Ponte sullo Stretto: cosa ne pensa la stampa economica europea (e cosa resta da chiarire)
Ponte sullo Stretto, tra scetticimo e benefici
Tra scetticismo su rischi sismici e raffiche di vento, dubbi su costi e governance, e promesse di benefici logistici: un viaggio nelle opinioni espresse negli ultimi mesi dai principali quotidiani finanziari europei sul progetto del Ponte.

Negli ultimi mesi il progetto del Ponte sullo Stretto è tornato al centro del dibattito europeo, complice lo stop della Corte dei conti italiana alla delibera CIPESS da 13,5 miliardi e un confronto sempre più acceso tra governo, tecnici e territori. La stampa economica internazionale ha colto l’occasione per mettere sotto la lente tre nodi: sicurezza (sisma e vento), utilità per il traffico locale e internazionale, e sostenibilità finanziaria.
Sicurezza: tra progettazione “estrema” e area ad alta sismicità
Sul fronte tecnico, le testate internazionali concordemente ricordano che lo Stretto è una delle aree più sismiche del Mediterraneo. La discussione non è se si possa fare un ponte in area sismica, ma se il progetto attuale risponda a standard adeguati e verifiche indipendenti. Alcuni contributi tecnici italiani citati dalla stampa specializzata segnalano un dimensionamento pensato per terremoti severi (fino a magnitudo 7.1) e un comportamento dei ponti sospesi generalmente favorevole sotto sisma, mentre la comunità geologica solleva perplessità sul quadro di pericolosità locale e sulle deroghe ambientali, chiedendo analisi più trasparenti.
La dimensione eolica è l’altro dossier chiave. Documentazione del proponente e del general contractor indica stabilità aeroelastica fino a forza del vento molto oltre i massimi storici registrati nello Stretto (progetto dichiarato stabile fino a 216–270 km/h, a fronte di picchi misurati ben inferiori). Anche qui, il punto non è l’enunciazione di progetto, ma il percorso di validazione: prove in galleria del vento, monitoraggio pluridecennale e verifica da parte di enti terzi.
Traffico locale e corridoi europei: quanto vale davvero il collegamento?
I giornali finanziari sottolineano il potenziale posizionamento del Sud Italia lungo il corridoio Scandinavo-Mediterraneo della rete TEN-T, con l’argomento pro-ponte che parla di integrazione ferroviaria, riduzione dei tempi di attraversamento e capacità oraria elevata (fino a 6.000 veicoli/ora e 200 treni al giorno, secondo i dati industriali). Al tempo stesso, economisti indipendenti hanno messo in discussione la bontà delle stime di domanda e la sostenibilità delle tariffe per coprire gestione e manutenzione (ordini di grandezza: circa 200 milioni euro/anno), segnalando il rischio che i benefici attesi non si traducano automaticamente in gettiti sufficienti.
Costi, governance e il “test” degli auditor
Sul piano finanziario, il progetto oggi vale 13,5 miliardi a carico del bilancio pubblico, con critiche ricorrenti sulla dinamica dei costi e sulla solidità del piano economico-finanziario. La stampa economica europea ha raccontato la crescente “resistenza degli auditor” e, più di recente, la bocciatura della Corte dei conti, sottolineando che il parere non chiude la partita ma impone risposte puntuali su coperture, procedure e concorrenza. Quotidiani come il Financial Times, Handelsblatt e FAZ hanno descritto uno scenario di alta incertezza regolatoria e legale, con richiami ai rischi ambientali e sismici e alla lievitazione dei costi.
PNRR: c’è (o no) un obbligo di “restituzione”?
Un punto spesso frainteso: il ponte non risulta finanziato dal PNRR. Le coperture indicate negli atti pubblici e nella comunicazione governativa fanno riferimento soprattutto a leggi di bilancio 2024-2025 e al Fondo Sviluppo e Coesione (con risorse regionali), non a capitoli del Recovery.
In questo quadro, non emergono impegni a “restituire” quote PNRR legate al ponte in sé; restano invece, a livello macro, gli obblighi generali di rimborso dei prestiti PNRR assunti dall’Italia e il rispetto delle milestone per i progetti effettivamente PNRR. Eventuali riassegnazioni FSC/PNRR su opere complementari andrebbero verificate caso per caso, ma non configurano, allo stato, un obbligo specifico di rimborso “del ponte”.
