Italia al penultimo posto in Europa per numero di laureati: un campanello d’allarme
Il tasso di istruzione terziaria tra i più bassi dell’UE, con gravi ricadute su competitività e innovazione
— Trendiest Media Agenzia di stampa —
L’Italia si conferma tra i Paesi con meno laureati in Europa, superata solo dalla Romania. Secondo i dati Eurostat 2025, appena il 31,6% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario, contro una media UE ben più alta. Una distanza che non solo riflette le difficoltà del sistema educativo italiano, ma solleva interrogativi sulla capacità del Paese di affrontare le sfide del mercato del lavoro e della competizione globale.
Un sistema che non regge il confronto europeo
Il divario con altri Stati membri è netto: in Irlanda il 65,2% dei giovani ha un titolo universitario, in Lussemburgo il 63,8% e a Cipro il 60,1%. L’Italia resta ferma a percentuali tra le più basse, poco sopra la sola Romania (23,2%) e quasi appaiata all’Ungheria (32,3%). Questo gap evidenzia una fragilità strutturale che si traduce in una crisi di competenze, accentuata dall’invecchiamento della popolazione e da un numero crescente di giovani che scelgono percorsi di studio e carriera all’estero.
Le cause di un declino strutturale
Gli esperti individuano più fattori: scarsi investimenti pubblici nell’istruzione superiore, programmi poco aggiornati rispetto alle esigenze del mercato, ridotta valorizzazione delle lauree professionalizzanti. A ciò si aggiunge un “esodo di cervelli” che impoverisce ulteriormente il tessuto produttivo e accentua il divario con i Paesi che investono in formazione avanzata.
Impatti su economia e innovazione
La carenza di laureati frena la crescita economica e riduce la competitività. Senza un numero sufficiente di professionisti altamente qualificati, le aziende faticano a innovare, soprattutto nei settori strategici come tecnologia, ricerca e transizione sostenibile. Le PMI e le startup italiane soffrono particolarmente questa mancanza, spesso costrette a cercare talenti all’estero o a rinunciare a progetti di sviluppo. Il quadro mina anche la capacità dell’Italia di rispettare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU, in particolare il Goal 4 sull’accesso a un’istruzione di qualità.
Le possibili soluzioni
Invertire la rotta richiede interventi concreti: più investimenti nelle università e nelle infrastrutture formative; riforma dei programmi di studio, allineandoli alle nuove tecnologie e alle competenze richieste dal lavoro; collaborazioni più strette tra atenei e imprese, con tirocini e percorsi di formazione pratica; valorizzazione delle lauree professionalizzanti e dei percorsi tecnici, capaci di garantire sbocchi immediati; orientamento e tutoraggio mirati per ridurre l’abbandono e guidare gli studenti nelle scelte accademiche.
Solo un piano strategico condiviso, che riporti l’istruzione al centro delle politiche pubbliche, può evitare che l’Italia rimanga intrappolata in un circolo vizioso di bassa istruzione, scarsa occupabilità e ridotta capacità competitiva.
Fonti: Eurostat, Sustainable Development Goals – UN.
Dati principali sull’istruzione terziaria (laurea o titolo equivalente, ISCED 5-8) in Europa per la fascia di età 25-34 anni:
Tasso medio nell’Unione Europea
Nel 2024, la percentuale media dei giovani tra 25 e 34 anni in possesso di un titolo terziario è stata del 44,1%. Nel 2023, il dato era del 43%, in aumento di 1 punto rispetto al 2022 (42 %) e ancora sotto l’obiettivo UE del 45 % entro il 2030.
Paesi con tassi più elevati (2024): Irlanda: 65,2 %, Lussemburgo: 63,8 %, Cipro: 60,1 %.
Paesi con tassi più bassi: Romania: ~23 %, Ungheria: circa 29 % (nel 2023 era 29 %), Italia: 31 % nel 2023, saliti al 31,6 % nel 2024

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