Mifid 2 e la “morte di un consulente multibrand”
Si chiama Product Governance, ed è una delle molte novita? introdotte dal legislatore europeo che, al pari di altre, e? destinata a fare la differenza nel settore della consulenza finanziaria e nell’offerta ai clienti.
Prima di entrare nel vivo dell’argomento e? opportuno fare un passo indietro per vedere qual e? stata la prassi fino a oggi seguita da “produttori” e “distributori” di strumenti finanziari nella relazione tra loro, prima, e verso l’investitore finale, poi.
In estrema sintesi: la societa? prodotto, normalmente una SGR italiana o una Sicav di diritto estero, costruiva e immetteva sul mercato fondi comuni e comparti di Sicav che, in forza di accordi distributivi, venivano poi collocati dal distributore ai clienti. In capo al produttore, salvo il rispetto delle normative vigenti su prospetti e documenti informativi da rendere disponibili e pubblici, non gravava alcun onere particolare verso il risparmiatore; al distributore, reti di consulenti finanziari (ex promotori) e bancari, una volta rispettati gli obblighi informativi, di trasparenza e di condotta cui era tenuto, era pressoche? consentito vendere qualsiasi strumento a qualunque cliente previa la verifica dell’adeguatezza dello stesso al profilo di rischio. In virtu? di questo contesto normativo e di un mercato comunque in evoluzione, tutte le principali societa? di distribuzione negli anni hanno siglato molteplici accordi con i principali marchi dell’asset management italiano e soprattutto internazionale, arrivando ad averne anche alcune decine perche? il massimo impegno era, per entrambi, qualche convegno promozionale dedicato alla rete, mail e materiale informativo, un po’ di formazione. Nasceva cosi? il cosiddetto multibrand.
Nel tempo e? tuttavia risultato abbastanza evidente, anche per alcune pratiche commerciali spinte oltre il consentito (vedasi i “ritocchini” ai questionari di profilatura del rischio per far risultare “adeguato” cio? che invero adeguato non era), che Mifid 1 non avesse assolto fino in fondo il compito per la quale era stata pensata, cosi? da rendere necessario, nel secondo rilascio della normativa, un restringimento dei margini di azione con conseguente inasprimento degli oneri in capo alla filiera.
Arriviamo al punto. La Product Governance da gennaio obblighera? produttori e distributori a una serie di nuovi adempimenti, di forte impatto, al fine di assicurare che l’interesse del cliente venga perseguito durante tutte le fasi di vita dei prodotti emessi, da quando sono pensati e realizzati, a quando sono commercializzati e mantenuti nel portafoglio degli investitori. Vediamo quali.
In generale la prima considerazione e? che se in precedenza la relazione tra produttore e distributore era principalmente monodirezionale, dal primo al secondo e molto meno viceversa, adesso sara? richiesta una profonda cooperazione e interazione tra fabbriche prodotto e reti di distribuzione, in un dialogo continuo finalizzato a presidiare i vari momenti di cui sopra.
Nel particolare va segnalato, prima di tutto, che i manufacturers tanto quanto i distributors sono tenuti a identificare il mercato di riferimento dei clienti a cui poter collocare i singoli strumenti, verificando che siano compatibili con le esigenze e le caratteristiche del target market individuato; i produttori saranno chiamati a definire un mercato potenziale, basato quindi su conoscenze ed esperienze teoriche, mentre i distributori muoveranno ad analoga identificazione che sara? tuttavia piu? puntuale in ragione della prossimita? col cliente finale. Occorre altresi? ricordare che il concetto di target market va espresso non solo come possibile bacino di utenza a cui destinare un determinato strumento finanziario, ma anche in senso negativo, individuando cioe? gruppi di clienti a cui non potranno essere venduti quei determinati strumenti.
Non solo questo, ovviamente, perche? una volta definiti i target market positivi e negativi andra? determinata una strategia di distribuzione coerente, arrivando perfino a specificare i servizi di investimento attraverso i quali sarebbe preferibile distribuire i prodotti. E non finisce qui, perche? produttori e distributori saranno obbligati a riesaminare periodicamente gli strumenti offerti allo scopo di valutarne la continua compatibilita? col mercato target individuato. Tutto questo, infine, dovra? essere oggetto di un continuo flusso informativo dal produttore al distributore, e viceversa, in una comunicazione che se prima era unilaterale adesso diventa simbiotica.
Ora, come e? facile immaginare, l’implementazione di questi processi e il presidio degli stessi, attivita? finora non previste, comporteranno impiego di tempo e risorse che inevitabilmente produrranno due effetti: maggiori oneri e minori accordi distributivi.
Sui costi c’e? poco da dire: e? ormai chiaro che tutta Mifid 2 generera? un contraccolpo economico che comprimera? i margini di produttori, distributori e consulenti (temo per questi ultimi maggiori conseguenze, stretti anche dalle richieste di riduzione delle commissioni che non tarderanno ad arrivare dai clienti una volta che sara? loro esplicitato, in percentuale e in euro, l’incidenza delle stesse sul capitale investito e sul rendimento ottenuto).
Sui minori accordi distributivi la deduzione e? logica: perche? moltiplicare per enne volte e per centinaia o migliaia di strumenti finanziari le stesse analisi, implementazioni e processi? Meglio concentrarsi su alcuni. Meglio ancora se, come sta avvenendo, la fabbrica prodotto e? “di casa”, sotto forma di fondo di fondi o contenitore di altro genere, cosi? da snellire le incombenze e contenere gli oneri.
Per il consulente si prospetta un futuro forse diverso da quello immaginato, ridimensionato nelle velleita? consulenziali e spogliato di alcuni contenuti professionali, mentre ai piani alti si ode in lontananza intonar il de profundis del multibrand.
Marcello Agnello – direttore commerciale – Assiteca Sim