Il sentiment della stampa finanziaria europea
Il quadro che emerge è di “ottimismo cauto” tra gli industriali coinvolti e marcato scetticismo tra molti osservatori economici: entusiasmo per l’ambizione ingegneristica e per i possibili effetti di rete lungo i corridoi europei, ma richieste stringenti su governance, analisi costi-benefici e trasparenza. Il Financial Times ha dato conto delle resistenze politiche e sociali in Sicilia (espropri, rischio infiltrazioni mafiose), mentre la stampa tedesca ha insistito sull’incertezza procedurale e sui conti. In sintesi: grande opera potenzialmente trasformativa, ma il “via libera” dei mercati dell’opinione passa da verifiche indipendenti su sicurezza, domanda e sostenibilità di lungo periodo.
Infiltrazioni e rischi mafiosi: il quadro sollevato dai media
Un tema ricorrente nei commenti giornalistici è che grandi opere in zone ad elevata presenza organizzata possano diventare occasione di ingerenze criminali e citano il precedente dell’autostrada Autostrada Salerno‑Reggio Calabria, «per guardare al Ponte», evidenziando che «tra le questioni più “calde” discusse … c’è il ruolo delle mafie nei grandi lavori pubblici». Analogamente, si parla di «favori ai privati e rischio mafia» in relazione ai costi fuori controllo del progetto.
In sintesi: i giornali vedono nel progetto del Ponte sullo Stretto un perfetto terreno di rischio per infiltrazioni mafiose e per distorsioni economiche, richiamando alla necessità di controlli più stringenti, trasparenza e procedure robuste.
Qualche riserva nella stampa: opportunità e rischi
Non tutti gli articoli sono esclusivamente critici: alcuni riconoscono che l’opera può avere un valore simbolico e infrastrutturale. Però, viene sottolineato che se i controlli non funzionano, quel valore può essere eroso da rischi sistemici. In altre parole: “Può essere un’opportunità, ma solo a condizione che la governance e la trasparenza reggano”.
Dal punto di vista finanziario, le infiltrazioni mafiose e la corruzione sono un fattore di rischio che può incidere sulla fiducia degli investitori e dei partner esteri: un progetto percepito come esposto a rischi di controllo mafioso può diventare meno appetibile per capitale privato. Inoltre, la sostenibilità economica dell’opera passa da costi nascosti, ritardi, contenziosi (anche legati a infiltrazioni criminose) che aumentano il costo del capitale e i rendimenti attesi. Poi va considerata l’efficacia della spesa pubblica: se parte delle risorse viene “dilatata” o destinata a fini non efficienti, l’impatto positivo per il territorio rischia di essere ridotto.
In questo senso, diversi articoli richiamano che l’opera va vista nel contesto europeo delle grandi infrastrutture, dove la lotta alla corruzione e alle mafie è parte integrante della credibilità delle spese pubbliche e della coesione territoriale europea. Secondo un’analisi del RUSI Royal United Services Institute dedicata al progetto del ponte, «Mafia interests will meet the availability of cliques of corrupt and corrupting individuals. … the more the realisation is diluted over time, … the more there are new investments … the more the malign actors will be able to fill their pockets».
In un’intervista rilasciata all’Agenzia Nova nel luglio 2025, il presidente della Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha affermato che c’è un «alto rischio di infiltrazioni mafiose nei lavori» del ponte, sottolineando la necessità di monitoraggi stringenti e controlli nella catena degli appalti.
Un articolo sul sito belga hozint.com, in un “preliminary risk assessment” del progetto, definisce il rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata come “High” in relazione alle procedure di appalto, costruzione e realizzazione del ponte.
Un contributo del sito tedesco “Italien.news” sottolinea che in occasione della ripresa del progetto è stato annunciato un piano di “anti-mafia controls” parallelo ai lavori, in riconoscimento del problema.
Il quotidiano Financial Times, in un articolo intitolato “Why Sicilians hate Meloni’s bridge”, afferma che tra le ragioni dell’opposizione locale «… the potential for mafia infiltration» figura come uno degli elementi di preoccupazione, insieme ai rischi sismici e ambientali.
