Crescita solida, consumi resilienti: prosegue il momentum dei mercati

François Rimeu, Senior Strategist di Crédit Mutuel AM -

Il periodo estivo è stato favorevole per tutti gli asset rischiosi. Sono diversi i fattori che spiegano questo trend positivo iniziato a fine aprile: miglioramento delle prospettive di crescita, minor incertezza legata ai dazi, una politica monetaria più accomodante da parte delle banche centrali e investitori che, dallo shock del Liberation Day ad oggi, hanno investito meno. Ora dobbiamo chiederci se questi fattori favorevoli siano ancora in essere o se il verificarsi di alcuni eventi potrebbe compromettere questa tendenza.

Rispetto alla crescita, le previsioni stanno migliorando gradualmente, con consumi rimasti forti negli USA e una buona resilienza dimostrata dagli indicatori dell’Eurozona. Rimangono ancora alcuni dubbi circa la velocità dell’attuazione del piano di investimenti tedesco ma è difficile che la tendenza possa invertirsi. L’aumento dell’euro e la riduzione dei prezzi energetici degli ultimi mesi, dopo tre anni di prolungata debolezza economica, continuano a sostenere i settori europei della manifattura.

Negli Stati Uniti il problema principale è come evolveranno i consumi nel corso dei prossimi mesi. Si prevede che l’inflazione in crescita, unita a un mercato del lavoro in cui la domanda si sta indebolendo, porti a un calo dell’inflazione sui salari reali nel medio termine. Questo eserciterebbe una pressione al ribasso sui consumi. Dobbiamo ricordare due aspetti che appaiono cruciali.

In primo luogo, oltre alla domanda di lavoro più debole, dovremmo considerare che anche l’offerta di lavoro sta diminuendo in modo marcato. Le ultime previsioni della Fed di Saint Louis mostrano che non occorrono che tra i 32 mila e gli 82 mila nuovi posti di lavoro al mese per mantenere stabile il tasso di disoccupazione (le proiezioni di immigrazione inferiore comportano stime inferiori di crescita occupazionale di pareggio). Si prevede che la riforma sul visto H-1B (il visto temporaneo per non immigrati che permette ad aziende statunitensi di impiegare lavoratori altamente specializzati per brevi periodi) accentui ulteriormente questo fenomeno.

Il secondo aspetto da ricordare è che i consumi americani dipendono in misura sempre maggiore dalle famiglie più abbienti e sono queste che beneficiano appieno dalla crescita degli asset finanziari. Parte della popolazione americana subirà il calo dei salari reali ma, da un punto di vista puramente economico, questo potrebbe non avere un impatto tangibile sui consumi fintanto che l’effetto ricchezza rimane così positivo. Di conseguenza, riteniamo che i consumi USA possano ancora una volta sorprendere gli scettici dimostrando più dinamicità di quanto atteso.

D’altro canto, questa diminuzione dell’offerta di lavoro avrà effetti negativi di lungo termine sulla possibile crescita ma è ancora troppo presto per preoccuparsene.

La politica dei dazi dell’amministrazione americana resta di difficile lettura, come evidenziato dall’attuazione di dazi aggiuntivi del 50% sull’arredamento per cucine e bagni a partire dal 1° ottobre. Come a giugno, il mercato si è abituato a questa incertezza; finché gli accordi tra le zone principali restano invariati, le reazioni dovrebbero mantenersi misurate.

Le dinamiche inflattive restano le stesse di prima dell’estate: l’inflazione nell’Eurozona è in linea con le attese della BCE e l’inflazione USA è in graduale rialzo. Sul fronte euro, ci aspettiamo dati inferiori alle attese nel medio termine a causa della debolezza dei consumi, degli effetti ritardati dell’aumento dell’euro e del calo dei prezzi del petrolio ma riteniamo non ci sia molto da aspettarsi dalla BCE nei prossimi mesi. Dall’altro lato dell’Atlantico, si prevede che il graduale aumento prosegua ma il rischio sembra leggermente meno importante rispetto a prima dell’estate. Infatti, gli indicatori anticipatori hanno mostrato di recente un calo del rischio inflattivo. Si tratta di buone notizie per la Fed ma le notizie sui margini societari sono meno positive. Le aziende stanno denunciando difficoltà nel trasferire gli aumenti di prezzo al consumatore finale.

Sul mercato obbligazionario, considerando le dinamiche di crescita, giudichiamo ottimistiche le attese di taglio dei tassi da parte della Fed ma è difficile prevedere come evolverà l’equilibrio dei poteri tra l’esecutivo e la Federal Reserve. Per il momento la Corte Suprema ha deliberato a favore di Lisa Cook ma si pronuncerà di nuovo in materia a gennaio.

Sul fronte geopolitico, si stanno gradualmente acuendo le tensioni tra la Russia e i suoi vicini più stretti. È impossibile prevederne il risultato ma, al momento, è un rischio che i mercati non stanno prezzando quasi per nulla. Il rischio di un brusco peggioramento in un senso o nell’altro ci sembra maggiore oggi rispetto a prima dell’estate.

Conseguentemente il contesto non è molto diverso rispetto a prima dell’estate e le nostre allocazioni sono quindi abbastanza simili. Un leggero sovrappeso dell’azionario, ora con una preferenza per i mercati emergenti o la Cina più che per gli USA, a causa delle valutazioni tirate. Perfino con previsioni sui profitti assai ottimistiche, la possibilità di rialzo ci sembra piuttosto bassa. Per questo motivo stiamo prendendo profitto sui titoli USA, dopo i forti guadagni degli ultimi tre mesi. A proposito dell’azionario in euro, restiamo positivi sulle banche e i titoli industriali. Nel mercato obbligazionario, manteniamo cautela sulla parte finale della curva per la mancanza di serietà di bilancio da parte delle principali economie e una posizione neutrale sugli spread di credito a causa dei livelli nuovamente poco interessanti. Preferiamo i titoli di Stato europei a quelli statunitensi. E, come facciamo da ormai oltra un anno, continuiamo ad avere una view positiva sull’oro.

In conclusione, non vediamo grandi cambiamenti sul mercato ma le valutazioni si stanno gradualmente contraendo. Sul fronte geopolitico, il rischio di un peggioramento dei rapporti tra la Russia e i Paesi confinanti sembra essere in aumento ma, a controbilanciare questo, continua il sostegno fiscale e monetario. Negli Stati Uniti, se lo shutdown dovesse protrarsi potrebbe portare a una volatilità leggermente superiore.