La “grande moderazione” dell’Asia promette bene per le azioni

Soo Nam NG -

L’economia cinese sta entrando in una fase più moderata e stabile, che avrà ricadute positive per i mercati azionari cinesi e asiatici.

Nella regione asiatica (Giappone escluso), il dinamismo degli imprenditori, la rapida urbanizzazione e la popolazione giovane costituiscono da tempo motivi di invidia per molte economie sviluppate. Guidata dalla Cina, per molti anni la regione ha beneficiato di una vigorosa crescita economica, ma negli ultimi 10 anni il mercato azionario asiatico ha sottoperformato i listini statunitensi. Ciò è da imputarsi soprattutto al fatto che la rapida crescita macroeconomica non si è necessariamente tradotta in una brillante crescita degli utili, anche perché la decelerazione economica in Cina ha colto alla sprovvista parecchie società.

Potrebbe tuttavia essere in atto un cambiamento. Da quando Xi Jinping ha assunto la presidenza nel 2012, la mentalità è profondamente cambiata e l’enfasi è stata posta sulla crescita sostenibile piuttosto che rapida. La rifocalizzazione delle politiche si è tradotta in una stabilizzazione della crescita negli ultimi 4-5 anni, da oltre il 10% nel 2010 al 6,7-7,0% negli ultimi 10 trimestri. Sembra anche che le società stiano cominciando a fare leva sul contesto più prevedibile e stabile per concentrarsi sulla redditività piuttosto che sulla quota di mercato, dato l’aumento delle sorprese positive sul fronte degli utili osservato negli ultimi 12 mesi.

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La Cina sta entrando in un periodo di bassa volatilità macroeconomica, che gli economisti negli Stati Uniti hanno definito la “Grande moderazione”? Fin dagli anni Ottanta, gli Stati Uniti hanno esibito lunghi periodi di crescita lenta ma sostenuta, intervallati tuttavia da alcune crisi. Questi periodi sono stati caratterizzati da lunghe fasi di rialzo delle azioni, come quella attuale inauguratasi dopo la crisi finanziaria globale (CFG).

Se analoghe dinamiche di “grande moderazione” si stanno affermando anche in Cina (e in Asia), ritengo che stia per cominciare un rally pluriennale delle azioni dell’Asia (Giappone escluso). La nuova mentalità che pone l’enfasi sulla sostenibilità piuttosto che sulla velocità della crescita dovrebbe infatti tradursi in un periodo duraturo di creazione di valore da parte del settore societario, soprattutto nell’attuale contesto di miglioramento della corporate governance.

L’ex governatore della Federal Reserve statunitense, Ben Bernanke, in una dichiarazione del 2004, ha sottolineato che, per spiegare la crescita della “grande moderazione” negli Stati Uniti sono state avanzate tre motivazioni: cambiamento strutturale, miglioramento delle politiche macroeconomiche e fortuna.1 I cambiamenti strutturali hanno riguardato istituzioni economiche, tecnologia, pratiche aziendali e altre caratteristiche strutturali dell’economia che ne hanno migliorato la capacità di assorbire shock. La maggiore profondità e sofisticazione dei mercati finanziari, la deregolamentazione di molti settori, la transizione dalla produzione ai servizi e la crescente apertura al commercio e ai flussi internazionali di capitali sono altri esempi di mutamenti strutturali che hanno incrementato la flessibilità e la stabilità macroeconomiche. Si tratta senza dubbio degli stessi tipi di cambiamenti in atto in Cina; in particolare, l’impiego della tecnologia e la modernizzazione delle pratiche gestionali, la maggiore importanza dei servizi nella struttura economica, il miglioramento delle politiche e la maggiore complessità normativa negli scorsi 4-5 anni sotto l’amministrazione Xi.

Per quanto riguarda il contributo delle politiche macroeconomiche, Bernanke ha osservato che “pochi contestano che la politica monetaria abbia svolto un importante ruolo nello stabilizzare l’inflazione; quindi il fatto che la volatilità della produzione sia calata parallelamente alla volatilità dell’inflazione, sia negli Stati Uniti che all’estero, suggerisce che la politica monetaria potrebbe aver contribuito anche a moderare la variabilità della produzione”. Per quanto riguarda la Cina, direi che anche le politiche fiscali saranno molto importanti, soprattutto con riferimento alla capacità del Partito comunista di far accettare lo stimolo all’intero apparato amministrativo.

