Congelamento e possibili utilizzi degli asset russi. Le posizioni prevalenti in Europa
Nel corso della guerra russa contro l’Ucraina, l’Unione europea ha immobilizzato asset russi su larga scala: la stima è di circa €210 miliardi di riserve della Bank of Russia bloccate in Europa. In particolare, la normativa europea del 21 maggio 2024 ha stabilito che i profitti «extra-ordinari» derivanti da questi asset possono essere utilizzati a favore dell’Ucraina.
Ad esempio, nel luglio 2024 è stato trasferito alla Ucraina un primo contributo di circa €1,5 miliardi provenienti da questi rendimenti. Tuttavia, l’uso diretto dei capitali degli asset congelati, ossia la vera e propria patrimonializzazione delle riserve russe, resta fortemente dibattuto e non approvato in modo unanime.

I paesi favorevoli a un utilizzo estensivo
Paesi dell’Europa orientale (come Polonia, Paesi Baltici) spingono per un uso più radicale: non solo i rendimenti, ma l’utilizzo degli asset stessi, come risarcimento all’Ucraina per danni di guerra. L’idea è che, dopo l’aggressione russa, la Russia abbia perso il diritto a trattare queste riserve come proprie.
I Paesi cauti o contrari
Altri Paesi (in particolare Belgio, ma anche Francia e Germania) si mostrano molto cauti: motivazioni giuridiche (diritto internazionale, tutela delle riserve sovrane), rischi finanziari (es. affidabilità del sistema dei depositi centrali, credibilità del sistema finanziario europeo) e timori di ritorsioni da Mosca. In Belgio, dove è ubicata la grande entità di deposito Euroclear che detiene la maggior parte delle riserve russe congelate, primeggia la preoccupazione per la possibile responsabilità legale e finanziaria.
Un compromesso possibile
Una delle proposte al vaglio è quella di un «prestito di riparazione» all’Ucraina (ad esempio di circa 140 miliardi di euro) garantito dagli asset congelati, ma che non implichi una confisca immediata del capitale. Durante il vertice europeo più recente non si è arrivati ad un accordo definitivo: è stato chiesto alla Commissione europea di elaborare opzioni più dettagliate entro dicembre.
La posizione dell’Italia
L’Italia ha fino ad oggi mostrato una posizione mediamente prudente. Ad esempio, le autorità italiane hanno congelato asset russi per circa 2,3 miliardi € riferiti a oligarchi russi. Il discorso della premier Giorgia Meloni rappresenta una certa apertura: «È noto che stiamo discutendo … di ulteriori possibili misure relative ai beni congelati russi, rispetto alle quali tuttavia riteniamo, e non siamo i soli, che sia necessario rispettare il diritto internazionale e il principio di legalità».
Questo sottolinea che l’Italia non è contraria in assoluto, ma pone il rispetto delle norme come condizione imprescindibile.
In altre parole: l’Italia favorisce un utilizzo, ma non al di là di ciò che è giuridicamente sostenibile e compatibile con il sistema europeo.
Nel dibattito interno italiano, tale prudenza si spiega anche con la forte esposizione italiana sul fronte energetico e commerciale, oltre che con il rapporto con la Russia nel passato: la necessità di non compromettere la stabilità finanziaria europea, né la credibilità dell’Italia nei mercati.
Come la grande stampa finanziaria commenta la vicenda
Il quotidiano britannico The Guardian ha osservato che «i leader dell’UE non sono riusciti a trovare un accordo sull’uso degli asset russi congelati per finanziare la difesa dell’Ucraina» e che la proposta originaria è stata riscritta in modo da «chiedere alla Commissione di esplorare opzioni» piuttosto che dare il via subito.
Il francese Le Monde ha sottolineato come «la pressione cresce sui Paesi europei affinché confiscano i 210 miliardi euro di riserve russe congelate», ma ha evidenziato che «Francia e Germania preferiscono trattenere gli asset come leva negoziale, citando rischi legali e finanziari».
Il quotidiano inglese Financial Times ha messo in guardia rispetto al rischio che un’azione troppo repentina possa «minare la fiducia globale nel sistema finanziario europeo e nell’euro» (in riferimento alla vulnerabilità del deposito centrale europeo che ospita gran parte degli asset).
Al Jazeera segnala che la strategia «è di usare i rendimenti degli asset russi», ma che «l’uso diretto del capitale è bloccato da questioni legali, finanziarie e politiche».
Nel complesso, i commentatori sottolineano tre grandi rischi:
Legale – la proprietà sovrana delle riserve della Banca di Russia e il principio della tutela degli investimenti.
Finanziario – la potenziale destabilizzazione dei depositi centrali europei, la credibilità dell’euro e delle infrastrutture finanziarie (come Euroclear).
Politico-geopolitico – la reazione della Russia, l’effetto boomerang nelle relazioni internazionali e la possibile escalation della guerra finanziaria.
Quali sono le prossime tappe e le incognite
Il prossimo summit europeo, in calendario in dicembre, è chiamato a valutare il pacchetto di opzioni proposte dalla Commissione. Il quadro legale rimane incerto: la distinzione fra rendimento generato dagli asset e impiego del capitale principale è fondamentale. L’Italia dovrà decidere se schierarsi in modo più attivo nella traiettoria favorevole all’utilizzo estensivo oppure mantenere la linea di cautela. Il ruolo del deposito europeo Euroclear (con sede in Belgio) è centrale: la posizione del Belgio può fare da freno o da acceleratore. Infine, la reazione russa resta un’incognita significativa: la Russia ha già avvertito che misure del genere sarebbero considerate “furto” e meriterebbero “misure dure”.
In sintesi, il pacchetto sanzionatorio che prevede l’utilizzo degli asset russi congelati per sostenere l’Ucraina rappresenta un cambiamento potenzialmente storico della politica europea, con l’intento di trasformare risorse inattive in leva finanziaria per la difesa e la ricostruzione.
Tuttavia, la divergenza tra chi vuole un’azione rapida e forte (Europa orientale, fazione “utilizziamo tutto”) e chi richiede cautela per motivi legali/finanziari (Belgio, Germania, Francia) è ancora forte. L’Italia, pur partecipando attivamente al fronte sanzionatorio, mostra una prudenza che rispecchia il suo doppio ruolo tra solidarietà all’Ucraina e tutela dei propri interessi economici e finanziari.
La grande stampa finanziaria vede il piano come potente ma anche rischioso: giusto dal punto di vista morale, ma complesso sotto il profilo tecnico-giuridico e con potenziali effetti collaterali nel sistema finanziario europeo.

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