l’effetto domino su altri segmenti della filiera: la riduzione di domanda in un comparto strategico come l’auto, ad esempio, si riflette sull’intero indotto, dai fornitori di componentistica fino ai servizi connessi.

Transizione difficile e rischi sistemici

Secondo la BCE, l’impatto non è solo ciclico, ma strutturale: “La natura persistente di questa pressione competitiva implica che l’occupazione possa non tornare ai livelli pre-crisi in assenza di misure di adattamento strutturale e politiche attive del lavoro”. Ovvero: senza interventi pubblici mirati, la fase di transizione potrebbe rivelarsi lunga e dolorosa.

Inoltre, sottolinea l’istituto, le inefficienze strutturali dei mercati del lavoro nazionali – come la bassa mobilità geografica e settoriale, o la carenza di programmi di riqualificazione efficaci – rischiano di amplificare l’impatto occupazionale negativo. È quindi cruciale un coordinamento tra governi, imprese e istituzioni europee per sostenere il mercato del lavoro e garantire una transizione ordinata.

Le raccomandazioni della BCE

Nell’analisi pubblicata pochi giorni fa, la BCE ribadisce l’urgenza di adottare politiche coordinate per contrastare gli effetti della concorrenza estera. Tra le raccomandazioni principali il sostegno attivo all’occupazione, con programmi di riqualificazione professionale rivolti ai lavoratori provenienti dai settori più colpiti, gli incentivi all’innovazione e alla digitalizzazione, per rafforzare la competitività delle aziende europee e differenziare l’offerta rispetto ai competitor internazionali e la revisione delle politiche commerciali, con una maggiore attenzione agli strumenti di difesa (come misure anti-dumping e controlli sugli investimenti esteri) per proteggere le filiere strategiche.

Non si tratta di protezionismo, precisa la BCE, ma di “adattamento responsabile in un contesto globale mutato”, in cui il ruolo della Cina come superpotenza esportatrice non può più essere ignorato. Il messaggio della Banca Centrale è chiaro: il rischio non è solo occupazionale, ma anche politico e sociale. L’impatto della concorrenza cinese rischia di alimentare frustrazione, disuguaglianze e polarizzazione, in particolare tra le fasce di popolazione più esposte. Per questo, la sfida va affrontata con una visione di lungo periodo che integri politiche industriali, formative e sociali, con l’obiettivo di costruire un’economia europea più resiliente e meno vulnerabile agli shock esterni.