A Milano ci sono i quartieri o i sestieri? Il piano urbanistico Beruto e un po’ di storia delle contrade milanesi fino all’800

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A Milano ci sono i quartieri o i sestieri?

— di Paolo Brambilla — 

Vi sarete chiesti come mai a Milano si trovino nomi di vie piuttosto insoliti come Agnello, Cerva, Spiga, Lupetta, Orso, Fieno: sembrano tratti da libri di fiabe o da abitudini agresti di molti secoli fa. Invece c’è una spiegazione razionale, anche se non priva di suggestioni fantasiose: sono le tracce delle antiche contrade, scomparse solo nel 18889 quando fu introdotto a Milano il piano urbanistico elaborato dall’ingegner Cesare Beruto. Del resto nel tempo le contrade stesse hanno cambiato le loro denominazioni, ma qualche stradina ha comunque conservato in zona memoria di questi riferimenti popolari.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento, Milano viveva un’espansione economica e demografica straordinaria. La rivoluzione industriale, la crescita del commercio e l’apertura delle nuove linee ferroviarie avevano portato la popolazione a superare i 400.000 abitanti nel 1880.
La città, però, era ancora racchiusa nel tracciato dei bastioni spagnoli del Seicento e circondata da campagne e borghi non pianificati. Le nuove esigenze abitative e industriali imponevano una pianificazione razionale dell’espansione urbana.

Nel 1875 il Comune affidò a Cesare Beruto, ingegnere municipale, lo studio di un progetto per regolare l’allargamento della città. Dopo oltre dieci anni di lavori, nel 1889 il piano fu approvato con Regio Decreto, segnando l’avvio della pianificazione urbana in senso moderno.

Gli obiettivi del Piano Beruto

Il piano mirava a dare a Milano un’impostazione razionale, ordinata e salubre, ispirata ai grandi modelli urbanistici europei (Parigi di Haussmann, Vienna, Berlino). 
Superare la cinta dei bastioni spagnoli, creando nuovi quartieri residenziali e industriali. Introdurre un sistema radiale-concentrico di strade, con grandi viali alberati che collegassero il centro con le nuove periferie. Aprire nuovi assi viari per il traffico urbano e migliorare la ventilazione e l’igiene della città. Prevedere spazi pubblici e verde urbano (piazze, giardini, parchi). Collegare la città alle nuove infrastrutture ferroviarie e ai sobborghi industriali in rapida crescita (Greco, Bovisa, Lambrate, Porta Romana, Porta Genova).

Beruto propose una crescita concentrica attorno al nucleo storico, con un disegno ordinato di strade rettilinee e isolati regolari.
Il piano individuava tre zone principali. Città storica (dentro i bastioni), da risanare e regolare. Zona intermedia di espansione (tra bastioni e circonvallazione dei nuovi viali). Cintura esterna (oltre i bastioni), destinata a nuovi quartieri operai e industriali.

L’elemento più innovativo fu la creazione dei grandi viali circolari come viale Abruzzi, viale Umbria e dei viali radiali, che ancora oggi costituiscono l’ossatura del tessuto urbano milanese.

Critiche e sviluppi successivi

Nonostante il valore innovativo, il Piano Beruto suscitò anche critiche. Molti proprietari terrieri e costruttori lo osteggiarono perché imponeva vincoli e standard urbanistici che limitavano la speculazione edilizia.Inoltre, i criteri igienico-sanitari e sociali risultarono talvolta inadeguati rispetto alla rapida crescita industriale.

Il piano subì varie modifiche e revisioni fino al 1912, ma restò il riferimento per lo sviluppo di Milano fino al secondo dopoguerra. Alcuni storici dell’urbanistica, come Arturo Carlo Quintavalle e Paolo Mezzanotte, hanno sottolineato che il Piano Beruto diede a Milano “un ordine geometrico e borghese”, ma trascurò la dimensione sociale della città operaia. Ciononostante, fu la base su cui si innestarono tutti i piani successivi, da quello di Pavia-Masera (1912) a quello Albertini (1934).

Molte delle principali vie e piazze di Milano (Corso Buenos Aires, Viale Monza, Piazza Tricolore, Corso XXII Marzo, Viale Bligny) nascono direttamente dalle scelte di Beruto. Il suo piano ha plasmato la morfologia urbana della città moderna e definito un modello di crescita che ancora oggi si riconosce nel disegno del tessuto milanese.

L’antica Roma e Milano capitale dell’Impero

La distanza fra Milano e Roma era di circa 600 miglia romane (più di seicento chilometri di oggi): secondo i criteri standard di allora si percorrevano abitualmente 20 miglia al giorno, quindi occorrevano almeno 30 giorni per completare il viaggio, a piedi o spesso su carri e carretti come la raeda, il carro di uso più comune per il trasporto di persone o di bagagli, o la carruca, che per le comodità che offriva – vi si poteva anche dormire – per la finezza degli ornamenti e la relativa celerità, era il veicolo usato da funzionari, matrone e nobili dell’epoca.

