Consob, in ripresa il reddito disponibile degli italiani, ma rimangono basse le conoscenze finanziarie

Walter Quattrocchi -

Le famiglie italiane risparmiano meno tra gli europei, ma sono molto meno indebitati

Italiani risparmiatori per timore di imprevisti o per vincoli di bilancio familiare, ma non indebitati come nel resto dell’area euro.
Questo in sintesi il quadro che viene fuori dalla indagine 2017 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane a cura dell’Ufficio studi economici della Consob, l’Authority governativa di vigilanza dei mercati finanziari.
Un focus speciale dell’edizione di quest’anno della survey è stato dedicato alla informativa finanziaria, evidenziando come il 57% del campione intervistato dichiara di non leggere i documenti informativi allegati al prodotto finanziario.

Conoscenze finanziarie e tratti comportamentali

L’indagine di questa edizione, riferita alle abitudini delle famiglie nel 2016, conferma che le competenze degli italiani, in materia di investimenti finanziari, rimangono limitate.

Emerge dalle risposte della maggior parte degli intervistati che nozioni di base quali inflazione, tasso di interesse semplice, relazione rischio-rendimento e diversificazione di portafoglio non sono ben comprese: le risposte corrette oscillano infatti tra il 33% e il 53%, mentre registrano livelli di comprensione significativamente inferiori, tra il 10% e il 18%, concetti più sofisticati riguardanti tratti descrittivi del rischio di un prodotto finanziario, ricorrenti nei documenti informativi destinati ai risparmiatori.

Il 20% dei decisori finanziari presenti nelle famiglie, individuati tra i percettori di reddito più elevato in famiglia, afferma di non avere familiarità con alcun prodotto finanziario, mentre il restante 80% dichiara di conoscere depositi bancari, titoli di Stato e obbligazioni bancarie.

Un terzo degli intervistati rivela difficoltà nel valutare la rischiosità delle opzioni di investimento più note, basti pensare che il 59% degli intervistati, che afferma di preferire una composizione di portafoglio a prevalenza azionaria, ritiene che le azioni siano meno rischiose delle obbligazioni.

Il 28% degli intervistati rivela che le abitudini e le competenze in materia di risparmio e investimenti sono dovute prevalentemente all’interesse personale, seguito dall’esperienza della gestione del budget familiare (15%) e dalle pratiche avute in tema di finanza e investimenti (11%).

Accanto alle conoscenze finanziarie effettive e? altresi? importante considerare il ruolo delle conoscenze percepite, poiche? i comportamenti e le attitudini all’investimento possono essere orientati anche dall’autovalutazione personale.

A questo proposito nell’indagine della Consob emerge che la relazione tra conoscenze effettive e conoscenze percepite presenta un mismatch all’incirca nel 40% dei casi, che si traduce in una sopravvalutazione della propria consapevolezza in materia di investimenti finanziari.

Circa la metà degli intervistati (in particolare i soggetti con limitate conoscenze finanziarie ) dichiara di provare ‘ansia finanziaria’, mentre un terzo del campione mostra sicurezza nel valutare le prospettive economiche e finanziarie sia personali sia generali.

L’ansia finanziaria, spiegano i curatori del report, sembrerebbe scoraggiare la propensione a sopravvalutare le proprie competenze.

Elevata avversione alle perdite e bassa propensione al rischio rimangono caratteristiche molto comuni tra i risparmiatori italiani, che dichiarano una netta preferenza per i prodotti a capitale protetto o a rendimento garantito.

Ricchezza e risparmio delle famiglie nell’area euro

Dai dati del report emerge che il 45% degli intervistati investe in fondi e obbligazioni bancarie. Si investe, nell’ordine, in depositi, immobili, fondi comuni, obbligazioni bancarie, azioni quotate italiane, titoli di Stato italiani e polizze assicurative finanziarie.

Nel corso del 2016, in linea con il resto dell’area euro, è proseguita la crescita del reddito disponibile delle famiglie italiane, la cui ricchezza netta è rimasta invece sostanzialmente stabile attorno ai livelli pre-crisi.

Il tasso di risparmio domestico è lievemente aumentato, anche se continua ad attestarsi a un livello inferiore ai valori di lungo periodo e alla media dell’eurozona. Gli indicatori di indebitamento delle famiglie, seppure superiori al dato registrato prima del 2007, rimangono significativamente più contenuti di quelli europei.

