2018, cosa ne sarà dei Bitcoin?

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E’ un mercato che vale 250 miliardi di dollari e che permette servizi di pagamento business così innovativi che non esistono ancora. La prima ICO italiana ha raccolto 28 milioni di dollari, a dicembre diventeranno il sottostante di un future e di un’opzione quotati al Mercantile Exchange di Chicago. Per alcuni trader il target di 10.000 dollari è ormai ad un passo. Solo una bolla speculativa?

Sala gremita come nelle grandi occasioni a ITForum Milano per il panel pomeridiano “Bitcoin tra bolla e rivoluzione”. Più di 300 persone hanno ascoltato per due ore le parole di alcuni tra i massimi esperti di Blockchain e Bitcoin in Italia. Coordinati da Claudio Kaufmann, il fondatore di Eidoo Natale Ferrara e quello di BlockchainLab.it Giacomo Zucco, insieme ai trader Federico Izzi, Enrico Malverti e Davide Biocchi hanno rapito l’attenzione del pubblico di trader e professionisti finanziari illustrando i propri business case history che hanno come comune denominatore lo sfruttamento delle cryptovalute.

Finanza, commercio, collateralizzazione dei contratti, trasferimento di ricchezza in giro per il mondo. La Blockchain di Bitcoin si poggia su di un database che non può più essere modificato, è un sistema finanziario che non ha bisogno di permessi.

La prima ICO (Initial Coin Offering) italiana ha raccolto 28 milioni di dollari e servirà ad un progetto che punta a creare sia un wallet comune per le diverse cryptovalute che per lanciare un hedge fund basato sui Bitcoin. Con la cryptovaluta più nota come sottostante, (e sulla quale sono appena stati annunciati in Francia il primo fondo comune e a Zurigo il primo certificato quotato) nelle prossime settimane verrà creato un future quotato al Chicago Mercantile Exchange (CME) e sembrerebbe imminente anche la prima opzione sul mercato CBOE. Secondo gli esperti, questo dovrebbe aiutare il Bitcoin a trovare un prezzo un po’ più stabile.

Un’operazione in cryptovalute si differenzia dalle altre in quanto non è necessario passare attraverso il sistema bancario tradizionale. Ciò significa che chi volesse aprire una propria attività commerciale in un futuro non troppo lontano potrebbe farlo senza bisogno di chiedere un finanziamento bancario.

Per Ferrara “Il Bitcoin e la Blockchain sono figli di quello che è successo nel 2008 nel sistema bancario: c’era un’esigenza di poter disporre di una moneta che non potesse essere controllata da una parte terza che possa decidere di intervenire sulla massa monetaria, ad esempio”.

La portata disruptive è notevole: l’avvento del Bitcoin è stato paragonato come possibili conseguenze a quello di Internet e delle prime reti ferroviarie. Se questo esperimento dovesse avere successo, le valute più scambiate come il dollaro e l’euro potrebbero venire inflazionate a dismisura e la reazione dei governi probabimente non sarebbero concertate ma diversificate. Il Giappone ad esempio ha mostrato un atteggiamento di apertura alle cryptovalute così come la Svizzera, mentre la BCE potrebbe manifestare un atteggiamento molto più conservativo. Gli attuali tempi di transazione sulla Blockchain sono lenti (solo 12 operazioni) al secondo perché questa catena non riesce a sostenerne di più elevate.

Ovvio quindi che la maggiorparte dei progetti tuttora aperti riguardino come portare un maggior numero di transazioni al di fuori della Blockchain, il cui ruolo dovrebbe quindi rimanere solo quello di garante di corretto funzionamento del programma, fungendo da una sorta di “tribunale”di ultima istanza. Il fenomeno potrebbe verificarsi presto in quanto si prevede che con l’allargamento del parterre alla platea degli investitori istituzionali le transazioni rallenteranno ulteriormente rendendo il processo di acquisizione delle cryptovalute ancora più costoso.

Infatti, l’azione del mining presenta diverse diseconomie (ad esempio sono avvantaggiati i miners residenti nei Paesi in cui l’energia elettrica è più conveniente) oltre che aver creato un vero e proprio monopolio sulla produzione dei chip che consentono l’attività di estrazione. Alte barriere tecnologiche hanno lasciato che l’80% del mercato della produzione di chip mining faccia capo ad un’unica società cinese che si trova quindi a detenere un enorme potere nel settore, di cui potrebbe determinarne la fine.

Accanto alle opportunità offerte dal trading (secondo gli esperti il target di 10.000 dollari è ormai ad un passo) l’altra grande minaccia allo sviluppo di queste monete alternative è rappresentata proprio dall’ingresso degli investitori istituzionali che attraverso strumenti sofisticati come derivati e opzioni potrebbero arrivare a manipolarne il prezzo.

Per il trader Enrico Malverti “Le correzioni registrate finora sono tutte all’interno di un’onda rialzista primaria: equity line con strutture così semplici si vedono solo su titoli tech nei periodi di rally. Di fronte a mercati sempre meno volatili, si comprende perché un numero crescente di trader si stia rivolgendo a questo mercato. Si tratta tuttavia di un vantaggio temporale competitivo che viene a perdersi nel tempo”.

“E’ la creazione di una moneta che vuole assomigliare il più possibile all’oro” aggiunge Davide Biocchi, trader e formatore“ e infatti come l’oro tendenzialmente sale ma è difficile da estrarre: produrre i Bitcoin che restano comporterà un tempo notevole. Se il trend continuerà così il trading su Bitcoin potrebbe essere “il” trading.”

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