Un po’ di storia medievale: le porte di Milano

Per proteggersi dagli attacchi del Barbarossa, nel XII secolo i milanesi costruirono intorno alla città un cerchio di mura interrotto da sei porte principali: la strada più importante che univa Milano al resto d’Italia era la Via Emilia. Le porte, a partire da Porta Romana, in senso antiorario, erano: Romana, Orientale (ora Venezia), Nuova, Comasina, Vercellina, Ticinese. Passando da Porta Romana, chi arrivava in città raggiungeva il centro: il Foro (esattamente dove ora si trova la Biblioteca Ambrosiana). Tutte comunque avevano un collegamento diretto con il Foro che era al centro dell vecchio castrum romano, di forma quadrata: il resto della città, tutto all’intorno, aveva andamento circolare e inglobava anche il piccolo villaggio celta che aveva preceduto la conquista romana, appena pochi passi a nord del castrum.

I sestieri

Da questa divisione i sei parti deriva la denominazione di “sestieri” per le aree urbane che facevano capo a ciascuna porta. In altre città italiane è avvenuta la stessa cosa, ad esempio a Venezia, Firenze, Genova, Ascoli Piceno, divise anch’esse in sei parti. Ma ciò è avvenuto anche in centri minori come Rapallo o Cortina d’Ampezzo.

Invece si parla di “quartieri” (ovviamente quando la città era divisa in quattro parti) in molte altre località, solitamente derivanti dall’impianto quadrato del “castrum” romano. Notissima eccezione è la città di Siena, dove convivono la bellezza di 17 “contrade” diverse e … sempre in competizione fra di loro per il Palio.

Le contrade di Milano

In epoca medievale, partendo da piazza Mercanti, la città risultava quindi approssimativamente divisa in 6 triangoli, con l’apice in corrispondenza della piazza stessa e la base situata nell’area vicina a ciascuna porta. Ognuno di questi triangoli rappresentava un “sestiere”, che prendeva il nome dalla porta corrispondente.

Oggi si può stentare a immaginarlo, ma ogni sestiere aveva un proprio stile di vita e tradizioni particolari; ciascuno si era dotato di un proprio stemma e perfino il dialetto veniva parlato con accenti diversi. Non a caso importanti mestieri erano concentrati in una contrada, ma non nelle altre.

Dal XII° secolo fino al XVI° secolo Milano fu una delle più grandi città europee e un importante centro commerciale; nel tempo divenne capitale del Ducato di Milano, che fu uno dei principali protagonisti politici e culturali del Rinascimento italiano.

Come abbiamo visto, le contrade di Milano sono state le suddivisioni storiche della città di Milano risalenti al Medioevo e sono state utilizzate come denominazioni fino al XIX° secolo, quando sono state sostituite dai moderni quartieri.

Milano era divisa in trenta contrade accorpate, a gruppi di cinque, in ciascuno dei sei sestieri della città. Una delle cinque contrade di ogni sestiere assumeva anche il titolo di “contrada nobile “ di quel sestiere.

Le contrade scomparvero ufficialmente dalle mappe di Milano nel 1889 in occasione dell’approvazione del primo piano regolatore della città di Milano, il Piano Beruto, che venne steso dall’ingegner Cesare Beruto in una prima sua versione nel 1884, subendo una lunga gestazione insieme con una profonda e accurata revisione e trovando l’approvazione definitiva soltanto nel 1889, anno in cui entrò in vigore.

I Corpi Santi di Milano

I “Corp Sant” in dialetto milanese sono stati un comune istituito nel 1782 comprendente le cascine e i borghi agricoli che si trovavano attorno alla città di Milano, appena oltre le mura spagnole. Ma furono presto inglobati nel Comune di Milano come lo conosciamo oggi. Non sono quindi delle contrade della città. Le contrade arrivavano solo fino alle mura spagnole.

La città oggi

Sono nove i municipi del centro città al giorno d’oggi. I municipi di Milano (fino al 2016 denominati zone) sono quindi le nove circoscrizioni in cui è diviso il territorio comunale.

La numerazione parte dal centro storico della città, racchiuso nel perimetro delle mura spagnole di Milano e prosegue per gli altri municipi, disposte a raggiera intorno ad esso, a partire dal settore nord-orientale.

Milano Città Metropolitana

Istituita nel 2014 ha sostituito a partire dal 1º gennaio 2015 la preesistente provincia di Milano. Il Consiglio metropolitano ha deliberato la costituzione di sette zone omogenee oltre alla città stessa di Milano:

N. Zona omogenea Popolazione
(ab)
Superficie
(km²)
Densità
(ab/km²)
N° comuni Note
1 Alto Milanese 258.743 215,23 1.202,17 22 La parte nord-occidentale
2 Magentino-Abbiatense 213.745 360,44 593,01 29 territori che fanno capo a Magenta e Abbiategrasso
3 Sud Ovest 238.729 179,94 1.328,34 16
4 Sud Est 173.267 179,72 964,10 15
5 Adda Martesana 384.082 273,35 1.618,21 29 presenza del fiume Adda e del Naviglio della Martesana
6 Nord Ovest 315.749 135,82 2.324,76 16
7 Nord Milano 267.696 49,48 5.410,19 6 immediato nord della città di Milano
Milano 1.397.457 181,77 7692,28 Città di Milano
Totale senza Milano 1.852.011 1.393,98 1328,58 132
Totale con Milano 3.237.101 1.575.65 2054.45 133