GAM: Cinque motivi per essere ottimisti sulle azioni dei mercati emergenti

Ygal Sebban, Investment Director, Azionario Mercati Emergenti di GAM -

I mercati emergenti sono stati a lungo considerati vulnerabili ai rischi specifici dei singoli paesi. Oggi, tuttavia, stanno dimostrando una maggiore disciplina macroeconomica e una maggiore resilienza, soprattutto in un contesto in cui i mercati sviluppati devono affrontare crescenti pressioni fiscali e un rallentamento della crescita. Si prevede che entro il 2035 i mercati emergenti contribuiranno per circa il 65% alla crescita economica globale e che nove di essi figureranno tra le 20 maggiori economie mondiali[1]. La loro salute fiscale è notevolmente più solida, con un rapporto medio tra debito pubblico e PIL appena superiore al 60%, rispetto a oltre il 100% dei mercati sviluppati[2]. Questo cambiamento evidenzia il crescente appeal dei mercati emergenti.

  1. Valutazioni interessanti: un punto di ingresso convincente I mercati emergenti stanno registrando una ripresa dopo anni di sottoperformance. Nell’ultimo decennio, le azioni dei mercati emergenti hanno sottoperformato quelle dei mercati sviluppati di oltre il 50%[3], ma il 2025 segna l’inizio di una fase di recupero, sia in termini di performance che di valutazioni. Le azioni dei mercati emergenti continuano a essere scambiate a livelli storicamente bassi, offrendo un punto di ingresso interessante rispetto ai mercati sviluppati, che rimangono valutati in modo elevato. Storicamente, gli sconti sulle valutazioni dei mercati emergenti riflettevano aspettative di crescita più modeste. Oggi, tuttavia, i mercati emergenti stanno registrando una dinamica di crescita più forte rispetto a quelli sviluppati, ma ciò non si riflette nei prezzi. Questo divario suggerisce un significativo potenziale di rialzo, poiché le valutazioni attuali non riescono a cogliere il miglioramento dei fondamentali dei mercati emergenti. Sebbene i mercati emergenti siano eterogenei, la maggior parte di essi registra sconti significativi rispetto alla propria storia e ai propri omologhi globali. L’India rappresenta un’eccezione, con valutazioni leggermente superiori alla media storica, ma non eccessivamente elevate. Nel frattempo, le azioni statunitensi continuano a registrare un premio sostanziale, sia rispetto ai mercati emergenti che ai propri standard storici.
  2. Gli stimoli alla crescita della Cina aggiungono slanci La Cina rimane un motore fondamentale della spinta dei mercati emergenti, con un obiettivo di crescita del PIL del 5% nel 2025.[4] La prima metà dell’anno ha registrato una performance solida, sostenuta da esportazioni robuste, alcune delle quali anticipate in vista dei cambiamenti previsti nel commercio. Ancora più importante, la crescita è stimolata attivamente da politiche monetarie e fiscali accomodanti. L’attività creditizia è in ripresa e i tassi di interesse rimangono bassi, incoraggiando i flussi di capitale verso le azioni e sostenendo un’espansione più ampia. Sebbene permangano i rischi per il commercio globale, in particolare quelli legati ai dazi, le prospettive sono più equilibrate del previsto. Anche le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina sembrano stabilizzarsi.
  3. I tagli dei tassi della Fed favoriscono i mercati emergenti Storicamente, durante i cicli di riduzione dei tassi da parte della Fed, le azioni dei mercati emergenti hanno registrato performance superiori a quelle dei mercati sviluppati. Sebbene vi siano delle eccezioni, come la crisi finanziaria asiatica e il periodo Covid caratterizzato da un’aggressiva politica di quantitative easing, la tendenza è rimasta generalmente invariata. Con l’inizio previsto della riduzione dei tassi da parte della Fed nel settembre 2025, questo ciclo potrebbe nuovamente fungere da catalizzatore per la sovraperformance dei mercati emergenti. Il calo dei tassi statunitensi allenta le condizioni finanziarie globali, offrendo alle banche centrali dei mercati emergenti maggiore flessibilità per ridurre i propri tassi. Infatti, 17 paesi emergenti su 19 hanno già proceduto a tagli dei tassi, sostenendo la crescita interna e la performance dei mercati azionari.