Cosa guardare nei prossimi mesi
Tre snodi decideranno il sentiment futuro: le motivazioni della Corte dei conti e le eventuali contromisure del governo; la certificazione indipendente dei requisiti sismici/eolici e delle mitigazioni ambientali; l’aggiornamento delle stime di traffico (e dei pedaggi) in coerenza con gli investimenti ferroviari a terra e con gli standard TEN-T. Fino ad allora, la valutazione prevalente nella stampa economica europea resta sospesa tra ambizione e prudenza.
Ponte sullo Stretto: senza reti ferroviarie e stradali adeguate, è un salto nel vuoto
Ultimo punto, da non trascurare affatto. Dalla stampa europea e finanziaria emerge un punto fermo: prima (e insieme) al ponte servono collegamenti ferroviari e stradali all’altezza tra Sicilia e Calabria, altrimenti i benefici logistici ed economici restano teorici.
Nel dibattito europeo sul Ponte sullo Stretto un filo rosso è diventato più visibile negli ultimi mesi: l’opera-simbolo ha senso solo se è “ancorata” a una rete moderna a terra. Testate economiche e di settore ricordano che oggi i colli di bottiglia non sono nel mezzo miglio di mare, ma lungo le dorsali ferroviarie e stradali siciliane e calabresi. La decisione della Corte dei conti italiana di respingere la delibera da 13,5 miliardi ha riacceso anche fuori dall’Italia il tema della priorità delle infrastrutture complementari, oltre ai rilievi su costi e governance.
La stampa specializzata ferroviaria è netta: un ponte da solo non “sblocca” il trasporto merci e passeggeri se la rete che lo alimenta resta lenta e discontinua. La spagnola Railfreigh ha sintetizzato così la posizione degli operatori: il Ponte di Messina «non risolverà i problemi del trasporto ferroviario senza interventi più ampi», dai potenziamenti di linea all’efficienza dei porti e degli interporti. È un richiamo alla necessità di investimenti a sistema, non solo di un collegamento iconico.
Tuttavia, sul versante finanziario spagnolo, Cinco Días (gruppo El País) ha evidenziato che, accanto al manufatto principale, sono previsti circa 40 km di opere complementari , nuove tratte ferroviarie e stradali, stazioni e connessioni urbane proprio per evitare l’effetto “imbuto” una volta scesi dal ponte. È un dettaglio che conferma la lettura europea: capacità e tempi promessi (fino a 200 treni/giorno, 6.000 veicoli/ora) valgono solo se le dorsali Messina-Catania/Palermo e i nodi calabresi vengono realmente adeguati.
Un commento sull’aspetto “policy” arriva anche dal Parlamento Europeo. In una risposta parlamentare del 2024 la Commissione ha ricordato che, ai fini TEN-T, il progetto non ha ancora dimostrato piena bancabilità né uno stadio di sviluppo sufficiente, con questioni ambientali irrisolte: un modo implicito per dire che i collegamenti di rete, gli impatti e le interconnessioni devono essere dimostrati e finanziati, non solo annunciati.
Nel racconto dei quotidiani economici del Nord Europa, poi, il nodo è anche reputazionale e di sequenza temporale: Handelsblatt e altri osservano che, senza piani credibili di upgrade su rotaia e gomma, il rischio è costruire un “monumento” che scarica congestione dove le infrastrutture sono più fragili. Le cronache sullo stop degli auditor, infatti, legano la sostenibilità economico-finanziaria del ponte alla capacità di assorbimento della rete esistente.
La stampa generalista internazionale, come The Guardian, insiste sul fatto che il pacchetto complessivo, ovvero ponte più viabilità più ferrovia più traffico stradale, è ciò che può produrre un salto di qualità nei tempi di viaggio e nell’integrazione del Sud con i corridoi europei. Senza quel pacchetto, le promesse di sviluppo rischiano di restare sulla carta, tra ricorsi e revisioni contabili.
La valutazione dei quotidiani e delle testate europee converge su una condizione necessaria. Il ponte può accelerare la mobilità e la competitività del Mezzogiorno solo se procede in parallelo con l’upgrade della rete ferroviaria (linee veloci e interoperabili, capacità portuali e ultimo miglio) e della viabilità stradale in Sicilia e Calabria. Altrimenti, più che un volano, rischia di diventare un modo per trasferire problemi da una sponda all’altra.

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