Migranti, l’Europa rallenta. Ma il Mediterraneo centrale resta una ferita aperta

Trendiest Media Agenzia di stampa -

A pochi giorni dalla fine del 2025, i nuovi dati di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, raccontano un’Europa attraversata da una dinamica migratoria a due velocità. Da gennaio a novembre, gli ingressi irregolari nell’Unione Europea sono stati circa 167.000, in calo del 25% rispetto al 2024. Un dato che a Bruxelles viene letto come il segnale che le politiche di contenimento stanno producendo risultati. Ma dietro la media europea si nasconde una realtà più scomoda, soprattutto per l’Italia.

Le rotte dei migranti

La riduzione complessiva è infatti trainata dal forte calo lungo alcune rotte: quella dell’Africa occidentale (-60%) e quella balcanica (-43%). Nel Mediterraneo, invece, la musica cambia. In particolare sulla rotta del Mediterraneo centrale, che punta direttamente verso le coste italiane, i numeri restano sostanzialmente invariati: 63.200 arrivi, pari a quasi il 40% di tutti gli ingressi irregolari nell’UE nel 2025. Un calo di appena l’1% rispetto all’anno precedente, che Frontex definisce senza giri di parole “praticamente nullo”.

Secondo l’agenzia, la diminuzione delle partenze da Tunisia e Algeria è stata compensata dall’aumento dei flussi dalla Libia, da cui è partito oltre il 90% dei migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale. Un dato che riaccende il dibattito sulla controversa cooperazione tra Unione Europea e cosiddetta guardia costiera libica. Le Monde parla di una “strategia di contenimento che sposta il problema senza risolverlo”, mentre The Guardian sottolinea come la stabilità apparente dei numeri mascheri una “dipendenza strutturale dell’Europa da Paesi terzi fragili e autoritari”.

Anche sulle altre rotte il quadro è frammentato. Nel Mediterraneo occidentale gli attraversamenti irregolari sono addirittura aumentati del 15%, con l’Algeria responsabile di oltre il 70% degli arrivi. Nel Mediterraneo orientale, invece, si registra un calo del 30%, a circa 46.200 ingressi. Ma qui emerge un nuovo fronte critico: il corridoio Libia–Creta, che nei primi undici mesi del 2025 ha fatto segnare un aumento del 260% delle intercettazioni. Come osserva El País, “la pressione migratoria non scompare, cambia semplicemente geografia”.

La nazionalità di chi arriva

Le nazionalità più frequentemente rilevate restano bangladese, egiziana e afghana, segno che i fattori di spinta come conflitti, instabilità economica e crisi climatiche continuano a operare ben oltre il perimetro europeo. E nonostante il calo complessivo degli ingressi, il bilancio umano resta drammatico: secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, oltre 1.700 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo nel 2025. Un dato che, come scrive il Financial Times, “ridimensiona qualsiasi lettura trionfalistica delle politiche europee”.

Il caso del Regno Unito

C’è poi un’altra rotta che non conosce flessioni: quella in uscita dall’UE verso il Regno Unito, attraverso la Manica. Dalle coste francesi sono partiti oltre 62.000 migranti, tra coloro che sono riusciti ad arrivare e quelli respinti. Un fenomeno che Politico Europe definisce “la prova che il controllo delle frontiere non è solo una questione di ingressi, ma di mobilità complessiva”.

Nel complesso, i dati Frontex raccontano un’Europa che riesce a ridurre i flussi su alcune direttrici, ma fatica ancora a incidere sul Mediterraneo centrale, la rotta più sensibile dal punto di vista politico e umanitario.
Per l’Italia, questo significa restare in prima linea, mentre a Bruxelles cresce la consapevolezza che il contenimento, da solo, non basta. Come sintetizza Der Spiegel “meno arrivi non equivale automaticamente a una politica migratoria sostenibile”.