L’errore sistemico nelle revisioni del PIL. Cosa dicono i dati ufficiali: l’ISTAT ha spesso rivisto al rialzo le stime
Le revisioni Istat: numeri che si accumulano al rialzo
Negli ultimi anni l’ISTAT ha spesso rivisto al rialzo le stime del PIL nazionale per gli anni precedenti. Nella “Revisione generale dei conti nazionali 2024 (anni 1995-2023)”, l’ISTAT ha segnalato che il PIL nominale del 2023 è stato rivisto al rialzo di 42.625 milioni di euro rispetto alla stima di marzo 2024. Per il 2022, la revisione è stata positiva per circa 34.209 milioni, e per il 2021 circa 20.572 milioni. Questo tipo di revisione è parte del processo quinquennale coordinato tra paesi UE per aggiornare le serie storiche e adeguarle ai nuovi metodi e standard europei.
Secondo alcune fonti le stime a prezzi correnti del 2023 sono state aumentate di circa 11,2 miliardi di euro, e quelle del 2024 di 7,4 miliardi. In termini reali, la crescita del 2023 è stata rivista dal +0,7 % originario a +1,0 %.
In occasione della revisione del PIL da parte dell’Istat (settembre 2024) Confcommercio, tramite il suo Ufficio Studi e il presidente Sangalli, ha sottolineato che le revisioni al rialzo del PIL non erano ancora state integrate nei dati territoriali, evidenziando quindi la necessità di maggiore coerenza e trasparenza nella comunicazione statistica.
Questi numeri confermano che la tendenza non è episodica: negli ultimi decenni l’Istat ha sistematicamente rettificato verso l’alto i valori iniziali del PIL.
Conseguenze sull’analisi economica: produttività, occupazione e politiche
In un lavoro citato da Cipolletta e De Nardis, gli autori sostengono che, incorporando le revisioni storiche, la produttività italiana in realtà risulta in linea con quella di altri Paesi europei. Questo effetto rende le analisi ex post “più positive” di quanto il dato preliminare suggerisse.
“Questa sottostima costante del Pil corrente fornisce un quadro negativo del presente, mentre viene rivalutato il passato, e induce ad analisi non corrette” dichiara Innocenzo Cipolletta.
Un contributo parallelo – “Il falso mito della manifattura inefficiente” – critica alcune narrazioni secondo cui il tessuto industriale italiano sarebbe sistematicamente “inefficiente”. Il documento cita proprio Cipolletta e De Nardis e mette in evidenza che revisioni dei dati e ricomposizioni settoriali possono cambiare le conclusioni su crescita, specializzazione e produttività. In altre parole: se la statistica iniziale sottostima il PIL, si induce una percezione “più debole” del sistema economico corrente, che può orientare male le decisioni di politica economica, di incentivi e di valutazione dell’efficienza settoriale.
Criticità metodologiche e possibili giustificazioni
Revisione quinquennale e adeguamento ai metodi internazionali. L’ISTAT, come molti istituti nazionali, attua revisioni “benchmark” ogni 5 anni per riallineare le serie storiche agli standard europei (conti nazionali, bilancia dei pagamenti). La revisione del 2024 aggiornava l’anno base 2021 e integrava nuove fonti strutturali. Queste revisioni non sono errori “in mala fede”, ma aggiornamenti tecnici che però implicano un “effetto sorpresa” nella comparazione dei dati ex ante vs ex post.
Dati amministrativi e integrazione di fonti nuove. L’evoluzione tecnologica e l’uso crescente di fonti amministrative (registri fiscali, conti ufficiali, dati amministrativi settoriali) rende possibile una revisione dei dati “storici” alla luce di informazioni che all’epoca non erano integrate. Un recente studio sul “multisource register-based official statistics” mostra come l’integrazione di dati amministrativi e rilevazioni può introdurre errori modellistici e di imputazione, ma anche migliorare la precisione complessiva.
Influenza limitata sulle variazioni percentuali. Va notato che, secondo Istat, le revisioni al livello assoluto del PIL sono spesso grandi, ma l’impatto sulle variazioni percentuali annue – cioè sui tassi di crescita – tende ad essere più contenuto. Questo limita l’effetto sulle analisi dinamiche (crescita anno su anno) ma accentua l’effetto su confronti storici e accumulati.
Raccomandazioni e responsabilità per l’Istat e la comunità economica
Alla luce di tutto ciò, alcune indicazioni emergono con forza:
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Maggiore trasparenza metodologica: l’Istat dovrebbe rendere più chiaro, anno per anno, quanto delle sue stime è “provvisorio” e quanto è già soggetto a revisione.
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Comunicazione preventiva: nell’annunciare dati trimestrali o annuali, indicare fasce di incertezza o errori potenziali legati alla revisione futura, per evitare conclusioni affrettate.
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Allineamento delle analisi politiche: analisti, economisti e decisori dovrebbero considerare le revisioni come un fattore sistematico e non trascurabile, e includere scenari alternativi nelle loro proiezioni.
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Controlli indipendenti: riviste accademiche, osservatori indipendenti e centri studi dovrebbero verificare con l’evoluzione delle revisioni la coerenza delle stime temporali.

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