Oro e tariffe. Trump cambia idea e rassicura: il mercato non è danneggiato dai nuovi dazi, avete capito male

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Chiarezza dopo giorni di tensione: l’oro resta esente, prezzi in rialzo ma stabili

Negli ultimi giorni il mercato dell’oro è stato scosso da un’interpretazione ambigua delle normative doganali statunitensi, che aveva lasciato intendere possibili dazi sui lingotti da un chilo e da 100 once, formati centrali per il commercio internazionale del metallo prezioso. L’ipotesi aveva generato nervosismo tra investitori e operatori, con timori di ripercussioni sui rapporti commerciali, in particolare con la Svizzera, principale fornitore di oro per gli Stati Uniti. Logicamente erano previsti rialzi immediati dei prezzi, ma non è così.

Il 31 luglio una lettera delle autorità doganali aveva innescato l’allarme, suggerendo l’inclusione di determinati formati di lingotti nella lista dei beni soggetti a tariffe. Una prospettiva che avrebbe potuto minare la stabilità del mercato e colpire uno dei tradizionali beni rifugio in periodi di incertezza economica. La reazione è stata immediata: l’oro per consegna a dicembre al Comex di New York ha superato la soglia dei 2.000 dollari l’oncia, sostenuto sia dalle speculazioni sui dazi, sia da un contesto geopolitico complesso.

L’intervento di Trump: “Nessun dazio sull’oro”

In questo clima di incertezza, il presidente Donald Trump è intervenuto via Truth Social per fugare ogni dubbio: “L’oro non sarà soggetto a dazi”. Una frase secca, ma sufficiente a rassicurare i mercati e a invertire la narrativa degli ultimi giorni. La Casa Bianca ha confermato che è in preparazione un’ordinanza esecutiva per chiarire formalmente la classificazione doganale dei lingotti e blindare l’esenzione dalle nuove imposizioni tariffarie.

Il messaggio politico è chiaro: il metallo giallo resta fuori dal perimetro della guerra dei dazi lanciata da Washington, che invece colpisce in modo mirato altri settori strategici. L’obiettivo è duplice: proteggere un asset considerato fondamentale per la stabilità finanziaria e scongiurare ritorsioni commerciali da parte dei partner chiave.

Reazioni dei mercati e prospettive

Dopo le dichiarazioni di Trump, la volatilità si è attenuata. Pur restando su livelli elevati, i prezzi dell’oro hanno mostrato maggiore stabilità, confermando la fiducia degli investitori nella sua funzione di bene rifugio. Gli operatori sottolineano che la rassicurazione presidenziale ha evitato un possibile shock di fiducia, che avrebbe potuto ripercuotersi non solo sul mercato aurifero, ma anche sul sentiment generale delle commodity.

Gli analisti restano tuttavia cauti: sebbene il rischio immediato di dazi sia rientrato, la vicenda ha evidenziato quanto il mercato sia sensibile alla comunicazione politica e alla coerenza normativa. La gestione delle informazioni da parte delle autorità doganali in questo caso ha alimentato l’incertezza mentre rest cruciale per mantenere la credibilità e la stabilità.

Oro e tariffe: il nodo delle relazioni internazionali

La Svizzera, che già fronteggia una pressione tariffaria del 39% su altri prodotti, segue con attenzione gli sviluppi. Un cambio di rotta improvviso sui lingotti avrebbe potuto compromettere un flusso commerciale di alto valore e consolidare tensioni in altri settori. Per ora, il segnale distensivo di Trump è stato accolto come un passo importante per preservare relazioni economiche strategiche.

Il caso “dazi sull’oro” si chiude, almeno per ora…  con una rassicurazione presidenziale che ha protetto un mercato chiave da un potenziale shock. Il messaggio è che l’oro, simbolo di stabilità, resta immune dalla politica tariffaria aggressiva di Washington. Gli investitori possono tirare un sospiro di sollievo, ma la lezione è chiara: in un contesto globale instabile, la trasparenza e la rapidità di comunicazione governativa sono fondamentali per evitare scosse inutili ai mercati.