In California netta posizione dello Stato contro i produttori di sacchetti di plastica “riciclabili” solo in apparenza

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Tra politiche ambientali e lotta al greenwashing. L’inchiesta statale e le reazioni internazionali

Lo Stato della California ha annunciato un passo significativo nella sua battaglia contro l’inquinamento da plastica: Rob Bonta, Attorney General californiano, ha reso noto di aver concluso un’investigazione che ha riguardato i produttori di sacchetti di plastica, verificando se le affermazioni secondo le quali i prodotti fossero “riciclabili in California” fossero veritiere. Nel dettaglio, la California ha raggiunto un accordo con quattro produttori (Revolution Sustainable Solutions LLC, Metro Poly Corp., PreZero US Packaging LLC e Advance Polybag Inc.) che, con il patteggiamento, si sono impegnati secondo Reuters a cessare la vendita di tali sacchetti in California e a versare complessivamente circa 1,75-1,8 milioni di USD in multe e costi legali.  Parallelamente è stata anche avviata una causa legale contro altri tre grandi produttori (Novolex Holdings LLC, Inteplast Group Corp. e Mettler Packaging LLC) per violazioni in materia ambientale, pubblicità ingannevole e concorrenza sleale.

Le ragioni dell’intervento

L’iniziativa dello Stato californiano si fonda su una legge che risale al 2014 (la Senate Bill 270) la quale vietava i sacchetti di plastica leggeri monouso nei negozi e ammetteva a determinate condizioni sacchetti “più spessi, riutilizzabili e riciclabili”.
Tuttavia, secondo l’ufficio del procuratore, i produttori coinvolti non sono stati in grado di dimostrare che i sacchetti venduti fossero effettivamente riciclabili nelle strutture della California: su 69 impianti contattati durante l’investigazione, solo due hanno dichiarato di accettarli e nemmeno essi sono riusciti a confermare che effettivamente venissero riciclati. 
In altre parole, molti prodotti etichettati come “riciclabili” risultavano destinati alle discariche, all’incenerimento o all’ambiente: un chiaro esempio, secondo le autorità, di “greenwashing” industriale.

Le reazioni della stampa internazionale

La testata americana The Wall Street Journal, analizzando la vicenda, ha sottolineato che molte delle etichette con la freccia “chasing arrows” erano prive di fondamento e che i produttori erano “consapevoli da anni” dell’impossibilità di riciclo reale dei sacchetti. D’altro canto, l’agenzia Reuters ha evidenziato come l’accordo con i quattro produttori rappresenti un “colpo significativo” alla filiera della plastica a uso domestico e sottolinea le implicazioni per la normativa ambientale statale: «No corporation is above the law», ha dichiarato Bonta. 
Anche l’organizzazione ambientalista Plastic Pollution Coalition ha salutato la decisione come una «vittoria storica» nella lotta alle false promesse di riciclo, osservando che la California era già all’avanguardia ma che questo intervento chiude una lunga scia di “scappatoie” normative.

Implicazioni e scenari futuri

Da un punto di vista normativo, la California ha già previsto un’ulteriore stretta: la legge Senate Bill 1053, firmata dal governatore Gavin Newsom nel settembre 2024, stabilisce il divieto totale di sacchetti di plastica nei negozi di alimentari a partire dal 1° gennaio 2026. Questa evoluzione rende l’azione contro i produttori non solo preventiva ma anche coerente con una transizione verso politiche plastic-free più ambiziose. Le strutture di raccolta e riciclo devono effettivamente funzionare, altrimenti le etichette “riciclabili” diventano uno strumento potenzialmente ingannevole.

Per i consumatori, la vicenda richiama l’importanza di saper leggere le etichette e di comprendere che “riciclabile” non equivale automaticamente a effettivamente riciclato. La fiducia nei processi industriali e nella catena di riciclo viene messa alla prova.
Questa vicenda non riguarda solo un singolo mercato statunitense: è un segnale globale che, quando la promessa di “riciclabile” non corrisponde alla realtà, la legge interviene. In un momento in cui la crisi della plastica e la circolarità dei materiali sono al centro dell’agenda ambientale internazionale, l’esempio californiano fornisce un monito e un modello anche per l’Europa.