Per comprendere i cambiamenti in atto e capire se hanno preso piede, è necessario comprendere la psiche delle autorità cinesi e la sua recente evoluzione. Per decenni, le autorità cinesi sono vissute nella paura che un rallentamento della crescita avrebbe potuto provocare una massiccia disoccupazione e di conseguenza tensioni sociali. Questo può spiegare perché l’amministrazione di Hu Jintao decise di lanciare un massiccio stimolo fiscale all’indomani della CFG. Tale stimolo si rivelò disastroso, in quanto creò eccessi di capacità in diversi settori e fu eseguito male, perché non ci si assicurò che il denaro si indirizzasse verso progetti commercialmente validi; per non parlare poi dei fondi andati perduti a causa della corruzione. La mancata sostenibilità di tali forme di provvedimenti fiscali ha in ultima istanza causato la rapida decelerazione della crescita osservata nel 2010-2012.

Mi sembra che Xi Jinping e Li Keqiang (l’attuale Primo Ministro cinese) concepiscano il ruolo della politica fiscale in maniera diversa. Essi hanno continuamente sottolineato come la sostenibilità della crescita sia più importante della sua velocità, forse proprio in virtù delle dolorose lezioni del 2010-2012. Si sono inoltre assunti il compito arduo ma importante di sradicare la corruzione, assolutamente cruciale per porre fine all’evasione fiscale e assicurare che la spesa abbia ricadute future positive per l’economia. Infine, i progressi da loro compiuti nell’ambito delle riforme sul lato dell’offerta e la transizione riuscita verso un’economia più equilibrata fanno ben sperare per il futuro e rendono il paese meno esposto a shock economici.

Non attribuirei troppa importanza alla fortuna, ma a questo riguardo vanno menzionati due elementi. In primo luogo, la popolazione cinese ha abbracciato con entusiasmo la e-economy (ovvero, per così dire, la “nuova” economia). Il decollo dell’e-Commerce in Cina ha contribuito a ridare slancio ai consumi e all’imprenditorialità, sebbene l’intero sistema si trovasse a fare i conti con il rallentamento della crescita. È importante sottolineare che la creazione di nuove opportunità di impiego non ha riguardato solo la manodopera qualificata, ma anche ambiti meno qualificati come le consegne logistiche. Al momento la disoccupazione in Cina resta su livelli favorevoli sebbene la crescita economica tendenziale sia inferiore al 7%. Questo consente alle autorità di Pechino di evitare di cadere nella paranoia di una crescita “insufficiente”, incapace di creare occupazione, e mantiene l’enfasi sull’obiettivo della sostenibilità. In secondo luogo, il giro di vite sulla corruzione non era privo di rischi, ma Xi era disposto ad affrontare le “tigri” e ne è uscito vincente. Le ricadute positive di tale disciplina non vanno sottovalutate, compreso il loro impatto sulla corporate governance delle società a controllo statale quotate in borsa. Inoltre Xi può ora continuare a perseguire il suo programma economico partendo decisamente da una posizione di maggiore forza.

L’intenzione della Cina di assumere un ruolo di leader nell’integrazione economica regionale tramite l’iniziativa One Belt One Road e l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) avrebbe due implicazioni. In primo luogo, date le dimensioni del paese, le dinamiche della “grande moderazione” cinese eserciterebbero un influsso sull’intera regione. In secondo luogo, la crescita della regione diverrebbe probabilmente più sostenibile, data la complementarietà dei punti di forza dei diversi paesi, che potrebbero sfruttare reciprocamente i rispettivi vantaggi competitivi.

Sono trascorsi cinque anni dall’inizio del mandato dell’attuale leadership, che tradizionalmente dura 10 anni, e Xi è politicamente più forte che mai. I prossimi cinque anni dovrebbero rimanere molto stabili, mentre Xi sfrutterà l’impatto positivo delle policy
per consolidare la dinamica crescente della “grande moderazione”. In quest’ottica, ci attendiamo un rally pluriennale per le azioni della regione Asia-Pacifico (Giappone escluso), che poggerà su un contesto operativo più stabile per le società, le quali potranno pianificare e operare con maggiore efficacia, creando valore per gli azionisti. I rischi percepiti dovrebbero migliorare, favorendo un rialzo del mercato.


Soo Nam Ng – responsabile azionario asiatico – Columbia Threadneedle Investments