Stellantis, il lavoro siamo noi. Intervista ad una dipendente dell’indotto dell’ex-Fiat di Melfi
Stellantis, il lavoro siamo noi.
Di Annachiara De Rubeis —
“Fa parte di te.”
È così che inizia, rispondendo alla mia domanda su cos’è che mi avesse spinto a parlare di questo, della Stellantis (ma meglio chiamarla Fiat, forse). Fiat, perchè come mi racconta una fornitrice dell’indotto, è la storia di tutti, di loro che ci lavorano, che ci tengono, che la chiamano ancora così, e di noi, figli diretti o indiretti, cresciuti tramite generazioni in questo modo. “È la storia dell’automobile italiana, che ha fatto grandi numeri nel mondo”, mi dice precedendomi, come se non sapesse che l’avessi appena studiato. “Fare numeri” quello di cui sono ossessionati i capi del mondo oggi. Ma non sanno che fare numeri, riguarda e parte dalle persone, non dai pochi, non da molti, ma da tutti.
“Fa parte di te” la storia della Fiat non riguarda solo i ragazzi della Basilicata o di Mirafiori, o di Cassino, Termini Imerese, riguarda la storia italiana. Se la Fiat è nata nel 1899 come baluardo del mercato nazionale dell’epoca, sovrastando la concorrenza internazionale, e cimentandosi per tempo con le prime gare automobilistiche, dal senatore Giovanni Agnelli che l’ha fondata, perché non mantenere questa linea retta, questa coerenza produttiva, adesso?
Dall’outsourcing all’insourcing
L’insourcing, in italiano internalizzazione, è la pratica di svolgere internamente attività o progetti che prima erano affidati a fornitori esterni (outsourcing), per cui un’azienda decide di utilizzare le proprie risorse, sia umane che tecnologiche, per gestire internamente determinate operazioni, invece di appaltare a terzi. “Per risparmiare se li fanno direttamente in linea”, sostiene riferendosi ai pezzi dei fornitori.

Intervista ad una dipendente dell’indotto dell’ex-Fiat di Melfi
“Macchine elettriche che hanno bisogno di meno personale”, dichiara la dipendente.
E che vengono comprate dai “pochi” (aggiungerei io) è in opposizione al principio della Fiat secondo cui. “Voglio una macchina che tutti i miei dipendenti possono comprare con un anno di stipendio”. Oggi con uno stipendio del genere i lavoratori non arriverebbero mai a comprare le macchine che stanno producendo.
“Prima c’era tanto lavoro, ma ne valeva la pena”. Oggi nella Fiat i lavoratori sono pochi. Anche d’estate, lavorano senza aria condizionata, affrontando così pomeriggi di afa intensi, a ritmi elevati, nelle poche settimane in cui vengono chiamati per lavorare. La gestione francese ha ridotto il personale per le pulizie. “Prima ci andavo, ora non ci vado più”.
Ci sono molte domande che i lavoratori si fanno, ma a cui non è giunta una risposta, come: “Perché non se ne parla?” e “Dove sono i manager che prendono tutti questi soldi?”. Eppure, sembra strano visto che agli albori, la parabola della fabbrica fordista (da cui Agnelli prese spunto) e dell’organizzazione taylorista del lavoro nella catena di montaggio, gli operai si presentavano con “le loro berrette, il giornale sottobraccio, il cestino o la borsa delle vivande, i loro discorsi ad alta voce”.
La perdita di persone dall’indotto di Melfi, descritto dalla dipendente stessa che ci lavora come un ambiente idilliaco, può essere una grave ferita per l’azienda.
“C’era una metodologia di lavoro, per cui la prima cosa che contava era l’ordine, la pulizia. Era un obbligo. E c’erano controlli con punteggi”, a seguito di una presentazione fatta davanti ad una commissione.
C’è stata una corsa alla produzione di macchine elettriche e dove ha portato?
Politiche mancate, azione dei sindacati a riguardo anche.
Perché l’alleanza con Peugeot
“Lui la Fiat non l’avrebbe mai venduta” sostiene Bianca Carretto, storica giornalista del Corriere della Sera, nel programma di La 7 ‘100 minuti’ come riportato nell’articolo del 30 aprile 2024. A proposito di Marchionne, ex Amministratore delegato di FCA e Ferrari con il quale Carretto aveva un rapporto di amicizia. “Non avrebbe mai fatto l’alleanza con Peugeot”, perchè “a queste condizioni non è stata un’alleanza, è stata una vendita” afferma. Marchionne diceva che avrebbe resistito fino al 2019 “per poi fare i conti” per portare avanti il suo piano, ma Elkann lo avrebbe licenziato quel mese stesso. Purtroppo è morto a soli 66 anni nel 2018.
Allora la domanda è: perchè l’ha fatto?
Conferma la storia che Elkann non si sentisse parte della storia automobilistica italiana, e che Marchionne fosse determinato a preservare il patrimonio industriale italiano e il controllo italiano.
E fu così che si finì alla vendita di Grugliasco, che aveva uno stabilimento FIAT, con il Gruppo guidato da Carlos Tavares.
“Perchè secondo te dovrebbe andare avanti?”
“È una storia italiana, un marchio italiano. Il nostro governo ce lo dovrebbe. Abbiamo versato tanti contributi dal nostro stipendio, nonostante anni di cassa integrazione”.
Andarsene rimane comunque la più grande forma di dissenso.
Quando le cose iniziano ad andare male, non si corre ai ripari, le si affronta.

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