Credito, quando la segnalazione alla Centrale Rischi è legittima

Rosaria Barrile -

La comunicazione inviata all’organismo attivo presso la Banca d’Italia, e che ha la funzione di raccogliere le informazioni relative ai debitori del sistema creditizio, è sempre legittima anche in mancanza di preavviso

La segnalazione alla Centrale Rischi dei dati relativi a coloro che non sono riusciti a ripagare i prestiti ottenuti dalla propria banca o da una società finanziaria, è sempre legittima anche se i diretti interessati non hanno ricevuto alcun preavviso. Lo ha ribadito un’ordinanza del tribunale di Prato che ribadito come l’informativa al debitore non costituisca una condizione di validità per la segnalazione.

Nel caso specifico, su cui il tribunale era stato chiamato a pronunciarsi, il ricorso era stato proposto da una società che chiedeva alla propria banca la cancellazione della segnalazione inviata alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. Secondo la società infatti la segnalazione era infatti illegittima dato che non aveva ricevuto alcun preavviso.

Nel rispondere al ricorso con l’ordinanza del 21 aprile, il tribunale ha in prima battuta fatto chiarezza sul tema precisando che “ il servizio di centralizzazione dei rischi gestito dalla Banca d’Italia, ha come fine quello di raccogliere informazioni relative alle caratteristiche debitorie degli affidati nei confronti del sistema creditizio e di fornire alle istituzioni segnalanti, con cadenza mensile, un flusso informativo di ritorno sui singoli affidati”.

In pratica, l’attività di segnalazione fa parte dei compiti che sono stati per legge assegnati alle banche e agli operatori finanziari che sono tenuti, nell’ambito dell’erogazione di credito, al censimento e alla diffusione dei dati pur nel rispetto di precise regole di comportamento.

Occorre inoltre precisare che la segnalazione di una posizione “in sofferenza” presso la Centrale Rischi, richiede una valutazione da parte della banca relativa alla complessiva situazione finanziaria del cliente; la segnalazione infatti non può scattare automaticamente a seguito di un semplice ritardo nel pagamento del debito o dal mancato pagamento.

Nel corso del tempo inoltre sono intervenute diverse leggi sul tema che hanno fatto chiarezza sulle modalità con cui banche e società di credito al consumo devono inviare le segnalazioni alla Centrale Rischi.

E qui occorre fare un passo indietro perché se è vero che, da un lato, è previsto l’obbligo di avvertire il cliente prima di inviare la segnalazione a suo carico (come espressamente indicato per la segnalazione a sofferenza nella Centrale Rischi di Banca d’Italia dal 14º Aggiornamento 29.04.2011 della Circolare n. 139/91, dall’altro lato) tale preavviso non è una condizione di validità della segnalazione.

Affinché la comunicazione alla Centrale Rischi sia valida basta semplicemente che la banca abbia constatato l’esistenza della condizione di grave difficoltà economica del debitore, come prescritto dall’art 51 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.

Nel caso specifico, pertanto, nonostante il preavviso sia stato comunicato dalla banca al cliente solo successivamente all’invio della segnalazione presso la Centrale Rischi, il Tribunale ha respinto il ricorso della società condannandola al pagamento delle spese processuali, perché la segnalazione non poteva essere definita illegittima. In pratica, a rendere valida la segnalazione era stata la valutazione effettuata dalla banca sulla base di alcuni elementi ovvero: il livello di esposizione ai debiti da parte della società, il perdurare del mancato pagamento, nonché l’assenza di elementi da cui dedurre la volontà da parte della società debitrice di ripianare la propria posizione, tra cui ad esempio la definizione di un piano di rientro.

In sintesi, il mancato preavviso da parte della banca al cliente della segnalazione effettuata alla Centrale Rischi della Banca d’Italia a suo carico, detto in termini tecnici, non è di per sé idonea a rendere illegittima la segnalazione in quanto non ne rappresenta condizione di validità, dovendo valutarsi a tal fine solamente l’esistenza della condizione di grave difficoltà economica, come prescritto dall’art 51 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.