T. Rowe Price – Dilemma Fed tra economia a rilento e pressioni inflazionistiche
I dati pubblicati questa mattina confermano che l’economia sta procedendo a rilento, con una ripresa dei consumi alla fine del secondo trimestre, licenziamenti contenuti e pressioni inflazionistiche in aumento.
Implicazioni per i tassi: la Fed ha un doppio mandato di stabilità dei prezzi e piena occupazione. Continua a mancare l’obiettivo di inflazione per la quale vediamo rischi al rialzo nei prossimi mesi. L’economia rimane in condizioni di piena occupazione, con alcuni segnali di rallentamento dell’attività e della domanda di occupazione. Nel complesso, i dati invitano la Fed a procedere con cautela prima di allentare ulteriormente la politica monetaria. Un deterioramento del mercato del lavoro (dati molto deboli sull’occupazione o un aumento del tasso di disoccupazione) renderebbe più facile risolvere il dilemma della Fed e favorirebbe un taglio dei tassi, poiché un mercato del lavoro più debole garantirebbe che lo shock dei prezzi causato dai dazi non si consolidi.
- L’inflazione PCE è stata in linea con le attese, con i tassi annuali sia dell’inflazione complessiva sia di quella core in leggero aumento. I dettagli del rapporto mostrano un quadro simile a quello dell’IPC, ovvero che la dinamica dei beni core al netto delle automobili si sta riprendendo grazie ai primi segnali di trasferimento dei prezzi dei dazi. Sul fronte della spesa, nel secondo trimestre si è registrato un miglioramento rispetto ai primi sei mesi, ma la spesa dei consumatori in generale è stata modesta nella prima metà del 2025 rispetto al ritmo di crescita del 2024.
- L’indice ECI dell’inflazione salariale (preferito dalla Fed) è aumentato dello 0,9% su base trimestrale e del 3,6% su base annua. Preferisco considerare la serie dei dati sui salari e sugli stipendi come un indicatore più puro (la componente dei benefit può talvolta distorcere i dati). Questo dato è superiore rispetto al primo trimestre. La mia lettura delle pressioni salariali: si sono sostanzialmente normalizzate in linea con il calo delle offerte di lavoro e dei tassi di dimissioni e non sono attualmente una fonte di inflazione. Tuttavia, tendono a essere un indicatore ritardato e terrò sotto osservazione se l’aumento dei prezzi al consumo nei prossimi mesi, più il calo dell’offerta di manodopera, porteranno a un’accelerazione delle pressioni salariali.
- Per quanto riguarda i flussi del mercato del lavoro, i dati di questa mattina confermano la nostra tesi secondo cui la domanda di manodopera si è raffreddata, ma non sta subendo un’inversione di tendenza. Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto alla settimana precedente e i tagli di posti di lavoro annunciati da Challenger a giugno, pari a 62.000, sono relativamente contenuti rispetto ai picchi recenti. Un dato interessante emerso dal rapporto Challenger è che il numero di licenziamenti dovuti all’intelligenza artificiale è salito a 10.000, il livello più alto nei due anni di storia della serie. I licenziamenti legati ai dazi si sono attestati a 3.500, mentre i tagli netti DOGE+DOGE a valle sono stati pari a 4.500.

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