LLM Large Language Model. Far rispettare governance e sicurezza senza frenare l’innovazione

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Far rispettare governance e sicurezza senza frenare l’innovazione

L’era dei LLM Large Language Model in azienda impone una regola d’oro: “bring processing to the data”, dentro confini controllati e conformi. Ecco come farlo davvero, tra cloud data platform, accessi granulari, guardrail e norme europee.

L’intelligenza artificiale generativa vive di dati. Il nodo è metterli nelle mani giuste (data scientist, product team, funzioni di business) senza esporre informazioni sensibili, violare la privacy o mettere a rischio il brand. La strada più percorribile, oggi, è rovesciare il paradigma: invece di portare i dati verso il motore di calcolo, si porta il calcolo ai dati, lavorando su una cloud data platform che governa accessi, audit, cifratura e policy, e che consente di “eseguire” i modelli come un servizio all’interno del perimetro aziendale.

È lo spirito dell’AI “in piattaforma”: BigQuery che invoca modelli Vertex direttamente in SQL, Snowflake con le funzioni di Cortex e i suoi agent “in-boundary”, o i service endpoint privati offerti da Bedrock e Azure per tenere traffico e contenuti dentro VPC/VNet. Così si riduce drasticamente il rischio di esfiltrazione e si fa rispettare la governance by design.

Dati privati, modelli come servizio, rete privata: i pilastri tecnici

Tre meccanismi tecnici si sono imposti come base minima:

1) Modelli “as-a-service” con impegni di non-training. I tre hyperscaler dichiarano che i prompt, i completamenti e i dati dei clienti non vengono usati per addestrare i modelli di base senza permesso. È scritto nelle pagine di Vertex AI (“training restriction”), nelle FAQ di Amazon Bedrock e nella documentazione di Azure OpenAI. Per i team legali è un passaggio contrattuale importante, che va verificato e incorporato nei DPIA/valutazioni d’impatto.

2) Perimetro di rete chiuso. Stabilire connettività privata riduce il rischio di leak: PrivateLink per Bedrock, endpoint privati e VPC/VNet integration nelle piattaforme di calcolo dati (Databricks, ad esempio, consente connettività privata front-end e back-end). Così i flussi prompt-contesto-completamenti restano nel dominio dell’azienda.

3) Cifratura e chiavi gestite dal cliente (CMK). Oltre alla cifratura di default, la possibilità di governare le chiavi con KMS/Key Vault (rotazione, revoca, audit) vale per knowledge base, agent, vettori e risorse AI in Azure e AWS. È un tassello chiave per conformità e data residency.

Accesso minimo necessario: dal catalogo unico al masking dinamico

La governance efficace vive in prossimità del dato. Due pattern si rivelano decisivi:

Catalogo e lineage centralizzati. Unity Catalog in Databricks e gli strumenti equivalenti tracciano chi accede a cosa e come un dato si trasforma, fino al livello di colonna. Questo crea accountability e velocizza gli audit.

Controlli a livello di colonna/riga e mascheramento dinamico. In Snowflake, le masking policies e i tag-based masking applicano politiche di offuscamento al volo, per ruolo/contesto, senza duplicare tabelle: l’analista autorizzato vede il contenuto pieno, gli altri una vista mascherata. È l’essenza del least privilege applicato ai LLM: la stessa query può alimentare un RAG ma mostrare al modello solo ciò che l’utente è abilitato a vedere.

RAG, grounding e guardrail: ridurre il rischio di “over-sharing” e “allucinazioni”

I casi d’uso generativi più sicuri in azienda adottano retrieval-augmented generation (RAG): il modello genera risposte basandosi su documenti interni, grounded e versionati, con citazioni. In piattaforme come Snowflake e Google è possibile orchestrare il RAG “in piattaforma”, controllando sia quali documenti entrano nel contesto, sia i log di accesso. Le stesse piattaforme offrono inoltre filtri di sicurezza: Bedrock Guardrails può redigere PII Personally Identifiable Information o bloccare temi negati, Vertex AI e Azure AI Content Safety consentono di regolare soglie e categorie di rischio e introdurre prompt shields contro attacchi e jailbreak.