  4. La debolezza del dollaro sostiene la performance dei mercati emergenti L’atteso indebolimento del dollaro rappresenta un altro catalizzatore fondamentale per i mercati emergenti. Storicamente, i titoli azionari dei mercati emergenti hanno mostrato una forte correlazione inversa con il dollaro e, con la probabile inizio della fase di riduzione dei tassi da parte della Fed, la pressione al ribasso sul dollaro è destinata a continuare. Questa tendenza è determinata non solo dalla politica monetaria, ma anche dai timori sulla sostenibilità del deficit fiscale statunitense, che attualmente si attesta a quasi 2.000 miliardi di dollari all’anno, con una spesa di quasi 7.000 miliardi di dollari a fronte di entrate pari a circa 5.000 miliardi di dollari[5].Un dollaro più debole sostiene la performance dei mercati emergenti in diversi modi: aumenta la competitività commerciale, attira flussi di capitale e rafforza le valute dei mercati emergenti. Molti paesi emergenti offrono inoltre tassi di interesse reali elevati, che rendono ancora più attraenti le loro valute. Le valutazioni rimangono interessanti. Le azioni dei mercati emergenti sono scambiate con uno sconto significativo rispetto alle controparti statunitensi, anche tenendo conto della composizione settoriale. In combinazione con prospettive di crescita più solide, in particolare in Cina, e cicli dei tassi favorevoli, il contesto macroeconomico potrebbe favorire una sovraperformance dei mercati emergenti.
  5. Il rinnovato afflusso di investitori segnala un punto di svolta Dopo che i deflussi annuali sono scesi da 132 miliardi di dollari nel 2023 a 83 miliardi nel 2024[6], le azioni dei mercati emergenti stanno iniziando a registrare un rinnovato interesse da parte degli investitori. Negli ultimi mesi, circa 31 miliardi di dollari sono tornati verso le azioni dei mercati emergenti, segnando un potenziale punto di svolta. Questa ripresa arriva in un momento in cui le allocazioni nei mercati emergenti rimangono significativamente sottopesate nei portafogli globali, suggerendo un ampio margine per ulteriori afflussi. Ciò crea quella che molti definiscono una “pain trade”: gli investitori che hanno perso il rally sono ora sotto pressione per rientrare, poiché i mercati emergenti continuano a sovraperformare. Il quadro è interessante: le azioni dei mercati emergenti hanno valutazioni attraenti dopo anni di ritardo, i tassi di interesse sono in calo sia nei mercati emergenti che negli Stati Uniti e la crescita dei mercati emergenti sta superando quella dei mercati sviluppati. È importante sottolineare che questi fondamentali non sono ancora pienamente riflessi nelle valutazioni. In combinazione con il continuo stimolo dalla Cina e un contesto macroeconomico favorevole, le ragioni a favore dei mercati emergenti rimangono solide. I mercati emergenti sono convenienti, sottopesati e ben posizionati per ulteriori rialzi. I mercati emergenti stanno entrando in una nuova fase di opportunità. Grazie al miglioramento dei fondamentali macroeconomici, alle valutazioni interessanti, ai cicli politici favorevoli e al rinnovato interesse degli investitori, i mercati emergenti sono ben posizionati per sovraperformare. Mentre i mercati sviluppati devono affrontare crescenti pressioni fiscali e politiche, la resilienza e il dinamismo dei mercati emergenti risaltano in modo evidente. Per gli investitori alla ricerca di crescita, diversificazione e valore a lungo termine, i mercati emergenti offrono una proposta interessante, trainata dalla domanda interna, dall’innovazione e dalle riforme strutturali.