Pianificazione finanziaria e risparmio

Le rilevazioni per il 2016 mostrano che sebbene più della metà degli intervistati riferisca di controllare entrate e uscite familiari, solo il 24% lo fa in modo molto accurato, ossia con annotazioni scritte o servendosi di strumenti digitali, mentre solo il 13% rispetta correntemente il budget.

L’abitudine a pianificare e monitorare gli obiettivi raggiunti nel tempo è inoltre presente in poco meno del 25% dei partecipanti all’indagine.
Quasi un terzo del campione non è in grado di calcolare il ridimensionamento del tenore di vita che si dovesse rendere necessario per affrontare una contrazione di un terzo delle entrate familiari ( il 30% dichiara di averlo subìto nel corso del 2016).

Relativamente alle abitudini di risparmio, il 60% degli intervistati dichiara di risparmiare prevalentemente in maniera regolare, mentre i restanti non sono in grado di farlo a causa di vincoli di bilancio molto stringenti ovvero perché indebitati (a fine 2016, circa il 42% delle famiglie ha in essere un mutuo ipotecario o un finanziamento per le spese correnti).

Più del 70% dei decisori finanziari delle famiglie pensa di essere in grado di operare scelte di risparmio : il dato si attesta rispettivamente all’86% per quelle mosse dalla necessità di fronteggiare spese programmate, scende all’ 80% per la gestione del budget familiare e il controllo delle spese, cala al 72% con riguardo al risparmio previdenziale, fino a raggiungere il 70% in caso di scelte di investimento.

Scelte e abitudini di investimento

Più della metà degli intervistati decide insieme a familiari, amici e colleghi (cosiddetta consulenza informale), un quarto sceglie dopo aver consultato un consulente finanziario ovvero delega la gestione dei suoi risparmi a un intermediario, mentre i restanti agiscono in autonomia.
Per quanto riguarda il ricorso a servizi di consulenza finanziaria, quasi un terzo degli investitori beneficia di raccomandazioni personalizzate ai sensi MiFID, mentre i restanti ricevono consulenza passiva o generica.
Rimane residuale la consulenza cosiddetta indipendente, ossia riferita a un’ampia gamma di prodotti e remunerata esclusivamente dal cliente (7% degli investitori), mentre prevalgono la consulenza riferita a un insieme limitato di strumenti finanziari, generalmente emessi dallo stesso istituto di credito che eroga consulenza.
Nella scelta del consulente, si legge nel report, rivestono un ruolo importante sia la fiducia nel professionista sia l’indicazione da parte dell’istituto finanziario di riferimento (rispettivamente, 35% e 34%), mentre le competenze rilevano per una percentuale più ridotta del campione (19%).

Inoltre il 45% del campione non sa indicare come venga remunerato il proprio consulente, mentre il 37% crede che il servizio sia gratuito, da qui la bassa disponibilità a pagare, mentre tra il 40% e il 70% degli intervistati non sono in grado di giudicare l’operato del consulente.

Dal rapporto emerge anche una diffusa riluttanza a informare il professionista degli elementi che egli deve acquisire ai fini della valutazione di adeguatezza della proposta di investimento ( il 14% degli investitori che ricevono consulenza non ritengono di dover fornire alcuna informazione).

Focus: l’informazione finanziaria

Più del 40% degli intervistati dichiara di leggere i documenti informativi, a supporto del prodotto finanziario, prevalentemente in autonomia (25%) o con il supporto di familiari e amici (10%) e, solo in via residuale, con l’aiuto del consulente (8%).

Tra i restanti, il 28% non consulta i documenti informativi perché si affida a un professionista, mentre circa un terzo non risponde. La propensione a consultare l’informativa è meno pronunciata per le donne, i più anziani, i meno “alfabetizzati” e coloro che sembrano esposti all’effetto framing.

In media, conclude il report, circa il 50% degli intervistati dichiara di non essere disposto ad acquistare un prodotto finanziario se non ne comprende i documenti informativi: il dato è maggiore tra coloro che possiedono un livello più elevato di conoscenze finanziarie, non sono ansiosi, dichiarano di essere interessati alla finanza e non sono inclini al framing effect.

Per coloro che investirebbero in ogni caso (27%), rivestono un ruolo prevalente la fiducia e la reputazione dell’intermediario.