L’intelligenza artificiale secondo Bank of America: la nuova scommessa da 4 miliardi di dollari che ridisegna la finanza globale

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Sotto la guida di Hari Gopalkrishnan, la banca americana accelera sull’AI come motore strategico di crescita e innovazione. Ma non tutti gli analisti internazionali condividono l’ottimismo di Wall Street.

Nel 2025 Bank of America ha portato gli investimenti in nuove tecnologie a 4 miliardi di dollari, parte di una spesa complessiva di 13 miliardi annui in innovazione digitale. Una cifra che segna un aumento del 44% rispetto a dieci anni fa, come ha spiegato Hari Gopalkrishnan, da luglio Chief Technology and Information Officer dell’istituto, in un’intervista a Fortune in occasione dell’Investor Day del 5 novembre scorso,  il primo dopo 15 anni.
Il suo obiettivo: trasformare il colosso bancario in una piattaforma data-driven in grado di unire tutte le otto linee di business dai mercati globali al credito al consumo sotto un’unica architettura tecnologica.

“Ogni dollaro speso deve generare il massimo ritorno, evitando la frammentazione per divisioni”, ha dichiarato Gopalkrishnan a Fortune.

Tra i progetti più emblematici di questa strategia c’è Erica, l’assistente virtuale lanciato nel 2018 che ha superato 3 miliardi di interazioni con i clienti e che oggi gestisce oltre 58 milioni di conversazioni al mese, segnalando anomalie di spesa, doppi addebiti e variazioni nei comportamenti finanziari. Una versione interna di Erica, usata dal 90% dei 213.000 dipendenti, ha dimezzato le chiamate all’help desk IT, migliorando efficienza e produttività.

L’AI come leva strategica per la banca globale

Secondo le stime di McKinsey, le applicazioni dell’intelligenza artificiale potrebbero generare fino a 340 miliardi di dollari l’anno di valore aggiunto per il settore bancario mondiale. Bank of America ha già testato 45 progetti pilota di AI generativa, 15 dei quali oggi operativi, concentrandosi su ambiti ad alto impatto come la sintesi di documenti finanziari, la ricerca nei capital markets e il supporto agli analisti.
Uno degli strumenti più innovativi è AskGPS, un motore interno capace di analizzare oltre 3.200 documenti e presentazioni per rispondere a quesiti complessi dei clienti in pochi secondi.

Gopalkrishnan preferisce puntare su progetti “orizzontali”, capaci di ridisegnare processi complessi piuttosto che semplici task: “Non si tratta di risparmiare due minuti di lavoro, ma di immaginare da capo l’intero percorso del cliente, che può coinvolgere quaranta processi e migliaia di persone.”

Negli ultimi cinque anni, la banca ha investito 1,5 miliardi di dollari nelle infrastrutture dati, creando le basi per una gestione più evoluta del rischio, della sicurezza e della compliance. Inoltre, 18.000 sviluppatori utilizzano già assistenti di codice basati su AI, che hanno portato un incremento medio di produttività del 20% nei processi di sviluppo.

Le reazioni della stampa internazionale

L’entusiasmo di Fortune e di Business Insider per la “rivoluzione algoritmica” della banca non trova unanime consenso.
Il Financial Times osserva che “l’AI rappresenta una leva di crescita per i giganti americani del credito, ma espone anche a rischi etici e di controllo dei dati” e sottolinea come la corsa all’automazione “possa accentuare la distanza tra gli istituti che investono miliardi e quelli di medie dimensioni che non possono permetterselo”.
Anche il Wall Street Journal si mostra prudente: secondo il quotidiano newyorkese, “il ritorno sugli investimenti in AI nel settore bancario è ancora difficile da quantificare”, specie in un contesto di alta volatilità dei mercati e crescente regolamentazione dei modelli generativi.

L’approccio di Bank of America viene invece paragonato dal Bloomberg Tech Review a quello di Goldman Sachs e Citigroup, che nel 2025 hanno ampliato i propri laboratori di AI generativa, ma con obiettivi più conservativi, focalizzati su sicurezza informatica e riduzione del rischio operativo.

Le implicazioni per l’Europa

L’esperimento americano viene osservato con attenzione anche dal mercato europeo. Secondo Les Échos e Il Sole 24 Ore, l’esempio di Bank of America potrebbe “fare scuola” per gli istituti continentali, ancora rallentati da una regolamentazione frammentata e da una cultura tecnologica meno integrata. Tuttavia, entrambi i quotidiani avvertono che la dipendenza dai vendor statunitensi nel campo dell’intelligenza artificiale solleva il problema della sovranità digitale europea.

L’esperienza di Hari Gopalkrishnan mostra che la trasformazione digitale nel settore bancario non è solo una questione di software, ma di visione sistemica: dati, formazione e governance devono procedere insieme.
La sfida, tuttavia, resta quella di dimostrare che la produttività e la fiducia possono convivere. L’AI può moltiplicare l’efficienza, ma non può sostituire la trasparenza e il giudizio umano, due risorse ancora fondamentali per la credibilità di una banca globale.