Il mondo cambia, anche per chi investe nei mercati emergenti

Brett Diment -

In occasione del proseguire dei colloqui tra USA e Cina sul conflitto commerciale, segnalo in particolare il seguente abstract sulle conseguenze di un prolungarsi della guerra dei dazi e altre tensioni geopolitiche sui mercati emergenti:

Se in passato si trattava di un compito relativamente semplice dove era sufficiente tenere sott’occhio la politica della Federal Reserve, il trend del dollaro USA e il Fondo Monetario Internazionale, oggi non è più così.

La guerra commerciale tra USA e Cina sta avendo ripercussioni chiare e inequivocabili su molte economie emergenti, che si basano sul libero commercio globale.

Comprendere adeguatamente le implicazioni di questa guerra commerciale richiederà un livello di indagine più approfondito rispetto all’analisi politica di rischio calcolato fin qui adottata. Per comprendere appieno qualsiasi conseguenza, al di là di quelle più ovvie, saranno necessari mesi e mesi, indipendentemente dai contemporanei sviluppi, positivi o negativi, della guerra commerciale in corso.

La nuova era della geopolitica obbligherà altresì gli investitori a riconsiderare le supposizioni formulate in passato. Quest’anno, le sanzioni hanno compromesso la stretta correlazione esistente fra rublo e petrolio: ad aprile, le sanzioni a Rusal hanno determinato una flessione del rublo di contro a un andamento invariato delle quotazioni petrolifere, mentre la fine dell’anno ha visto un rally del rublo e un calo del petrolio, dovuti alla mancata messa in pratica di nuove sanzioni previste.

Tuttavia, nei prossimi mesi potrebbero rivelarsi importanti anche altri fattori esterni. Le minacce del presidente Trump di tagliare gli aiuti elargiti ad alcuni paesi potrebbero rivelarsi più di semplici parole. Per alcuni paesi, le conseguenze sarebbero marginali, pari a circa lo 0,4% del PIL per El Salvador e Honduras e allo 0,2% per il Guatemala.

Analogamente, è possibile che Trump critichi l’appoggio offerto dall’FMI a paesi che hanno preso in prestito considerevoli somme di denaro dalla Cina, così come il Segretario di Stato Pompeo ha fatto con il Pakistan. Uno scenario di questo tipo risulterebbe estremamente penalizzante per diversi paesi dell’Africa sub-sahariana.

Per gli investitori nei mercati emergenti, i fattori di rischio esterni non rappresentano certo una novità: rispetto al passato, il cambiamento è nel fatto che il principale fattore di rischio è oggi costituito proprio dagli Stati Uniti, il cui contesto politico è divenuto meno prevedibile.

Le conseguenze dell’evoluzione delle politiche statunitensi potrebbero dimostrarsi di ampia portata, indebolendo l’influenza delle istituzioni multilaterali e i paesi che dipendono dal loro supporto. Il mondo sta cambiando e chi investe nei paesi emergenti dovrà fare lo stesso.


Brett Diment – Head of Global Emerging Market Debt – Aberdeen Standard Investments