L’Ape aziendale nuovo strumento di gestione dei processi di ristrutturazione aziendale

Roberto Carli -

Uno degli effetti collegati al recente avvio dell’Ape volontaria è rappresentato dal collegato “go live” anche dell’Ape aziendale.

Di cosa si tratta ? E’ , nell’”alveare della flessibilità”, una soluzione che si affianca all’Ape sociale e all’Anticipo finanziario a garanzia pensionistica per contribuire a fungere da ulteriore soluzione a disposizione (si aggiunge ad istituti già operativi nel nostro ordinamento come l’esodo incentivato ed il part time agevolato) delle imprese per gestire processi di ristrutturazione e turnover del personale.

La iniezione di dosi crescenti di flessibilità in uscita ha la finalità da un lato di accompagnare il lavoratore in maniera soft al pensionamento e all’altro di consentire alle aziende di meglio adattarsi al cambiamento anche tecnologico per meglio fronteggiare la concorrenza. Come funziona l’Ape aziendale? In una definizione particolarmente eloquente viene rappresentato come un’Ape volontaria con oneri a carico del datore di lavoro.

Può quindi accedervi il lavoratore abbia i requisiti per richiedere il prestito previdenziale, vale a dire avere età anagrafica minima di 63 anni e maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi. E’ necessaria poi una anzianità contributiva di 20 anni. L’importo della pensione, al netto della rata di ammortamento corrispondente all’ APE richiesta, deve essere pari poi a 1,4 volte il trattamento il trattamento minimo previsto nell’assicurazione generale obbligatoria con un minimo ottenibile di 150 euro mensili.

La norma prevede la possibilità per il datore di lavoro (o ente bilaterale o fondo di solidarietà) di ridurre i costi dell’Ape a carico del lavoratore. Previo accordo con il lavoratore il datore di lavoro (da allegare alla richiesta dell’Ape), o i soggetti in precedenza indicati, può versare sul conto previdenziale Inps del lavoratore, di un ammontare pare almeno ai contributi pensionistici che il lavoratore avrebbe ricevuto durante il periodo di erogazione del prestito previdenziale.

La dote di contribuzione dovrà essere corrisposta all’Inps in un’unica soluzione entro la scadenza contributiva del mese di decorrenza dell’Ape (dunque entro la fine del mese successivo al primo anticipo: es se il lavoratore fruisce dell’Ape dal 1° aprile 2018 il datore dovrà effettuare il versamento entro il 16 maggio 2018). Nel caso in cui il datore di lavoro non rispetti tale scadenza sarà applicata la sanzione prevista per omissione contributiva (5,55% all’anno).

Resta ferma la facoltà per le parti di raggiungere un accordo su un contributo superiore al predetto valore ove, ad esempio, si voglia garantire una più ampia sterilizzazione del peso della rata di ammortamento.  La normativa prevede che sulla base all’accordo il datore di lavoro verserà una cifra liberamente determinata fra le parti che dovrà però essere pari almeno all’equivalente della contribuzione volontaria (pari al 33% della retribuzione imponibile delle ultime 52 settimane lavorate) calcolata per tutta la durata dell’anticipo, dunque a copertura di un periodo da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni e sette mesi. In tal modo, la pensione netta erogata al lavoratore al momento del pensionamento aumenterà di un importo tale da compensare, in tutto o in parte, il pagamento della rata di ammortamento netta dell’Ape richiesta.

Ciò può consentire di azzerare nei fatti l’onere effettivo del prestito.