Shanghai Cooperation Organisation (SCO). Le opportunità e ciò che sta cambiando: non è più un forum regionale
La SCO al bivio: un’espansione che parla di potere, non solo sicurezza
Nata con l’obiettivo originario di garantire un coordinamento in materia di sicurezza promosso da Russia e Cina, la Shanghai Cooperation Organisation è oggi molto più che un forum regionale. Dal 2017 in poi, con l’ingresso di membri come India, Pakistan, Iran, e, nel 2024, del Belarus, la SCO si è trasformata: rappresenta oggi circa il 40% della popolazione mondiale e quasi un quarto del PIL globale. Negli ultimi mesi è emerso con chiarezza che la sua agenda si sta spostando significativamente verso il commercio, l’economia, e il tentativo di costruire un’alternativa più credibile, almeno per certi Paesi, al sistema internazionale dominato dall’Occidente.

Le novità di settembre: summit di Tianjin, iniziative economiche e la retorica del “nuovo ordine”
Il Summit della SCO a Tianjin (31 agosto–1 settembre) è stato particolarmente significativo: la più grande riunione fino ad oggi, con la partecipazione di oltre venti capi di Stato e di governo.
Tra le proposte più rilevanti:
La Global Governance Initiative lanciata da Pechino, che mira a consolidare la SCO come una piattaforma di cooperazione globale, non solo regionale.
L’idea di una Development Bank della SCO, destinata a finanziare infrastrutture, progetti energetici e iniziative economiche fra gli Stati membri, riducendo la dipendenza dal dollaro.
Nuove iniziative nel settore energetico: Pechino ha promesso investimenti in fonti rinnovabili (solare e vento) per le nazioni della SCO e ha rilanciato il progetto del gasdotto “Power of Siberia-2”.
Nel corso del summit, Xi Jinping ha usato toni più diretti contro quella che ha definito la “mentalità da guerra fredda”, promuovendo la sovranità nazionale, l’uguaglianza fra Stati, e criticando comportamenti “prepotenti” di alcune potenze nel sistema internazionale. Vladimir Putin, da parte sua, ha continuato a denunciare misure che secondo Mosca sarebbero coercitive da parte dell’Occidente.
Percezioni internazionali: entusiasmo, scetticismo, e limiti interni
Nei media globali si leggono opinioni divergenti: da un lato, molti osservatori vedono nella SCO (e nel summit di Tianjin) un segnale della crescita dell’influenza cinese e russa, e un riflesso del vuoto politico lasciato dalle politiche estere statunitensi sotto l’amministrazione Trump. Altri analisti, però, invitano alla cautela.
India
Nonostante la presenza al summit di Tianjin e un’immagine pubblica più distesa con Pechino, l’India mantiene una posizione cauta: Modi ha insistito che la connettività infrastrutturale non debba violare la sovranità nazionale, un’allusione implicita alle preoccupazioni verso la Belt and Road Initiative.
In molte analisi si sottolinea come il successo retorico e mediatico della SCO, seppure significativo, non si sia ancora tradotto in integrazione profonda, istituzionale o economica; non esiste ancora una unione doganale, né un regime commerciale vincolante. Le divergenze fra membri in sicurezza, politica estera, priorità nazionali restano.
Significato per l’ordine globale: alternativa reale o spettacolo simbolico?
Un tema ricorrente fra esperti internazionali è se la SCO stia diventando un modello alternativo di governance globale, o se resti principalmente una piattaforma simbolica costruita per scopi diplomatici e propagandistici.
Secondo molti, la SCO mostra la capacità di Mosca e Pechino di proiettarsi come poli centrali in un sistema multipolare, utilizzando strumenti come progetti infrastrutturali, prestiti, accordi energetici per costruire autonomia e influenza. Ma altri sostengono che il vero test per la SCO sarà la capacità di andare oltre il dialogo: realizzare progetti concreti, funzionanti e reciprocamente vantaggiosi per tutti i membri, non solo quelli più potenti. Pure la coesistenza di Stati con rivalità storiche (India-Pakistan, tensioni di confine India-Cina, ecc.) pone limiti operativi.
Nel bagaglio di settembre 2025, la SCO emerge come un attore che vuole essere molto di più di un’alleanza regionale: aspirazioni economiche, impegno sulla governance globale, uso strategico della diplomazia, presenza in settori critici come energia e infrastrutture.
Tuttavia, restano da risolvere due aspetti chiave. La coerenza fra le capacità reali e le ambizioni, ovvero trasformare le promesse (sviluppo, banca, iniziative economiche) in strumenti operativi, con trasparenza, sostenibilità e rispetto per le diversità politiche degli Stati membri. Il bilanciamento interno delle divergenze fra membri con nazioni grandi e piccoli, con storie di conflitti, priorità geopolitiche diverse. Se la SCO vorrà diventare un modello duraturo, dovrà dimostrare di saper mediare e che l’essere “alternativa” non significhi una deriva autoritaria o unilaterale.
In definitiva, le analisi internazionali colgono nella SCO un fenomeno in rapida evoluzione: una struttura che cerca di ridefinire la sua funzione in un mondo che sta cambiando, offrendo per molti Paesi un’alternativa che appare oggi tanto necessaria quanto ambigua.

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