Energia nucleare in Europa: un ritorno di interesse da parte della BEI. Un’accelerazione per la “europeizzazione” della filiera nucleare?
Negli ultimi mesi, la questione del nucleare continentale ha ripreso quota nei dibattiti energetici e finanziari. Dopo decenni di assenza, la BEI Banca Europea per gli Investimenti sta valutando con attenzione di tornare a finanziare progetti legati all’energia nucleare, una scelta che appare quasi rivoluzionaria nella strategia storica dell’Istituto, in un momento in cui l’Europa è sotto pressione per ridurre le sue emissioni di carbonio, rafforzare la sicurezza energetica e rilanciare la competitività tecnologica.

Vecchi pregiudizi e nuove urgenze
Negli anni scorsi, il nucleare era spesso stato messo da parte, più per ragioni politiche, sociali e reputazionali che per limiti tecnici. Molti Paesi europei si erano orientati su energia solare, eolica e misure di efficienza, mentre il nucleare era considerato una “zona tabù” nelle decisioni di finanziamento multilaterale.
Oggi, tuttavia, le circostanze sono cambiate: con l’aumento dei costi dell’energia, la volatilità dei mercati e l’urgenza climatica, l’energia nucleare — pur con i suoi rischi — è vista da alcuni come una componente indispensabile del mix energetico a basse emissioni. In questo contesto, la BEI è posta in una posizione chiave: può segnare una svolta non solo come erogatrice di fondi, ma come catalizzatore di innovazione e credibilità tecnologica in Europa.
Il passo già compiuto: Orano e l’arricchimento dell’uranio
Una delle mosse più visibili della BEI su questo fronte è il prestito da 400 milioni di euro accordato all’azienda francese Orano, destinato all’ampliamento dell’impianto di arricchimento dell’uranio Georges Besse 2, situato a Tricastin.
Quel prestito, parte di un investimento complessivo da circa 1,7 miliardi, punta a incrementare la capacità di arricchimento del 30 %, rafforzando così la sicurezza dell’approvvigionamento nucleare in Europa in un momento in cui molti Stati puntano a ridurre la dipendenza da fonti straniere.
Questo intervento segna un cambio di rotta importante: non si tratta (ancora) di costruzione di reattori, ma di favorire la filiera nucleare e le tecnologie “a monte” del processo di generazione dell’energia.
Verso i reattori modulari: la sfida degli SMR
Uno degli ambiti che la BEI sta osservando con maggiore interesse è quello dei reattori modulari su scala ridotta (SMR, Small Modular Reactors). Rispetto alle grandi centrali nucleari tradizionali, secondo AInvest gli SMR hanno il vantaggio di costi di capitale inferiori, modularità, tempi di costruzione potenzialmente ridotti e maggiore flessibilità nell’adattarsi a sistemi elettrici distribuiti.
Secondo alcune analisi, la BEI potrebbe concentrare il suo sostegno proprio verso queste tecnologie, utilizzando la sua capacità finanziaria per “de-risking” (riduzione del rischio) e per stimolare innovazioni che possano rendere competivi gli SMR rispetto ai giganti nucleari di Stati Uniti e Cina.
Tuttavia, restano ostacoli: la gerarchia normativa è complessa e le percezioni pubbliche sul nucleare, seppure in attenuazione, restano un tema sensibile in molte nazioni europee (Germania, Paesi scandinavi, ecc.).
Quanti investimenti servono in Europa?
Per dare un ordine di grandezza, secondo un progetto della Commissione Europea, citato da Reuters, per portare la capacità nucleare a 109 GW entro il 2050 contro gli attuali circa 98 GW, servirebbero 241 miliardi di euro complessivi (205 per nuove centrali, 36 per prolungamenti di vita degli impianti esistenti).
Parallelamente, in scenari più stretti, world-nuclear stima che tra 350 e 450 miliardi vadano stanziati solo per nuovi reattori entro il 2050 nell’UE, includendo smantellamento e gestione dei rifiuti. Queste cifre mostrano che, anche con la partecipazione della BEI, servono risorse pubbliche e private ben superiori rispetto a quelle che un singolo istituto può erogare.
La posizione della BEI: cautela e ambizioni
La BEI, pur dotata del mandato di supportare progetti allineati alle politiche dell’Unione Europea, non ha finora finanziato direttamente reattori o la costruzione di centrali nucleari. La sua focalizzazione recente è stata su energie rinnovabili, reti elettriche e infrastrutture in senso più lato. Secondo fonti di settore, il presidente della BEI, Nadia Calviño, ha indicato che l’istituto potrebbe “considerare investimenti in SMR”, ma non si è pronunciata a favore di grandi reattori o prolungamenti operativi della flotta nucleare attuale.
Il prestito a Orano indica invece che la BEI è disposta a partecipare a segmenti strategici della catena nucleare (come l’arricchimento del combustibile) purché il progetto abbia caratteristiche di sostenibilità, sicurezza e integrazione con le politiche UE. In aggiunta, la BEI è conscia del delicato equilibrio reputazionale: essendo spesso definita la “banca climatica dell’Europa”, qualsiasi passo verso il nucleare dovrà essere giustificato anche in chiave ambientale e di trasparenza interna.
In termini strategici, il sostegno della BEI potrebbe accelerare la “europeizzazione” della filiera nucleare, favorendo competenze continentali invece di affidarsi ai grandi attori esterni. In un mercato globale dominato da Stati Uniti, Cina e compagnie russe, una BEI attiva sul nucleare può contribuire a preservare la sovranità tecnologica europea.
Va anche ricordato che l’Unione Europea ha recentemente confermato, con una sentenza del Tribunale Generale, che gas e nucleare possono continuare a essere considerati investimenti “transitori sostenibili” secondo la tassonomia verde, nonostante le critiche da parte di alcuni Stati.

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