“September rain”?

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Difficilmente agosto potrà essere ricordato come un mese tutto rose e fiori, ma alla fine le cose si sono aggiustate. Il mese è iniziato con preoccupanti segnali di un imminente crollo del mercato scatenati dai timori per la crescita USA e da speculatori presi in contropiede dal mix di apprezzamento dello yen e aumento dei tassi di riferimento. Ma le perdite sono state recuperate nel giro di pochi giorni. Solo l’indice principale del mercato giapponese, il Nikkei 225, ha avuto bisogno di un po’ più di tempo per tornare in territorio positivo, anche perché era arretrato più di altri. Alla fine è tuttavia riuscito a riprendersi. E praticamente a inizio settembre era tornato a splendere il sole.

Curioso che in Germania l’economia abbia subito una battuta d’arresto nel secondo trimestre e investimenti e spesa al consumo siano diminuiti, mentre il DAX (il benchmark del mercato azionario tedesco) ha fatto segnare nuovi massimi. È la prova che la “open economy” (per parafrasare il filosofo Karl Popper) giova alle imprese e dà un’idea di che cosa potrebbe avere ancora in serbo la “deglobalizzazione”, dal momento che gran parte degli utili delle società che formano il DAX è generata fuori del Paese.

Al momento in cui scriviamo, anche altri grandi indici sono prossimi ai rispettivi massimi storici o li hanno già raggiunti. Tra questi l’S&P 500 equally weighted, per il mercato USA.

Ora che siamo nell’ultimo periodo dell’anno, gli investitori guardano già oltre le imminenti decisioni della Federal Reserve (Fed) sui tassi di interesse e pensano già al nuovo anno. Tra le altre cose, l’esito delle elezioni presidenziali USA del 5 novembre sarà probabilmente determinante per l’andamento del 2025.

La candidatura di Kamala Harris da parte dei Democratici ha rivitalizzato la corsa alla Casa Bianca e rimescolato i sondaggi di opinione. Tuttavia, non c’è alcuna certezza sul nome del 47° Presidente degli Stati Uniti (POTUS, dall’acronimo dell’espressione inglese “President of the United States”) né su quale maggioranza questi potrà contare nelle due camere del Congresso, dal momento che vi saranno elezioni anche per un terzo del Senato e l’intera Camera dei Rappresentanti. Una situazione che genera molta incertezza.

E l’incertezza porta all’effetto stagionalità, una deriva che non dovrebbe esistere secondo la dottrina delle attese razionali e dei mercati finanziari efficienti. Infatti, in base alla performance media degli ultimi decenni di indici come l’MSCI World e il DAX, settembre è un mese di rendimenti negativi. Dobbiamo quindi prepararci a una correzione dei mercati, o in altre parole a un “September rain”?

Meglio usare prudenza quando si pensa in modo schematico. È vero che negli ultimi decenni i prezzi mediani e medi dell’MSCI World e del DAX sono risultati negativi (cfr. grafico), tuttavia anche la loro dispersione è molto ampia.

Non c’è quindi motivo di ignorare i fondamentali, che sostengono ancora uno scenario di soft landing (cioè di “atterraggio morbido” dell’economia).

Dopo la crescita leggermente inferiore al potenziale osservata nel secondo trimestre del 2024, il momentum dell’economia globale ha rallentato ancora nella seconda metà dell’anno. Tra i grandi Paesi industrializzati, gli Stati Uniti hanno registrato la decelerazione più pronunciata. Ma anche le economie di area euro e Regno Unito hanno mostrato segni di cedimento dopo la ripresa dei mesi precedenti. In controtendenza l’economia giapponese, che probabilmente registrerà una maggiore crescita del PIL (prodotto interno lordo) nel secondo semestre. Il clima di mercato rispetto all’economia in generale si conferma negativo: l’indebolimento del sentiment delle aziende a livello globale è solo parzialmente compensato da un lieve miglioramento della fiducia dei consumatori.

Considerando anche il contesto inflazionistico, pare non ci siano ostacoli per l’avvio o il proseguimento di un ciclo di allentamento monetario da parte delle grandi banche centrali (Fed nel primo caso, Banca Centrale Europea (BCE), Banca d’Inghilterra (BoE) e Banca Nazionale Svizzera nel secondo).

  • Nel complesso, il quadro descritto si presterebbe alle seguenti allocazioni tattiche in termini di azioni e obbligazioni:
  • In vista degli imminenti tagli ai tassi di interesse, è sempre meno conveniente rimanere investiti in liquidità.
  • L’atteso irripidimento della curva dei rendimenti al di là dei tratti a breve e medio termine renderà più attraenti le scadenze lunghe.
  • In previsione di un rallentamento dell’economia, le scadenze più lunghe dovrebbero dar prova di stabilità all’attenuarsi delle pressioni inflazionistiche.
  • Le forme di investimento più rischiose e quindi potenzialmente più redditizie, come le azioni, prendono piede.
  • In base alla nostra ampia gamma di criteri di valutazione, i mercati azionari presentano diversi livelli di attrattività a seconda dell’area geografica.
  • Se le nostre valutazioni per l’area euro, il Regno Unito e i mercati emergenti danno segnale di semaforo “arancione” o persino “verde”, per l’azionario statunitense il contesto è più critico.
  • Tuttavia, occorre fare un discorso a parte per quanto riguarda le valutazioni elevate dei “Magnifici 7”. Scorporando questi titoli, il comparto tecnologico e l’insieme del mercato non risultano sopravvalutati.
  • Inoltre, le valutazioni dovrebbero essere interpretate alla luce dell’andamento degli utili. Come hanno dimostrato i risultati aziendali del secondo trimestre, le determinazione dei prezzi (pricing power).
  • Salta all’occhio che, dopo il crollo di agosto, il favore degli investitori per i “Magnifici 7” sembra svanire. Ed è un buon segno, perché così la base del mercato azionario si allargherà.
  • I titoli dell’S&P 500, quello equamente ponderato e quello basato sulla capitalizzazione di mercato, hanno di fatto conseguito un recupero degno di nota. Tuttavia, la performance relativa dell’S&P 500 equally weighted risulta migliore. Ad esempio, ha superato persino il NASDAQ e l’indice FANG+, l’ultima volta a inizio mese.
  • Se l’indice equamente ponderato va meglio in termini relativi, significa che il predominio di alcuni titoli dell’indice si è attenuato. Ecco perché è importante monitorare attentamente l’evolvere della situazione.

E dato che siamo in tema di piogge, non dimentichiamo che esiste anche la tiepida “pioggerellina di novembre”. Di norma gli ultimi due mesi dell’anno sono positivi per i mercati azionari. Quest’anno l’effetto novembre potrebbe coincidere con le presidenziali USA nel senso che la fase post-elettorale è spesso il periodo migliore in termini di performance, poiché scompaiono le incertezze che avevano accompagnato la corsa alle urne.