Espansione dell’economia mondiale con alcune nubi

Philippe Ithurbide, Monica Defend, Didier Borowski -

L’outlook mondiale continua a indicare una dinamica generalizzata, anche se la prospettiva di restrizioni commerciali e di contro-restrizioni potrebbe minare la fiducia e quindi pregiudicare i piani per gli investimenti, raffreddando le prospettive a medio termine.

Anche se si stanno addensando parecchie nubi, teniamo fede al nostro scenario che prevede il proseguimento dell’espansione dell’economia mondiale. Le condizioni finanziarie globali sono rimaste in genere accomodanti, nonostante la normalizzazione della politica monetaria proceda senza intoppi. L’output globale si sta progressivamente chiudendo.

Di conseguenza, l’inflazione mondiale dovrebbe risalire: ciò vale in particolare per gli USA, dove l’economia dovrebbe accelerare nuovamente: il rischio sull’inflazione sono orientati al rialzo. I rischi riguardanti il commercio mondiale sono aumentati, soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra Cina e USA e tra gli USA e la zona Euro. Non ci aspettiamo un grave peggioramento della situazione, ma a un certo punto i rapporti potrebbero diventare tesi. L’inasprimento delle condizioni finanziarie rappresenta un rischio per il nostro scenario previsionale nel caso in cui avvenisse in modo brusco e diventasse permanente. Il prezzo del petrolio è tornato sotto la luce dei riflettori: pensiamo che il recente rialzo rifletta i rischi legati alle sanzioni e alle interruzioni delle forniture in Iran, Venezuela e Libia.

Prevediamo che nei prossimi dodici mesi il prezzo dell’oro nero scenderà a 60-70 dollari al barile (Brent). Per contro, abbiamo notato che la produzione petrolifera negli Stati Uniti, spinta dalla componente del petrolio di scisto, ha raggiunto i massimi di sempre. Ciò probabilmente finirà col compensare a lungo termine i tagli alla produzione fatti dall’OPEC. I rischi geopolitici rimangono elevati, soprattutto per via delle crescenti tensioni tra USA e Iran. Ciò probabilmente finirà col compensare a lungo termine i tagli alla produzione fatti dall’OPEC. I rischi geopolitici rimangono elevati, soprattutto per via delle crescenti tensioni tra USA e Iran.

In Italia, ci sono diversi punti nel “contratto” del nuovo Governo che sembrano essere potenzialmente in contrasto con il Patto di Stabilità in tema di traiettoria del deficit e del debito e che, pertanto, sarebbero difficili da implementare all’interno di questo quadro e anche all’interno del quadro dell’equilibrio di bilancio (art. 81 della Costituzione introdotto nel maggio 2012).

Persino in una prospettiva internazionale, se si guarda al nuovo “contratto”, la quantità di argomenti che mettono l’Italia in contrasto con i suoi partner non è affatto trascurabile. In questa prima fase prevediamo che i partner dell’Unione Europea monitoreranno con attenzione gli sviluppi.
Fondamentale sarà il ruolo del Ministro degli Affari Esteri, in considerazione dei dossier internazionali così da rassicurare i partner.

Cosa si nasconde dietro la ripresa del dollaro USA?

  • Fattori tecnici. L’indice del dollaro* ha guadagnato il 4% dai massimi di aprile, apprezzandosi soprattutto nei confronti della corona svedese (SEK), del Franco Svizzero (CHF) e dello Yen giapponese (JPY). Il tasso EUR/USD è sceso in modo significativo nelle ultime quattro settimane passando da 1,24 a 1,17, spinto soprattutto da fattori tecnici e dalle percezioni sul rischio. Visto il posizionamento estremamente corto degli investitori sul dollaro, basta un modesto catalizzatore (per es. le recenti delusioni riguardo ai dati macroeconomici nella zona Euro) per dare nuovo slancio al biglietto verde. Un’inversione dell’attuale andamento del rapporto EUR/USD (e dell’DXY1) potrebbe verificarsi se miglioreranno i dati riguardo alla zona Euro (e delle principali economie) e se la retorica della Banca Centrale Europea (e anche di altre importanti Banche Centrali) riassumerà dei toni più duri in termini di politica monetaria (“hawkish”).
  • Miglioramento della percezione sul rischio. Il dollaro è attualmente sostenuto dalla posizione più favorevole sul rischio riguardo ad alcuni rischi geopolitici che si stanno leggermente ridimensionando: le minacce della Corea del Nord sembrano essere in calo e non c’è stato un ulteriore peggioramento della retorica sui dazi doganali. Il sentiment di mercato sta ovviamente beneficiando di questa situazione e allentando la pressione ribassista sui tassi.
  • La retorica delle Banche Centrali. A breve termine, il dollaro USA è quello che trarrà maggior vantaggio dalla retorica delle Banca Centrale. La Fed sembra essere l’unica a mantenere una posizione toni più duri in termini di politica monetaria (“hawkish”). I toni recenti della Banca Centrale Europea, Riksbank, Banca Centrale Australiana, Banca d’Inghilterra e Banca del Giappone sono ancora piuttosto moderate (“dovish”), e ciò significa che le aspettative riguardo ai rialzi dei tassi sono state posticipate.
  • Valutazione a medio termine. I fattori strutturali (peggioramento delle partite correnti e politica di bilancio espansionistica) e la politica imprevedibile degli Stati Uniti peseranno ancora sul dollaro in assenza di un rallentamento dell’economia mondiale (il nostro obiettivo di fine anno per la coppia EUR/USD è di 1,25).
  • Implicazioni trasversali. Prevediamo che nelle prossime settimane ci sarà una vendita massiccia e prolungata di valute dei Mercati Emergenti a seguito della ripresa del dollaro, un rialzo dei tassi alla prossima riunione del Comitato Federale del Mercato Aperto (FOMC) e un minore appetito per le attività rischiose.

Philippe Ithurbide – Global Head of Research – Amundi
Monica Defend – Head off Strategy, Deputy Head off Research – Amundi
Didier Borowski – Head of Macroeconomic Research – Amundi