Policy che “seguono” i dati (e i prompt)

Portare l’AI ai dati funziona se le regole seguono ogni spostamento: policy tag-based, RBAC/ABAC, data classification, logging e retention dei prompt. Strumenti come Snowflake Data Clean Rooms permettono collaborazioni inter-azienda su dataset sensibili senza scambio fisico dei dati; BigQuery integra generative AI direttamente nel motore SQL, mantenendo governance, controllo e audit trail.

Il quadro normativo: dall’AI Act al GDPR (e il caso italiano)

Sul fronte europeo, l’AI Act (Regolamento UE 2024/1689) è in vigore e introduce obblighi di governance del rischio, trasparenza e gestione dei dati soprattutto per i sistemi high-risk e per i modelli di base con rischio sistemico; la conformità richiede tracciabilità, logging, documentazione e controlli sull’addestramento. Si applica insieme al GDPR (principio di minimizzazione dati, basi giuridiche, diritti degli interessati) e al Data Act sul fair access e la condivisione dei dati industriali.

In Italia, le decisioni del Garante, inclusa la sanzione a OpenAI del 20 dicembre 2024 con l’obbligo di una campagna informativa, ricordano che trasparenza, base giuridica e tutela minori sono aree sotto osservazione costante. Chi implementa LLM interni deve prevedere DPIA Data Protection Impact Assessment, consenso/legittimo interesse ben fondati e misure per la data subject rights management.

Standard e best practice: ISO/IEC 42001, NIST AI RMF, ENISA

Per trasformare i requisiti in processi ripetibili, le organizzazioni stanno adottando lo standard ISO/IEC 42001 (AI Management System), che incardina governance, qualità dei dati e responsabilità nei cicli di vita AI; il NIST AI Risk Management Framework e il nuovo profilo per la Generative AI offrono controlli pratici su govern, map, measure, manage. ENISA, infine, propone un framework multilivello per la sicurezza AI, utile per legare cybersecurity e AI safety.

Come si traduce in architettura (e processi) operativi

In uno scenario enterprise tipico, si procede così: i dati rimangono nella piattaforma (data lakehouse/warehouse) con classificazione e mascheramento by tag; il LLM è invocato come endpoint privato (Bedrock/Vertex/Azure OpenAI) all’interno del VPC/VNet, con knowledge base o vector store cifrati e chiavi gestite dal cliente; il retrieval seleziona solo i documenti autorizzati all’utente che interroga; guardrail e content safety filtrano input e output; audit e lineage tracciano l’intera catena. In BigQuery, ad esempio, si può costruire tutto in SQL, definendo remote model verso Vertex: niente esportazioni massive di dati grezzi, niente “shadow AI” su laptop o SaaS Software as a Service non governati.

Perché è anche (soprattutto) un tema di brand-risk

Gli incidenti di data leakage e le hallucinations non sono solo problemi tecnici: erodono fiducia e valore reputazionale. Configurazioni come zero data retention su Vertex AI, logging controllato e retention minima in Azure, e la promessa “no training on your data” di Bedrock aiutano a ridurre il rischio residuo, ma vanno inserite in policy interne chiare: quali dati possono entrare in un prompt? Chi approva nuove fonti? Come si gestiscono takedown e diritti GDPR? La combinazione di controlli tecnici e procedure è ciò che distingue un pilot da un’adozione scalabile.

Italia ed Europa: conformità come vantaggio competitivo

In un contesto regolatorio esigente come quello europeo, l’allineamento a GDPR+AI Act, integrato con standard come ISO/IEC 42001 e linee NIST, diventa un asset commerciale: facilita le due diligence, sblocca contratti con clienti regolati (sanità, finanza, PA), mitiga i costi di contenzioso. L’esperienza italiana dimostra che le Autorità sono pronte a intervenire: meglio anticipare, incorporando privacy by design, chiavi gestite dal cliente e accessi “zero-trust” fin dalla fase di discovery.

Fonti essenziali (2024–2025)