AcomeA SGR – Argentina, il “whatever it takes” del Tesoro USA

Daniele Bivona, Portfolio Manager, AcomeA Global Bond e AcomeA Performance -

L’Argentina ha appena vissuto il suo momento “whatever it takes”. L’intervento del Segretario al Tesoro USA Scott Bessent rappresenta il sostegno più significativo a un governo dell’America Latina dai tempi del salvataggio del Messico nel 1995. Non si tratta di un gesto simbolico, ma di un pacchetto senza precedenti: al centro vi è una swap line da 20 miliardi di dollari affiancata da tre ulteriori potenziali backstop. Primo, l’attivazione di una linea standby tramite l’Exchange Stabilization Fund (ESF), che dispone di altri 20 miliardi di dollari in risorse liquide. Secondo, la possibilità di acquisti diretti di titoli di Stato argentini, sia sul mercato secondario per sostenere valutazioni e fiducia degli investitori, sia sul primario per finanziare direttamente il Tesoro. Terzo, l’impegno post-elettorale ad assistere nel roll-over delle scadenze di capitale, segnale che l’appoggio USA guarda non solo al breve, ma anche alla sostenibilità del debito nel medio termine. C’è anche una chiara motivazione geopolitica: oggi l’Argentina è uno dei pochi partner ideologicamente allineati con Washington in America Latina, in un contesto regionale segnato da tensioni con Brasile, Colombia e Messico e da governi progressisti in Cile e Uruguay. In questo quadro Buenos Aires emerge, insieme a paesi come Ecuador ed El Salvador, come un nodo strategicamente amichevole.

La reazione dei mercati

I mercati hanno reagito con forza: il BCS (Blue Chip Swap, proxy di mercato per il vero valore del peso argentino) si è apprezzato di circa il 10%, i bond globali hanno recuperato oltre il 70% delle perdite post-PBA, segnando un rally di circa il 30%; e la curva Boncer (titoli indicizzati all’inflazione locale) mostra segnali di normalizzazione, con i rendimenti reali sulla parte breve passati da punte vicine al 50% pre-annuncio ai minimi attuali del 16–18%.

Anche i titoli di stato nominali hanno registrato movimenti estremi, con ad esempio i rendimenti dei Lecap 2026 crollati dal 98% al 48% e i Boncap 2026 dall’89% al 53%. Sui nostri fondi siamo usciti dal paese a fine 2024 dopo aver monetizzato un rally sulla curva in USD di oltre il 50%, evitando l’euforia dell’ultimo trimestre e riducendo l’esposizione prima della correzione. Dopo le elezioni provinciali e il conseguente sell-off, siamo rientrati tatticamente sui Boncer e sulla parte lunga della curva in dollari, dove la normalizzazione della curva e tassi reali interessanti continuano a offrire opportunità tattiche di carry e compressione degli spread.

Elezioni di ottobre: banco di prova

Le elezioni del 26 ottobre saranno il banco di prova per l’Argentina: bisognerà vedere se prevarrà la stabilità valutaria e la credibilità nel servizio del debito resa possibile dal backstop USA – ma il governo dovrà trasformare rapidamente la calma macro in sollievo micro-economico per conquistare voti – o la tradizione nazionalista e anti-imperialista che i peronisti stanno cavalcando con slogan come “Patria sì, colonia no”, dipingendo Milei come un uomo di Washington. Ma oltre al voto, il vero discrimine sarà la capacità del governo di ricostruire le riserve e introdurre maggiore flessibilità nel regime di cambio: se questa finestra verrà utilizzata per rafforzare i buffer esterni, il sostegno americano potrà funzionare come un bazooka alla Draghi, più efficace come deterrente di mercato che come linea di liquidità da consumare quotidianamente.

Se invece il backstop sarà impiegato per difendere un livello di cambio sopravvalutato, si rischia di ripetere l’errore del 2018-19, con miliardi spesi per rinviare l’aggiustamento senza affrontare i nodi strutturali. In ultima analisi, il sostegno USA potrà essere la leva per un vero cambio strutturale dell’economia argentina, oppure ridursi a semplice morfina che anestetizza il sistema rinviando l’inevitabile aggiustamento.