GAM: Il lusso resta un efficiente diversificatore di portafoglio

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Hong Kong sta cambiando pelle, era la maggiore piazza finanziaria asiatica e una delle capitali globali del lusso: nel 2016 le vendite nei negozi delle grandi firme a Canton Road o Nathan Road rappresentavano circa il 9% del mercato globale del lusso mentre oggi le vendite a Hong Kong valgono circa il 2% delle vendite globali del settore e Milano, che nel frattempo è passata dal 2% a rappresentare circa il 4%, oggi vale circa il doppio di Hong Kong.

Nell’economia dell’ex protettorato britannico, il lusso conta molto meno e la leadership regionale nella finanza è appesa alla volontà del governo, durerà fino a quando Pechino lo consentirà. Il cambiamento di Hong Kong si inserisce nel più vasto scenario di cambiamenti strutturali dell’economia e dei consumatori cinesi, duramente colpiti dalla crisi immobiliare.

Tra le misure annunciate poche settimane fa dalla Banca del Popolo ci sono anche un paio di nuovi strumenti finalizzati al sostegno del mercato azionario che ha reagito prontamente con un forte rally, l’indice MSCI China è salito di oltre il 20% nei giorni immediatamente successivi agli annunci.

I fondi sovrani cinesi hanno comprato titoli domestici, le società riacquistano le proprie azioni e i venditori allo scoperto si sono affrettati a ricoprire le loro posizioni corte. Le prospettive del listino cinese possono migliorare anche grazie al ritorno degli investitori esteri che, nell’ultimo periodo, hanno fortemente diminuito l’esposizione a un mercato che è diventato molto conveniente, le attuali valutazioni presentano un’interessante asimmetria tra rischi di ribasso e potenzialità di rialzo.

Il consumo dei beni di alta gamma è stato colpito anche dallo stigma di Xi Jinping. Ciò nonostante, per il settore del lusso la Cina e l’area asiatica restano mercati fondamentali, nel periodo del Covid le grandi griffe si sono organizzate con efficienti sistemi di vendite online, oggi si adattano con altrettanta prontezza al “luxury shame”, alla “vergogna del lusso”.

I consumatori cinesi adottano nuovi atteggiamenti sotto il condizionamento della propaganda governativa che promuove la frugalità e la responsabilità. È in corso una trasformazione culturale ma i beni di lusso continuano a essere status symbol essenziali, i ricchi e i super ricchi non sono meno propensi ad acquistarli, ora però preferiscono prodotti esclusivi che siano anche discreti.

Se per decenni la regola aurea del settore dei consumi di alta fascia è stata quella del non chiedere ai consumatori cosa vogliono, ma dire loro cosa dovrebbero avere, da qualche anno sono le esigenze dei consumatori al centro delle strategie di marketing. Le grandi griffe si adattano e ridisegnano i prodotti: basta con design appariscenti e l’ostentazione vistosa del logo, il prodotto deve offrire alta qualità, esclusività ma soprattutto discrezione.

Dal punto di vista dell’investitore, il settore del lusso è storicamente caratterizzato da una straordinaria resistenza le cui radici affondano nella storia dell’uomo, nel desiderio di possedere oggetti esclusivi o distintivi. Il tasso di crescita annuale composto (CAGR) del settore del lusso è intorno al 6,5%, nel corso degli ultimi decenni le vendite globali di prodotti di lusso sono calate solo tre volte (nel 2003, nel 2008-2009 e nel 2020). La flessione recente è opposta e speculare all’onda anomala nei consumi generata dal fenomeno del “revenge spending” al termine dell’epidemia Covid. A quella crescita degli acquisti straordinaria e abnorme ha fatto seguito una fisiologica contrazione; le vendite globali del settore del lusso, moderatamente positive quest’anno, torneranno verso la loro media annua a partire dal 2025.

In un mercato segnato da profondi cambiamenti, polarizzato e competitivo, la gestione attiva e la selezione delle singole società è cruciale, la segmentazione dei marchi è una utile mappa per orientarsi tra i possibili “winner” e “loser”, per valutare correttamente il posizionamento e le potenzialità dei marchi e dei sotto-settori.

L’investimento nel settore del lusso è anche salvaguardia dall’inflazione, argomento oggi meno allarmante ma da tenere presente. La protezione dall’inflazione è nel “potere del prezzo” dei marchi. Anzi, la crescita dei prezzi dei prodotti del lusso è generalmente superiore al tasso di inflazione con effetti immediati sui ratio finanziari: margini operativi elevati, liquidità netta, alti dividendi.