E’ vero che, parlando della ristorazione italiana, il New York Times la ritiene rovinata dal turismo?
The New York Times (NYT) in effetti ha pubblicato articoli critici riguardo il fenomeno del turismo di massa e del suo impatto sulla ristorazione e sui centri storici italiani.
Cosa dice il NYT
In un articolo ripreso da testate italiane, il NYT afferma che molti centri storici italiani stanno diventando “un luna-park gastronomico” o “una versione parco-tematico del cibo”, con catene di ristoranti e format pensati per turisti, uniformizzati e spesso poco radicati nella tradizione locale. Ad esempio, nel caso di Palermo ci siriferisce a molte nuove aperture di ristoranti in zone centrali, che secondo le autorità locali rischiano di sostituire botteghe storiche, cambiare la struttura urbana e alterare l’identità dei quartieri. Nel caso di Bologna, l’articolo del NYT ha deprecato il fatto che certi negozi storici siano stati sostituiti da catene che vendono esclusivamente prodotti a uso turistico (nel racconto “mortadella” diventa un simbolo) e come ciò rifletta una “devorazione” della città dovuta al turismo e all’economia del “mordi-e-fuggi”.
Cosa però non dice
Il NYT non afferma in senso assoluto che tutta la ristorazione italiana sia rovinata dal turismo. Piuttosto, analizza uno specifico fenomeno: l’impatto del turismo di massa sul tessuto urbano e sulla gastronomia locale in determinate zone centrali. Non tutti i ristoranti, o tutte le città, sono coinvolti nella stessa misura. Il discorso è più forte nei centri storici molto visitati, meno nelle zone meno turistiche. Il fenomeno è presentato come allarme o possibile conseguenza, non necessariamente come irreversibile “rovina”.
In parole semplici
Il NYT critica una parte della ristorazione italiana (in particolare quella legata al turismo di massa nei centri storici) per essere troppo standardizzata, pensata per il flusso turistico più che per la comunità locale, e per provocare una perdita di autenticità. Non dice assolutamente che la ristorazione italiana tutta sia “rovinata”: il quadro è più sfumato e circoscritto.
Alcuni estratti tratti da articoli italiani che riportano le affermazioni del The New York Times (NYT)
«È come se fossero arrivati consumatori ciechi e con lo stomaco di ferro» ha commentato al NYT Maurizio Carta, responsabile della pianificazione urbana di Palermo riferendosi a come la città si stia trasformando in un “parco divertimenti gastronomico”.
«Il centro storico di Palermo … “non deve trasformarsi in un villaggio del cibo”», ha detto il sindaco della città Roberto Lagalla, citato nell’articolo che riprende l’indagine del NYT.
Quanto a Bologna, l’articolo del NYT, secondo il commento della giornalista Ilaria Maria Sala di Domani, descrive la città come una sorta di “tourist hell” e definisce il centro storico trasformato in un «mangificio» (“meat‐factory” / “food factory” legato al prodotto tipico della mortadella) dove il cibo ha preso tutto.
Sempre nell’articolo su Bologna: «I voli low cost, gli affitti brevi e i social media hanno cambiato tutto» scrive Sala, annotando come le attività tradizionali stiano cedendo il passo a nuove aperture rivolte al flusso turistico.

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Sala Stampa