Il valore nel dollaro: la divergenza

Francis A. Scotland -

Quando il valore del dollaro USA cresce eccessivamente può generare delle ripercussioni negative, sfortunatamente negli ultimi tempi si sono verificate in più occasioni, la maggior parte delle quali nei paesi emergenti.

Quest’anno il dollaro ha guadagnato poco più del 7% contro le principali valute, nel frattempo, il JP Morgan Emerging Markets Currency Index, con un calo intorno al 15%, si è attestato ad un nuovo minimo, l’ETF iShares MSCI Emerging Markets ha perso il 20% dalla sua quotazione massima annuale a la Turchia e l’Argentina sono entrate in crisi. Probabilmente, i dati più rilevanti sono: il calo annuale del CRB Raw Industrials Spot Price Index e il calo del MSCI Global Equity Index.

La vulnerabilità dei paesi emergenti rispetto la forza del dollaro deriva direttamente dai bilanci pubblici e dalle esposizioni nazionali, le stesse società presenti nei mercati emergenti hanno esposizioni significative verso il dollaro USA, dopo aver sfruttato un accesso al credito a basso costo promosso negli ultimi 10 anni da una politica monetaria non ortodossa adottata dal mondo sviluppato. I rischi correlati ai bilanci come i rischi idiosincratici possono essere sottovalutati per lunghi periodi di tempo, durante i quali gli investitori stranieri possono ottenere dei guadagni consistenti. Affinché emergano tali vulnerabilità ci vuole un rally del dollaro, che può generare perdite negli investimenti e stress nei mercati emergenti e, in questi casi, la forza del dollaro indebolisce la capacità dei debitori di onorare il proprio debito. Per quanto riguarda i conti pubblici, i paesi in via di sviluppo che hanno bilanci in deficit sono in prima linea contro la chiusura dei rubinetti da parte dei fornitori di liquidità stranieri, quando si hanno: aumenti della forza del dollaro e paesi emergenti con deficit nei bilanci, la lezione che arriva dall’atteggiamento dei creditori stranieri durante le crisi passate consiste in reazioni di panico precoce e diffuso.

Questo tipo di rischio del sistema, correlato all’esposizione verso il dollaro, non è in realtà diverso dalla vulnerabilità di un qualsiasi altro debito, tranne che per le dimensioni. Il problema è che oltre la metà del prodotto interno lordo (PIL) mondiale proviene dai paesi in via di sviluppo e dalla Cina, la stragrande maggioranza della crescita degli ultimi anni è dovuta anche a loro. Tuttavia, il dollaro USA continua ad essere la valuta principale per gran parte del commercio e della finanza mondiale, pertanto, l’eccessiva forza del dollaro può rappresentare una significativa minaccia per la crescita economica globale. Le debolezze dei mercati emergenti e i recenti crolli dell’indice CRB e dei metalli industriali innescano pressioni deflazionistiche.

Allora dov’è il valore nel dollaro?

Ci sono fattori macroeconomici correlati al prezzo di un asset in un dato momento storico, la condizione attuale che sostiene il dollaro è la “divergenza”. I due paesi fulcro dell’economia globale, Stati Uniti e Cina, stanno percorrendo traiettorie divergenti, l’economia degli Stati Uniti sta attraversando un mini-boom mentre l’economia cinese è in una mini-crisi. Tagli consistenti alle tasse e deregolamentazione hanno contribuito a stimolare il boom degli Stati Uniti, mentre una rinnovata attenzione delle autorità cinesi nei confronti dell’indebitamento delle istituzioni finanziarie ha rallentato la crescita a causa di una forte contrazione fiscale, nell’ultimo anno la spesa per gli investimenti nel settore pubblico è scesa di circa il 20% e la Cina ha intrapreso una lotta al sistema bancario ombra. Anche la politica monetaria in entrambi i paesi è divergente, la Federal Reserve (Fed) sta alzando i tassi e alleggerendo parzialmente il proprio bilancio, dato che i tagli fiscali, voluti dal presidente Trump, rendono la banca centrale più fiduciosa sulle prospettive di crescita, mentre la Banca Popolare Cinese sta abbassando i tassi perché la contrazione fiscale rende la banca centrale meno fiduciosa sulle prospettive del paese.

L’intensificarsi della disputa commerciale rientra chiaramente nelle divergenze tra le due economie, gli investitori hanno concluso che la Cina ei paesi emergenti hanno molto più da perdere rispetto all’America, quest’anno lo Shanghai Composite Index ha lasciato sul terreno il 25% mentre i mercati azionari statunitensi hanno raggiunto, o sono vicini, ai massimi storici.

