Stati Uniti: troppi fronti aperti per la Casa Bianca
Dopo alcune settimane relativamente calme sul fronte commerciale, Donald Trump ha scelto di alzare la posta in gioco, annunciando l’introduzione di un dazio del 50% sui prodotti dell’Unione Europea a partire dal 1° giugno. I mercati azionari europei, comprensibilmente, non hanno reagito bene. Tuttavia, ciò che riteniamo particolarmente interessante nella risposta di mercato di venerdì scorso è stato l’indebolimento del dollaro rispetto all’euro, in controtendenza rispetto alla teoria economica. Questo potrebbe riflettere la crescente percezione, da parte dei mercati, che l’attuale linea politica di Washington sia controproducente anche per gli stessi Stati Uniti – in un momento in cui le preoccupazioni per la traiettoria fiscale americana, alimentate dall’approvazione del “Beautiful Budget Bill” alla Camera, sarebbero già sufficienti a iniettare un premio per il rischio significativo sugli asset finanziari statunitensi. È possibile che la Casa Bianca abbia aperto troppi fronti contemporaneamente.
Naturalmente, l’introduzione di dazi parti al 50% sui prodotti Ue potrebbe innescare una recessione significativa nell’Area Euro: combinata con l’apprezzamento dell’euro, la perdita di PIL potrebbe raggiungere il 2% rispetto allo scenario di base. Tuttavia, anche l’impatto sull’economia statunitense derivante dalle eventuali ritorsioni europee – sebbene minore – sarebbe comunque tangibile: l’Unione Europea rappresenta per i produttori americani un mercato ben più grande di quello della Cina. La tenuta dei tassi d’interesse a lungo termine negli Stati Uniti potrebbe non avere effetti immediati rilevanti sulla posizione finanziaria delle imprese, anche perché il timore di un “maturity cliff” ha spinto molte aziende a posticipare gran parte delle proprie esigenze di rifinanziamento al 2028-2029. Ma per le famiglie, tassi ipotecari elevati, uniti all’effetto negativo dei dazi sul potere d’acquisto e all’andamento incerto dei mercati azionari, non rappresentano certo un sostegno.
Le concessioni commerciali delle ultime settimane avevano contribuito a stabilizzare i sondaggi di gradimento sul Presidente Trump – e l’annuncio fatto venerdì scorso potrebbe ora ribaltare nuovamente la situazione. Tutto ciò potrebbe convincere l’Europa a non “cedere troppo in fretta”, considerando questa nuova minaccia come un ulteriore elemento di una trattativa che può continuare fino alla scadenza iniziale del 9 luglio.
C’è tuttavia almeno una notizia positiva proveniente dagli Stati Uniti la scorsa settimana: la Corte Suprema Usa ha espresso un chiaro sostegno all’indipendenza della Federal Reserve, proteggendo esplicitamente Jerome Powell dal rischio di una rimozione anticipata. Questo riduce la probabilità che lo shock inflazionistico indotto dai dazi diventi permanente, almeno fino alla sua sostituzione prevista per maggio 2026.

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