Il Covid e le tensioni geopolitiche spingono l’economia globale alla deglobalizzazione

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Le tempistiche della ripresa delle attività varieranno da un Paese all’altro, a seconda della diffusione del coronavirus e delle misure di contenimento adottate, e sulla base degli stimoli volti a consolidare la ripresa. A guidare la ripresa nel terzo trimestre dovrebbe essere la Cina, seguita dalla Germania. USA e Regno Unito sono tradizionalmente molto flessibili, il che significa che dovrebbero recuperare terreno in breve tempo.

È probabile che nell’economia post-lockdown gli Stati e i settori non si muovano in sincronia. Tale situazione potrebbe essere amplificata dalle diverse politiche in atto volte a sostenere la ripresa dell’economia interna e in particolare la spesa al consumo. Le rinnovate tensioni commerciali a livello globale e l’emergere di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina potrebbero far sì che l’economia mondiale si orienti maggiormente verso il regionalismo.

Le politiche economiche dovrebbero sostenere i processi produttivi a livello locale e regionale e le principali potenze cercheranno di trarre il massimo vantaggio dalla loro leadership in ambito regionale. Inoltre, la crisi innescata dal Covid-19 ha messo in luce come le economie siano fortemente dipendenti dalla Cina per la produzione di farmaci, di beni di consumo e di prodotti industriali e ciò sta spingendo ora le economie avanzate ad attuare politiche a sostegno del reshoring di settori strategici come quello farmaceutico. Anche il contrasto alla disoccupazione ha incrementato analoghe pressioni politiche su altri settori. Di conseguenza, l’economia globale post-Covid si sta gradualmente orientando alla deglobalizzazione e, con le crescenti tensioni tra USA e Cina, sembra che il fine ultimo di Washington sia di indebolire l’influenza di Pechino sul comparto manifatturiero globale.

La fine del lock-down potrebbe favorire un aumento della spesa al consumo, mentre un incremento degli investimenti appare più difficile. La ripresa non sincronizzata e le tensioni commerciali infatti ostacolano un rapido rimbalzo di esportazioni e ordinativi oltre a ridurre la visibilità sugli sviluppi futuri. Inoltre, a causa del prolungarsi delle interruzioni delle supply chain, alcune società potrebbero avere difficoltà a reperire i componenti, mentre le aziende in difficoltà hanno aumentato l’indebitamento e in determinati casi sono addirittura fallite. Le loro priorità saranno: stabilizzare la produzione, dare slancio all’attività e rafforzare i bilanci anche se banche centrali e governi le hanno incoraggiate a chiedere finanziamenti offrendo garanzie e moratorie sul pagamento degli interessi. Pertanto, il rimbalzo degli investimenti potrebbe essere in ritardo rispetto alla ripresa in altre aree. Per tale ragione l’investimento nel settore pubblico assume un ruolo nuovo nel panorama post lock-down. I governi hanno lanciato o predisposto piani per rivitalizzare gli investimenti e utilizzano la situazione attuale per favorire lo sviluppo di nuovi settori strategici.

La Cina punta su infrastrutture, nuove tecnologie e spesa al consumo, mentre in Europa il recovery fund approvato di recente mira a sostenere gli investimenti green e legati al clima. Negli USA, la campagna elettorale del partito repubblicano è incentrata sul reshoring dei settori tradizionali e ha posto un focus strategico sull’IT.

La necessità di operare un reshoring al fine di garantire la produzione, evitare le barriere al commercio e i dazi doganali e proteggersi da nuovi shock esterni espone le società al rischio di trovarsi con fattori produttivi in eccesso e non utilizzati in modo efficiente. Inoltre, il bisogno di sostituire i canali di produzione e di distribuzione globalizzati ampliando la capacità produttiva a livello locale richiederà l’impiego di ulteriore capitale.

Un altro fattore fondamentale ai fini della ripresa nel breve periodo è l’occupazione. Tutti i governi hanno adottato misure di congedo e sono riusciti a compensare le perdite in termini di reddito. Tuttavia, in fase di ripresa emergeranno maggiori incertezze: un’accelerazione non troppo rapida dell’attività potrebbe obbligare le società a ridurre la forza lavoro in modo permanente impedendo un ritorno alla piena occupazione. Questo potrebbe significare che i governi si troverebbero costretti a estendere le misure di sostegno o ad adottarne di nuove focalizzate sul lavoro. Sebbene il ritmo della crescita potrebbe accelerare rapidamente, per una piena ripresa occorrerà più tempo. Dati i piani di stimolo in essere, un rimbalzo rapido dopo una crisi grave come quella attuale appare relativamente automatico, ma la vera sfida consisterà nel colmare il gap in termini di perdita di ricchezza. In base alle simulazioni, nella migliore delle ipotesi occorrerà un anno perché il PIL nominale torni ai livelli precrisi.