L’ultima volta che abbiamo avuto questo tipo di divergenza economica è stata nel 2014-2015, quando la crescita economica degli Stati Uniti è aumentata dall’1,5%, del primo trimestre del 2014, al 4%, del primo trimestre del 2015; contrariamente, la crescita economica della Cina rallentò durante questo periodo a causa delle politiche volte a ridurre l’indebitamento, mentre l’indice del dollaro esplose al 27%. All’inizio del 2016, il settore delle imprese nei mercati emergenti ha manifestato evidenti segni di stress mentre la legge del dollaro ha iniziato a mietere le sue vittime.

La divergenza economica si è conclusa nel 2016 così come il mercato rialzista del dollaro, l’economia degli Stati Uniti si è ritirata da un tasso di crescita del 4% all’1,3% nella prima della metà del 2016, e il PIL nominale cinese che si attestava intorno al 6% alla fine del 2015 e ha superato il 10% l’anno seguente. Ci sono stati diversi fattori concordi, non ultimo un dollaro USA sovrastimato, la forza del dollaro combinata con il crollo del mercato energetico ha portato a una recessione dei rendimenti dell’economia degli Stati Uniti, che a sua volta ha causato un rallentamento dell’economia ed ha interferito nei piani di normalizzazione della Fed; alla fine del 2015 gli investimenti privati lordi sono scesi da circa il 7% del 2014 a circa l’1%. I responsabili delle politiche cinesi, dal canto loro, hanno elaborato la più grande reflazione dal 2009, questa impresa ha innescato un rimbalzo della crescita del PIL nominale cinese ed ha aiutato allo stesso tempo a risollevare sia paesi in via di sviluppo che i prezzi delle materie prime. Rispetto al suo valore massimo del 2016, alla fine del 2017 l’indice del dollaro ha perso circa l’11%.

Molti hanno tracciato dei parallelismi tra le condizioni attuali e il precedente periodo di divergenza economica. Ci sono segnali che la divergenza nella crescita potrebbe essere al suo apice, mentre non ci sono ancora indicazioni dell’inizio di una convergenza:

  • I responsabili delle politiche economiche cinesi stanno definendo una spesa fiscale con l’obiettivo di stabilizzare l’economia, la Banca Popolare Cinese ha ridotto gli obblighi di riserva e i tassi monetari, allo stesso tempo, i tassi d’interesse sono rimasti invariati e il governo continua a contrastare il sistema bancario ombra. L’attenzione per la riduzione dell’indebitamento delle istituzioni finanziarie non è cessata come neppure la crescita del finanziamento sociale.
  • Negli Stati Uniti, le prospettive di crescita rimangono alte, la crescita degli utili provenienti dall’estero ha raggiunto livelli massimi, mentre le rendite interne, finanziarie e non, restano in un trend rialzista. Tale forza dovrebbe continuare ad alimentare la spesa interna e incoraggiare la Fed confermando la sua politica economica.

Ovviamente, c’è un limite alla divergenza economica, ci sarà un punto di flessione in cui il dollaro sarà talmente forte, i mercati emergenti talmente deboli ei prezzi delle materie prime talmente bassi che i profitti statunitensi inizieranno ad indebolirsi e l’economia domestica virerà verso il basso. Pensiamo che la divergenza sia già piuttosto tesa e che la crescita degli Stati Uniti sia probabilmente vicina al suo punto massimo. Il presidente Trump, a giudicare dal suo criticismo e dalla sua promessa di continuare la sua battagli contro la Fed, sembra preoccupato che un ulteriore crescita del dollaro possa indebolire la vitalità degli Stati Uniti.

Un ulteriore motivo di preoccupazione è che la crescita negli Stati Uniti potrebbe non essere così positiva come sembra, ma è possibile che la riduzione delle imposte, voluta da Trump, possa avere solo un impatto transitorio e isolato. Inoltre, i tagli alle tasse potrebbero nascondere una tendenza ribassista causata dalla combinazione di un dollaro forte, tassi di interesse elevati e i prezzi dell’energia, oltre ai costi operativi legati ai dazi.

I mercati agiscono secondo le leggi di compensazione, la forza del dollaro è sia un’espressione delle divergenze presenti nell’economia globale, sia un meccanismo correttivo. Se questa divergenza ha raggiunto il suo punto massimo, come pensiamo che sia, allora il biglietto verde non crescerà ancora molto, tuttavia, non assisteremo ad indebolimento significativo del dollaro prima che ci sia una convergenza più definita tra gli Stati Uniti e la Cina. Ciò potrebbe richiedere del tempo e la tendenza potrebbe essere oscurata da una possibile volatilità associata ai prossimi trattati commerciali.


Francis A. Scotland – Director of Global Macro Research – Brandywine Global Investment Management