La marcia verso la transizione verde del settore logistico è ufficialmente iniziata: opportunità (per pochi) di rendere pubblica la propria virtù, sfida (per molti) a migliorare, certezza (per tutti) di maggiori costi.

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La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è la più recente manifestazione
attuativa del percorso noto come Green Deal europeo, un insieme di iniziative strategiche
progettate per orientare l’Unione Europea verso la cosiddetta “transizione verde” con
l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.

“Finalmenteprecisa Raffaele Ghedini, professore, economista e presidente di Oikyweb –
stanno cambiando i parametri di valutazione delle aziende, da parte sia dei Clienti che in
generale degli Stakeholders. Non comprendono più solo la capacità di produrre cash-flow
o la sostenibilità economica, ma anche una serie di fattori, ormai noti con l’acronimo ESG,
legati all’ambiente, alla società e alla governance. Dal dicembre del 2023 è operativa una
serie di nuovi obblighi di condotta da osservare, nelle attività di due diligence, per
verificare gli impatti negativi sull’ambiente e sui diritti umani delle operazioni delle aziende,
inizialmente solo le grandi, ma che le obbliga a coinvolgere nelle analisi anche controllate
e persino i loro partner commerciali, quindi di fatto tutta la loro catena di creazione di
valore. E infatti ciò impatta su un numero elevatissimo di imprese: 49.000 in tutta Europa,
a cui si aggiunge un numero altissimo di tutte le realtà che costituiscono la rete di
approvvigionamento delle prime. Si stima che solo in Italia siano più di 100mila”.

La rivoluzione della CSDDD. La Corporate Sustainability Due Diligence Directive
(CSDDD) introduce un cambiamento epocale per tutte le aziende europee. E anche il
settore della logistica è ampiamente coinvolto poiché la direttiva, come abbiamo visto,
obbliga ad un rigoroso controllo sui fornitori e sui partner commerciali che dovranno
dimostrare di adottare pratiche più sostenibili, tracciando l’intera catena del valore.

“Questo processo, che sulla carta è ovviamente virtuoso e benvenutoaggiunge Raffaele
Ghedinipresenta, al momento, ancora molti punti nebulosi e/o gattopardeschi nella sua
applicazione operativa. Diverse tra le grandi aziende multinazionali infatti, ovvero le prime
ad essere coinvolte, non essendo ancora del tutto pronte ad affrontare il tema
direttamente e in termini sostanziali, si stanno attivando rivolgendosi a società di
consulenza esterna, o addirittura più semplicemente a piattaforme che sono spuntate in
internet come i funghi nelle pinete a settembre. In questo modo tutte le realtà più piccole
e/o meno pronte delle loro catene fornitrici avranno grandi difficoltà perché saranno
chiamate a sostenere un aumento dei costi senza la certezza che la rendicontazione
migliori il loro impatto e si traduca in un effettivo vantaggio competitivo per loro né per la
collettività perché, come sempre in questi processi, questo si verifica soltanto nel lungo
periodo. Ci sono, naturalmente, una serie di PMI eccellenti e virtuose, queste si occupano
di sostenibilità ambientale in modo serio e concreto da sempre, e non da due anni perché
lo ha detto l’U.E. Per queste, però, il solo redigere la rendicontazione delle loro attività non
cambierà l’impatto, che sono già impegnate a minimizzare con le loro azioni quotidiane,
ma aggiungerà semplicemente il costo in più della rendicontazione secondo le regole
specifiche assunte da ognuno dei propri Clienti di grandi dimensioni già direttamente
coinvolti dalla legge. Oikyweb, per fare un esempio, producendo internamente tutti i propri
ITS dispone da sempre, da quando ha disegnato e realizzato i propri sistemi di route
planning, del calcolo in automatico del consumo di carburante e della carbon footprint                                                                               associati ad ogni singolo giro di consegne, con la possibilità di ottimizzare i giri
minimizzando la loro carbon footprint totale. Bene, lei consideri che, per rendicontare
questo singolo dato, non ci sono due modalità e/o strumenti simili richiesti dai vari Clienti
di Oikyweb, e addirittura, quando il lavoro di rendicontazione è affidato a piattaforme web,
alcune di queste non accettano nemmeno il dato perché auto-prodotto e non dichiarato da
terzi. In questo modo è evidente che il mercato tenderebbe a produrre solo soluzioni
formali burocratizzate e non sostanziali, quindi l’impatto sul miglioramento non solo
sarebbe nullo, ma rischierebbe di diventare negativo. E per fortuna in questi casi stiamo
parlando di imprese virtuose e quindi normalmente avanzate, che dunque riescono ad
assorbire tali incongruità senza conseguenze estreme, sempre comunque al prezzo di
dover sostenere costi moltiplicati per i vari Clienti. Ma per le numerosissime realtà più
piccole e/o meno strutturate, che non si sono mai occupate di sostenibilità, sarà una sfida
molto seria: esse dovranno sostenere un aumento di costi molto significativo, perché a
quelli per la consulenza necessaria a gestire la rendicontazione si aggiungeranno negli
anni i costi per raggiungere obiettivi che non avevano mai perseguito, sia per via di
riduzione, sia per via di compensazione delle emissioni”.

La best practice di Oikyweb e lo scenario generale. Lo scenario del Green Deal
europeo, dunque, presenta obiettivi ambiziosi e bellissimi, ma nasconde anche rischi gravi
per le aziende non attrezzate. In questo contesto, Oikyweb è un esempio di come la
sostenibilità possa diventare un’opportunità strategica: l’azienda ha investito fin dalla sua
fondazione in tecnologie avanzate, che le hanno permesso non solo di ridurre l'impatto
ambientale ma anche di migliorare l’efficienza operativa. Ma quante aziende si trovano in
questa situazione virtuosa? Per le aziende che non lo sono, l’insieme degli adempimenti
richiesti e le modalità con cui vengono gestiti dalle grandi aziende direttamente coinvolte
disegnano un contesto in cui molte piccole aziende non adeguatamente attrezzate
potrebbero essere costrette a pagare un prezzo per loro non sostenibile.