Pensioni, previdenza complementare più conveniente per gli statali

Walter Quattrocchi -

Dal 2021 adeguamento dell’età pensionabile su media biennale

I dipendenti pubblici pagheranno dal 2018 il 15% e non più il 23% di tasse sulla previdenza complementare e i nuovi assunti nel settore pubblico aderiranno automaticamente ad un fondo pensione se non dichiareranno espressamente di non volere aderire.

Il Governo mette sul piatto del confronto con i sindacati sulle pensioni anche la previdenza complementare.
La misura sulla detassazione della previdenza complementare dei dipendenti pubblici e l’equiparazione del trattamento fiscale con quello dei lavoratori dipendenti del settore privato era stato già ipotizzato al tavolo sulla fase 2 della previdenza al ministero del Lavoro, ma poi non era stato inserito nella versione finale del disegno di legge di Bilancio.
Inoltre un meccanismo di silenzio assenso alla previdenza complementare specifico per lavoratori nuovi assunti del settore pubblico, allo studio dei tecnici dell’esecutivo, mira a portare le adesioni dei dipendenti pubblici dall’attuale 4 al 20%, contro il 31% dei lavoratori del settore privato e il 19% dei lavoratori autonomi ( dati Covip aggiornati a settembre 2016).

Età pensionabile

Il Governo ha portato al tavolo con i sindacati la proposta di un meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita più soft calcolato su una base media biennale invece che con cadenza triennale.

Il consigliere economico di Palazzo Chigi Marco Leonardi ha spiegato come potrebbe cambiare dal 2021 il calcolo sulle aspettative di vita passando a considerare non più i dati di un triennio, ma utilizzando le variazioni biennali rilevate dall’Istat.
In questo modo si verrebbe incontro alle richieste dei sindacati di considerare anche gli eventuali cali della speranza di vita, che il meccanismo attuale non prevede.
La soluzione individuata però non convince i sindacati poiché nel caso di un calo della speranza di vita non verrebbe in alcun modo ridotta l’età della pensione, ma solamente bloccato lo scatto di età.
In sostanza dal 2021 l’aspettativa di vita verrebbe calcolata considerando la media del biennio 2018-2019 confrontata coi due anni precedenti.
In caso di aumento della vita media l’incremento dell’età della pensione verrebbe applicato a partire dal 2021-2022, mentre in caso di risultato negativo questo non darebbe luogo ad una riduzione della soglia d’età, ma verrebbe invece abbassato nella verifica relativa al biennio successivo ( 2023-2024).

Esenzione dei lavoratori gravosi dall’innalzamento a 67 anni

I sindacati giudicano ancora insufficienti le proposte del Governo e chiedono un intervento sulla platea degli esentati dall’innalzamento a 67 anni dell’età pensionabile più ampio di quello proposto, ma anche di prorogare al 2019 l’Ape social e di rendere questa misura effettivamente accessibile, anche introducendo modifiche normative con la possibilità di usare i 300 milioni di euro che non sono stati utilizzati quest’anno, dal momento che il 70% delle richieste è stato respinto.
Il Governo rimane fermo sui mestieri che potrebbero essere esentati dall’aumento a 67 anni previsto per il 2019.
Sono 15 in tutto ( gli 11 già previsti dall’Ape social più siderurgici, agricoli marittimi e pescatori ) e nonostante le pressioni delle parti sociali e datoriali non c’è alcuna intenzione di ampliare questa platea ( in questo senso tra le categorie che protestano i medici) .

Così anche il Governo è rigido sulla possibilità di modificare i criteri di accesso ( 36 anni di contributi con 6 anni di occupazione gravosa negli ultimi 7) che i sindacati giudicano eccessivamente restrittivi.
Infine la questione della pensione anticipata.
L’aumento della speranza di vita non fa crescere solo l’età di uscita,
ma anche i contributi per andare in pensione anticipata: da 42 anni e 10 mesi si passa a 43 anni e 3 mesi nel 2019 ( per gli uomini). Fermare anche questo meccanismo per il Governo sembra sia non oggetto meritevole di approfondimento.