Riforma del Terzo Settore: dal 2026 la nuova fiscalità cambia le regole del non profit in Italia
Dal 1° gennaio 2026 entreranno in vigore le nuove disposizioni fiscali previste dalla Riforma del Terzo Settore. Un cambiamento epocale che riguarderà associazioni, fondazioni e comitati, ridisegnando la gestione economica del non profit in Italia.

Una riforma attesa (e rimandata più volte)
Dopo anni di proroghe, il calendario è fissato: dal 1° gennaio 2026 il Terzo Settore entrerà ufficialmente in un nuovo regime fiscale. È l’ultimo tassello di un processo avviato con il decreto legislativo 117/2017 (Codice del Terzo Settore), che ha istituito il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e posto le basi per un sistema più trasparente e uniforme.
La nuova fiscalità non avrà ricadute marginali: toccherà infatti oltre 360 mila organizzazioni non profit in Italia, tra associazioni, fondazioni, cooperative sociali e comitati.
Le principali novità fiscali
Le modifiche più rilevanti introdotte dalla riforma riguardano:
Stop al regime forfettario 398/1991
Dal 2026 non sarà più possibile per le associazioni (eccetto le sportive dilettantistiche) applicare il regime forfettario agevolato che semplificava contabilità e dichiarazioni fiscali. Per molti piccoli enti questo significherà dover adottare sistemi contabili più complessi, con maggiori oneri amministrativi.
Fine della qualifica di Onlus
Dopo quasi trent’anni, scompare definitivamente la figura giuridica di Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (Onlus). Le realtà che ancora utilizzano questa forma dovranno migrare entro il 31 marzo 2026 al RUNTS, scegliendo una delle nuove categorie (associazione di promozione sociale, organizzazione di volontariato, ente filantropico ecc.). In caso contrario, scatterà la devoluzione del patrimonio ad altri ETS.
IVA anche per i rapporti interni
Per la prima volta, gli enti associativi dovranno applicare l’IVA anche ai rapporti con i propri associati, laddove siano previsti corrispettivi. Attività che finora erano escluse dal regime IVA saranno dunque tassate, rendendo più onerosi alcuni servizi tipici, come corsi, eventi o attività ricreative.
Impatti concreti: IRES, IVA e contabilità
Il nuovo assetto fiscale non si limita a un cambio di etichette, ma incide profondamente sulla gestione quotidiana: IRES: i redditi da attività commerciali saranno soggetti a tassazione ordinaria. IVA: gli enti dovranno adeguarsi alle regole comuni, con obblighi di fatturazione elettronica e liquidazioni periodiche. Contabilità: addio a semplificazioni diffuse, con necessità di sistemi più strutturati e consulenze professionali.
Le difficoltà delle piccole associazioni
Secondo il Forum Terzo Settore, la riforma rischia di colpire soprattutto le associazioni minori, spesso basate sul volontariato e prive di risorse per sostenere nuovi oneri burocratici. Come ha dichiarato la portavoce Vanessa Pallucchi: “Serve un accompagnamento serio, con strumenti di formazione e agevolazioni, altrimenti il rischio è che migliaia di piccole realtà non riescano a reggere il peso della nuova fiscalità”.
Allarme condiviso anche da CSVnet, il coordinamento dei Centri di servizio per il volontariato, che ha evidenziato come l’abolizione del regime 398 rappresenti un ostacolo notevole per le associazioni culturali e sociali di base.
Una sfida anche culturale
Al di là delle questioni fiscali, la riforma segna un passaggio culturale: gli enti del Terzo Settore sono chiamati a un salto di qualità nella gestione, abbandonando vecchie prassi e adottando modelli più trasparenti e professionali.
Per il giurista Gabriele Sepio, tra i principali esperti della riforma: “Non si tratta solo di regole fiscali, ma di un cambio di paradigma: il non profit è riconosciuto come attore economico e sociale, che deve operare con la stessa trasparenza e responsabilità delle imprese”.
La nuova fiscalità per gli ETS rappresenta un banco di prova cruciale: renderà il settore più trasparente e comparabile, ma al tempo stesso rischia di schiacciare le realtà più fragili. Il 2026 segnerà quindi non solo un cambiamento normativo, ma anche un test di resilienza per il mondo del non profit italiano: tra nuove regole fiscali, necessità di professionalizzazione e l’urgenza di non perdere l’anima solidaristica che lo caratterizza.

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