L’impatto del populismo nell’economia reale

Alistair Wittet -

Il populismo è tornato, è dagli anni 30 che non si vedono livelli così alti di successo dei partiti populisti. Dalla Brexit nel Regno Unito alla Lega Nord in Italia fino ai Gilet Jaunes in Francia, le radici dei movimenti anti-establishment sono in crescita.

Secondo uno studio condotto da Exane BNP Paribas, oggi tali partiti nei paesi sviluppati detengono il 40% del consenso elettorale e ricoprono un governo su tre in Europa.

Le loro origini si fondano sulla crescente disuguaglianza reddituale in cui si è visto il reddito del ceto medio stagnarsi mentre aumentare quello dei ceti alti. Negli Stati Uniti, l’1% della popolazione più ricca detiene il 40% della ricchezza del paese, mentre il salario minimo – in termini reali – continua a calare da tre decenni. Il programma populista richiama la distribuzione del reddito e l’intensificazione del protezionismo.

Per le società, questo fenomeno in aumento è un crescente mal di testa, sia se si tratti di pressioni sui salari dei dipendenti, che di dazi commerciali o di volatilità della valuta, i senior executive devono occuparsi delle conseguenze nel mondo reale di tale scenario politico. In qualità di investitore, diventerà sempre più importante selezionare aziende le cui strategie e modelli di business offrono delle “cinture di sicurezza” anti-populistiche incorporate. Le aziende di alta qualità fanno un buon lavoro nel fornire tale protezione.

Consideriamo, ad esempio, la crescente pressione riguardo la redistribuzione della ricchezza. Per molti decenni ormai, la quota di PIL associata ai profitti societari è cresciuta a scapito della quota del PIL guadagnata dai dipendenti. In risposta, la pressione delle società di condividere i miglioramenti della produttività con i dipendenti è in aumento, partendo con l’incremento del salario minimo. L’anno scorso, la Spagna ha spinto per un aumento del 22%, in seguito agli aumenti registrati in Polonia e nel Regno Unito. Sebbene non siano solo i partiti populisti a legiferare per gli aumenti salariali, essi sono in parte responsabili di questa tendenza.

È importante concentrarsi sulle società che già pagano abbastanza per evitare l’impatto delle politiche di ridistribuzione populista. Le società di alta qualità tendono sia ad assumere impiegati o operari (nel caso del commercio al dettaglio), sia a pagare un salario superiore a quello minimo. Per questo motivo Inditex, il proprietario spagnolo di Zara e di Massimo Dutti, ha potuto affermare questo mese che non si aspettano di vedere alcun impatto materiale dall’ultimo aumento del salario minimo in Spagna.

Un secondo rischio che emerge dal movimento è il protezionismo economico sotto forma di dazi commerciali. Le aziende commerciali che producono e vendono i loro prodotti all’interno dello stesso mercato saranno naturalmente più protette dalle barriere commerciali rispetto a quelle che centralizzano la loro produzione in paesi (spesso a basso costo) e spediscono i propri prodotti in giro per il mondo. Una società come Lindt, ad esempio, ha implementato una decisione strategica nel 2009 di costruire gli impianti di produzione negli USA invece che dislocarli fuori dall’Europa. Come risultato, Lindt è meno esposta al rischio connesso alle tariffe commerciali statunitensi rispetto a un produttore di componenti di auto.

Un’ulteriore sicurezza dal protezionismo economico può venire sotto forma di potere di determinazione dei prezzi. Il settore del lusso, ad esempio, ha una lunga storia di compensazione delle tariffe cinesi con gli aumenti dei prezzi. L’elasticità dei prezzi di un miliardario che acquista una Ferrari da un milione di dollari è decisamente bassa e può anche essere negativa. Non è inconcepibile che la domanda di una Ferrari aumenti con l’aumento dei prezzi.

Certamente, ci sono attività con una bassa probabilità di essere soggette a tariffe in quanto non vendono beni (società di software) o in quanto i beni che vendono sono troppo importanti per i governi come ad esempio i farmaci.

Infine prendiamo in considerazione le valute. Negli ultimi anni, il protezionismo ha portato ad un aumento della volatilità, in particolare nei mercati emergenti. Le società con potere di determinazione dei prezzi possono cercare di compensare le svalutazioni con aumenti dei prezzi in valuta locale, anche se ciò che è più efficace è semplicemente non fissare i prezzi in valuta locale. Chr Hansen, fornitore danese di colture batteriche per l’industria del formaggio e dello yogurt, utilizza un listino prezzi basato sull’euro. Questo costringe i clienti a pagare in euro ed elimina la necessità di considerare le valute locali, cosa che solo chi vende i prodotti più pregiati può fare.

All’interno dell’economia globale, la crescente influenza del movimento populista presenta molti venti contrari. A nostro avviso, le società che hanno maggiori probabilità di affrontare al meglio questa tempesta sono quelle di alta qualità che, in virtù dei prodotti che vendono, dei settori in cui operano o delle strategie che hanno adottato, hanno sviluppato meccanismi di sicurezza integrati contro i rischi associati ai movimenti populisti.


Alistair Wittet – Portfolio Manager e Analyst del team Europe – Comgest