Dollaro in bilico: gli Stati Uniti sono pronti a rinunciare al loro “privilegio esorbitante”?
Nel perseguire l’obiettivo di un dollaro più debole, l’Amministrazione Trump potrebbe rinunciare al “privilegio esorbitante” che finora ha permesso agli Stati Uniti di condurre politiche fiscali espansive senza incontrare molti vincoli finanziari. Non esiste alcuna opzione facile per sostituire il dollaro statunitense, nel caso in cui il suo status di valuta di riserva dominante dovesse erodersi. Tuttavia, con un lavoro intenso da svolgersi sull’Unione dei mercati dei capitali e sull’integrazione politica, l’euro potrebbe svolgere un ruolo maggiore all’interno dell’ordine monetario internazionale.
Sul Financial Times, Gillian Tett ha parlato di un’idea che circola a Washington, secondo la quale i flussi finanziari verso gli Stati Uniti potrebbero essere tassati per aumentare le entrate e/o per deprezzare il dollaro americano. Una soluzione simile era stata evocata anche all’interno dell’autorevole saggio di Stephen Miran di cui abbiamo parlato tre settimane fa. Ciò aumenterebbe il costo di finanziamento del governo statunitense e, in ultima analisi, rappresenterebbe di fatto la rinuncia al “privilegio esorbitante” che per decenni ha permesso agli Stati Uniti di perseguire politiche fiscali ampiamente libere grazie allo status del dollaro come valuta di riserva dominante a livello mondiale.
Esiste un precedente nella storia moderna degli Stati Uniti, quando a sorpresa la Casa Bianca intaccò volontariamente lo status del dollaro: lo “shock Nixon” dell’agosto 1971, quando il Presidente ne sospese la convertibilità in oro. Anche se fu un successo politico per Nixon nel breve termine, finì per esacerbare il problema dell’inflazione negli Stati Uniti. Allo stesso modo, non pensiamo che rinunciare al “privilegio esorbitante” potrebbe essere utile agli interessi economici degli Stati Uniti nel lungo periodo – le prove che la sopravvalutazione del dollaro abbia “svuotato” le forze produttive degli Stati Uniti sono scarse, a nostro avviso – ma questi dibattiti alimentano una certa “musica d’atmosfera” a Washington, che in ogni caso sta contribuendo alla correzione in corso del dollaro statunitense.
Non esiste una soluzione predefinita in grado di rimodellare il sistema monetario internazionale in caso di erosione dello status del dollaro. Nel 2010 il FMI ha elaborato alcune idee, ma l’espansione del ruolo dei cosiddetti “Diritti Speciali di Prelievo” non sarebbe semplice. In ogni caso, le soluzioni cooperative richiederebbero un livello di sostegno al multilateralismo che – almeno per ora – manca all’Amministrazione statunitense. La preferenza dell’Eurozona per le eccedenze delle partite correnti ha a lungo compromesso la capacità dell’euro di svolgere un ruolo di primo piano nel sistema monetario internazionale. Il cambiamento della posizione fiscale di Berlino potrebbe cambiare le cose. Tuttavia, è necessario compiere molti sforzi per quanto riguarda l’Unione dei mercati dei capitali – compresa la nascita di un pool più ampio di asset sicuri emessi congiuntamente – per avvicinare la valuta europea ai requisiti di una valuta di riserva dominante in termini di profondità del mercato e di liquidità. Sarebbe probabilmente necessario anche snellire il processo decisionale dell’Ue ma l’innalzamento dello status dell’euro non è più impensabile.